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Le mascherine solidali di Venezia contro il virus. Per costruire un’economia trasformativa
La cooperativa Filò, tra le ultime piccole imprese artigiane rimaste in città, autoproduce e distribuisce gratuitamente gli strumenti monouso a due strati, in tessuto non tessuto idrorepellente, sicuri al 100%. L’iniziativa è partita dal mercato biologico e solidale promosso da AEres. “La gratuità oggi è l’unica possibilità per condividere uno strumento di sostegno a chi ne ha bisogno”, spiegano i promotori
Il mercato biologico solidale promosso dall’associazione “AEres – Venezia per l’altraeconomia” (aeresvenezia.it) in Rio Terà dei Pensieri, la mattina di giovedì 19 marzo si è svegliato trasformato in un piccolo laboratorio artigianale all’aria aperta. Accanto ai banchi dei produttori veneziani di pane, miele, formaggi e ortaggi, infatti, la cooperativa Filò (emporioetico.it) ha allestito, in collaborazione con l’Associazione botteghe del mondo (assobdm.it), un “atelier di prossimità” per distribuire gratuitamente ai consumatori mascherine monouso a due strati, in tessuto non tessuto idrorepellente, in polpa di cellulosa e poliestere. “Non si tratta solo di maschere, ma del simbolo di quello che dovremo diventare: dono, autoproduzione, economie trasformative”, spiega Massimo Renno, presidente della cooperativa Filò.
Da quando l’iniziativa è stata lanciata, sono tante le richieste che stanno arrivando al Filò per avere le mascherine: dai trasportatori veneziani ad altre cooperative. “Pensiamo che questa autoproduzione possa essere anche un segnale di indirizzo per le piccole attività artigianali del territorio, che in questo momento potrebbero riconvertire la propria produzione e manifattura a favore della nostra comunità”, continua Renno. In una città che fino a cinquanta anni fa aveva manifatture rinomate e che ora vede la crisi delle piccole imprese artigiane -erano almeno 30 le pelletterie e oggi ne sono rimaste tre, tra cui la cooperativa Filò-, l’autoproduzione per tutelarsi dal Covid-19, se fatta responsabilmente e rispettando le precauzioni sanitarie necessarie, potrebbe essere un’opportunità per piccoli laboratori e sartorie di quartiere. “Oggi la capacità di fare con le mani, di usare la creatività e di condividere le buone pratiche è tutto quel che ci resta da valorizzare. In una città di maschere, dobbiamo riuscire a trasformare la nostra origine e l’attuale tossicodipendenza dal turismo per ripensare il futuro in modi nuovi. Ognuno secondo le proprie possibilità”.
Le mascherine autoprodotte dalla cooperativa Filò sono sicure al 100%: “Il tessuto -acquistato da un’azienda livornese- ha subito un trattamento idrofobo, per la sua idrorepellenza viene impiegato in campo veterinario e medicale come telo sterile per interventi chirurgici”. Combinato ad altre azioni di prevenzione e igiene personale, l’uso delle mascherine è utile a proteggere le persone che incontriamo in questo periodo. E una volta usate, le mascherine monouso vanno smaltite nella raccolta indifferenziata.
La cooperativa Filò le dona, al mercato e a tutti quelli che le stanno chiedendo: “La gratuità oggi è l’unica possibilità per condividere uno strumento di sostegno a chi ne ha bisogno”. La sfida, secondo Massimo Renno, è ora quella di riuscire a tenere vivi questi valori, fondamento di un’economia trasformativa, una volta usciti dall’emergenza. Non a caso la distribuzione è iniziata al mercato biologico di AEres: uno spazio solidale che ora si può mettere al servizio della comunità, valorizzando in sicurezza la filiera corta e l’economia circolare, e anche dove iniziare a costruire un pensiero per il post-pandemia. “Stiamo raccogliendo informazioni sui condomini solidali e altre forme di economia solidale, sociale e trasformativa che si sono attivate in questo periodo e che dovranno continuare. Le soluzioni per il domani sono già sotto i nostri occhi”.
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