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Finanza / Opinioni

Madame Lagarde ha deciso che sarà meglio mangiare meno ciliegie

Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, durante un intervento all'European banking congress di Francoforte nel 2019 © Martin Lamberts/European Central Bank 2019

La strategia monetaria della Banca centrale europea di puntare sull’innalzamento dei tassi di interesse (verso il 5%) non contiene l’inflazione e produce effetti nefasti sull’andamento dei prezzi e sull’economia. Alessandro Volpi lo dimostra prendendo in esame il caso del piccolo frutto che è arrivato a sfiorare i 18 euro al chilogrammo

Come noto la Banca centrale europea (Bce) ha l’obiettivo del contenimento dell’inflazione al di sotto del 2%, prendendo in esame la cosiddetta inflazione core, al netto quindi dei prezzi di energia e prodotti alimentari.

Negli ultimi due anni, però, l’inflazione è dipesa in larga misura proprio dagli aumenti di energia e beni alimentari. Anzi, nelle ultime settimane il costo del carrello della spesa è esploso: in particolare sta andando alle stelle quello dei prodotti ortofrutticoli. È evidente, dunque, che se l’azione della Bce non tiene in considerazione i prezzi che realmente stanno aumentando la sua azione risulta già molto lacunosa.

In altre parole: le strategie monetarie della presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, hanno ben poca relazione con l’economia reale dei consumatori e sono decisamente insufficienti per contrastare l’inflazione in corso che, peraltro, presenta alcune caratteristiche su cui vale la pena insistere partendo proprio dai prezzi dell’ortofrutta. Da che cosa dipende questo significativo aumento dei costi che ha portato le ciliegie, ad esempio, a sfiorare i 18 euro al chilogrammo?

Certamente un aumento del genere non si lega a un forte aumento legato alla materia prima ciliegia praticato dai produttori e neppure, se non in minima parte, dal commercio all’ingrosso. L’aumento del prezzo comincia quando questi frutti “escono” dalla prima parte della filiera e si muovono verso lo scaffale della Grande distribuzione, che poi determina il costo al pubblico anche per moltissimi esercizi commerciali di vicinato. Lungo questo tragitto verso le tavole dei consumatori pesano i rialzi del prezzo dell’energia che incidono sui trasporti e sulla refrigerazione che, nonostante i recenti ribassi di gas e petrolio, non hanno ancora conosciuto un raffreddamento. 

Gravano sui prezzi al dettaglio anche gli andamenti di quelli internazionali, certamente condizionati dalle “quotazioni” borsistiche di molte produzioni agricole, divenute ormai a tutti gli effetti delle commodities e quindi sottoposte a speculazioni finanziarie attraverso i titoli derivati: se, accanto alle produzioni nazionali compaiono quelle estere perché ritenute di maggiore qualità a causa, magari, di raccolti non fortunati nel nostro Paese, i meccanismi della determinazione speculativa dei prezzi internazionali si fanno sentire.

In questo processo la grande distribuzione ha poi un ruolo fondamentale perché decide di fatto il prezzo (in genere basso) a cui acquista le ciliegie da produttori e dall’ingrosso e stabilisce poi quello a cui vendere, incorporando i costi di trasporto e gli indici di prezzo internazionali spesso gonfiati dalla speculazione finanziaria. Non bisogna poi dimenticare che, per effetto di una posizione di monopolio, la Grande distribuzione riesce a condizionare l’intera filiera dei prezzi nazionali. 

È evidente che, di fronte a questa situazione la strategia monetaria della Banca centrale europea ha davvero poco incidenza. Alzare i tassi di interesse, come sta facendo, portandoli al 4% e facendoli viaggiare verso il 5% non è certamente utile per contenere l’inflazione. Un simile comportamento ha invece effetti nefasti sull’andamento dei prezzi e più in generale sull’economia. Tassi alti significano un incremento del costo del denaro che, inevitabilmente, inciderà sulla determinazione dei prezzi praticati da produttori, commercio e Grande distribuzione: se dovranno pagare di più il denaro, è inevitabile che tali soggetti aumenteranno le cifre a cui rivendere le loro merci. Questo provocherà, assai probabilmente, una riduzione dei consumi perché i costi diventeranno insostenibili e questo comporterà una probabile recessione con connesso impoverimento di fasce estese di popolazione. Madame Lagarde ha deciso che sarà meglio mangiare meno ciliegie.

Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento.

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