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Processo Mered, il Dna conferma lo scambio di persona

L’uomo sotto processo a Palermo da un anno per la strage di Lampedusa dell’ottobre 2013 non sarebbe Mered Medhanie Yedego, accusato di essere uno dei più importanti trafficanti di esseri umani. Si tratterebbe invece di un ignaro falegname. Ma la Procura siciliana si è opposta alla produzione della consulenza di parte

L'arrivo in Italia del presunto trafficante avvenuto nel giugno 2016

Da poco meno di un anno, nelle aule del tribunale di Palermo, un giovane eritreo è sotto processo con l’accusa di essere il “Generale” della tratta di esseri umani dalla Libia verso l’Italia. Ma sulla sua identità, fino a questa mattina, non c’erano certezze: per la Procura di Palermo è Mered Medhanie Yehdego, 35 anni, trafficante di esseri umani; per l’avvocato difensore, Michele Calantropo, è Medhanie Tesfamariam Behre, 29 anni, falegname. Martedì 24 ottobre, in mattinata, è arrivata la conferma grazie al test del Dna cui si è sottoposta il 16 ottobre scorso Meaza Zerai Weldai, che ha dichiarato di essere la madre del ragazzo sotto processo.

I risultati del test del Dna danno ragione alla donna e a tutti coloro che in questi mesi hanno sostenuto la tesi di un clamoroso scambio di persona. “La signora Meaza Zerai Weldai è la madre biologica di Medhanie Tesfamariam Behre. La probabilità di maternità è pari al 99,9999999998%”, si legge nella relazione di consulenza tecnica presentata dall’avvocato Calantropo, che difende il giovane sotto processo a Palermo. Tuttavia, la Procura di Palermo, si è opposta alla produzione della consulenza di parte sul Dna alla Corte d’Assise. La tesi sostenuta dai pm (Annamaria Picozzi e Geri Ferrara) è che l’indagine portata avanti in questi mesi non si basa su dati generici, ma “su dati di altra natura”. Ovvero le intercettazioni e il traffico telefonico, i collegamenti con altri soggetti e il riconoscimento vocale dell’uomo arrestato in Sudan.
“Oggi sappiamo perfettamente chi è la persona che stiamo processando. Sappiamo che non è Mered Medhanie Yehdego. Oggi sappiamo senza alcun dubbio che il mio assistito si chiama Medhanie Tesfamariam Behre”, commenta l’avvocato Calantropo.

L’uomo attualmente sotto processo a Palermo è stato arrestato in Sudan a metà maggio 2016, successivamente consegnato alla polizia italiana ed estradato in Italia il 7 giugno. Un arresto avvenuto anche grazie alla collaborazione della National crime agency (Nca) inglese e della polizia sudanese. Fin da subito, però, l’avvocato Calantropo ha parlato di scambio di persona: in cella non si troverebbe infatti il “Generale” dei trafficanti di esseri umani, ma un ignaro falegname eritreo di nome Mered Tasfamarian Behre. Nel novembre 2016, come detto, si è aperto il processo a Palermo e in questi mesi si sono accumulate le prove -dentro e fuori l’aula del tribunale- che rafforzano l’ipotesi dello “scambio”. Sono stati prodotti documenti, sono state riportate le parole di familiari (la moglie di Mered, Lydia Tesfu) e di collaboratori (il cassiere di Mered, Seifu Haile, attualmente detenuto a Roma) che non hanno riconosciuto nel giovane detenuto a Palermo le fattezze del ricercato “Generale”. Ultima testimonianza, in ordine di tempo, una lunga intervista fatta da un giornalista del “New Yorker” al vero Mered che attualmente si troverebbe negli Emirati Arabi.

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