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Crisi climatica / Approfondimento

L’impatto delle navi da crociera sugli ecosistemi e sulla salute

Il mercato mondiale è dominato da Carnival Corporation, che possiede nove linee sparse in tutto il mondo -tra cui in Italia Costa Crociere- e registra il 37% dei ricavi del settore © istockphoto.com

Il settore costituisce il 3% del trasporto navale ma produce il 24% dei rifiuti. La maggioranza delle compagnie utilizza combustibili inquinanti con elevate emissioni di CO2. A pagare il prezzo più alto sono gli abitanti delle città portuali

Tratto da Altreconomia 244 — Gennaio 2022

Prima della pandemia nessun settore turistico cresceva come quello delle navi da crociera. Il ritmo è stato del 6,6% annuo dal 1990 al 2019 e, dopo il blocco del 2020, il comparto sta ripartendo. Le navi da crociera sono aumentate esponenzialmente in numero, dimensione e capienza. Alcune possono ospitare oltre ottomila persone, contenere decine di ristoranti e piscine, pareti da arrampicata, campi da basket, teatri, parchi acquatici e addirittura piste da pattinaggio sul ghiaccio: vere e proprie città galleggianti. 

Tutto ciò però ha un prezzo molto alto. Il settore costituisce solo il 3% del trasporto navale, ma produce un quarto dei suoi rifiuti. Un pernottamento su una nave da crociera consuma 12 volte l’energia di uno in hotel e l’impronta carbonica di questi viaggi è ancora più alta di quelli in aereo. Inoltre, la concentrazione di PM10 e PM2.5 sui ponti di queste navi è comparabile a quella registrata in alcune delle città più inquinate al mondo, come Pechino.

Questi dati sono stati riportati dallo studio “Environmental and human health impacts of cruise tourism: a review” scritto da Josep Lloret, Arnau Carreño, Hrvoje Carić, Joan San e Lora E. Fleming e pubblicato sul Marine pollution bulletin a settembre 2021. Analizzando più di 200 paper accademici, gli autori hanno fatto luce sui numerosi impatti di un’industria che fino all’avvento del Covid-19 aveva introiti per 150 miliardi di dollari annui. Dall’inquinamento dell’aria -che per alcune città portuali è maggiore di quello prodotto dall’intero parco auto urbano- all’impatto sugli ecosistemi e sull’oceano, a oggi non ci sono sistemi di monitoraggio da parte delle autorità, ma alcuni ricercatori e la società civile stanno iniziando a pretendere maggiore trasparenza dalle compagnie crocieristiche. “Si tratta di un settore che avrebbe tutte le possibilità economiche per rendersi più sostenibile ma l’interesse è stato finora solo quello di aumentare i profitti”, afferma Marcie Keever, direttrice del programma oceani e navi dell’Ong Friends of the Earth, che ogni anno stila una classifica delle maggiori compagnie di crociere a livello globale valutando il loro impegno per l’ambiente (vedi la tabella più in basso).

Il mercato mondiale è dominato da Carnival Corporation, che possiede nove linee sparse in tutto il mondo -tra cui in Italia Costa Crociere- e registra il 37% dei ricavi del settore. Subito dopo vengono Royal Caribbean International, con quattro linee e il 21,2% della quota del mercato globale, Norwegian Cruise Line, con il 12,6% e l’italiana MSC Crociere, con il 6,5%. Friends of the Earth riporta che tra il 2017 e il 2021 tutte le linee di Carnival Corporation sono state coinvolte in violazioni ambientali e dagli anni Novanta a oggi tutti i grandi gruppi sono stati multati almeno una volta. Nel 2016 la Princess Cruises -del gruppo Carnival- è stata sanzionata con 40 milioni di dollari dal dipartimento di Giustizia statunitense per sette violazioni, tra le quali lo sversamento di oltre 16mila litri di rifiuti oleosi al largo delle coste britanniche. Come spiega Keever, “da allora la Carnival è in libertà vigilata e viene costantemente monitorata dalle autorità: nonostante questo ha continuato a violare le norme, e in un solo anno ha commesso 800 infrazioni, ricevendo un’ulteriore multa di 20 milioni di dollari nel 2019”. Ma i 60 milioni totali costituiscono solo lo 0,7% dei suoi utili.

60 milioni di dollari è l’importo delle sanzioni comminate a Carnival Corporation nel 2016 e nel 2019 per la violazione di norme ambientali. Un importo pari allo 0,7% degli utili della compagnia

Nella classifica di Friends of the Earth vengono analizzate le 18 maggiori linee crocieristiche mondiali (quasi tutte appartenenti ai grandi gruppi già citati), valutando quattro fattori: trattamento degli scarichi, riduzione dell’inquinamento dell’aria, rispetto delle norme sulla qualità dell’acqua e trasparenza. Dieci di queste hanno ottenuto la peggiore votazione (F). “La maggioranza delle compagnie usa l’olio combustibile pesante, il carburante più inquinante che esista, nonostante siano disponibili alternative migliori come il diesel marino. Inoltre utilizza dei depuratori per rispettare le norme sulla qualità dell’aria ma poi sversa in mare le sostanze tossiche filtrate, con gravi conseguenze per gli ecosistemi”, spiega Keever.

Nonostante rappresentino una minima parte del trasporto marittimo, le navi da crociera sono quelle che in assoluto emettono la maggiore quantità di CO2 per singola nave. Ma come analizzato da NABU, Ong tedesca che ha valutato i piani di sostenibilità delle principali compagnie crocieristiche europee, la maggior parte di esse è molto lontana dal concepire misure per la decarbonizzazione in linea con gli accordi di Parigi del 2015. “Molte compagnie stanno puntando sul gas naturale liquefatto (Gnl) che permette di ridurre drasticamente le emissioni di ossidi di azoto e di zolfo ma è composto da metano, un gas serra che contribuisce al riscaldamento globale 86 volte più della CO2: il Gnl non è la soluzione ma parte del problema”, dichiara Beate Klünder, transport policy officer di NABU. Le emissioni delle navi -a oggi alimentate quasi esclusivamente con olio combustibile pesante- contengono ossidi di azoto, ossidi di zolfo e particolato (PM10 e PM2.5), responsabili dell’aumento di patologie cardiovascolari e polmonari. Il rischio per la salute umana cresce nelle città portuali, dove i fumi ricadono sulla popolazione locale. Ciò che rende più pericolose le navi da crociera rispetto a quelle commerciali è il fatto che attraccano vicino al centro delle città, continuando ad alimentare i numerosi servizi che offrono al loro interno con il carburante più inquinante che esista.

Quattro delle cinque città portuali più inquinate d’Europa -Barcellona, Palma di Mallorca, Venezia e Civitavecchia- si trovano nel Mediterraneo: come spiega Daniele Contini, fisico dell’atmosfera presso il Consiglio nazionale per le ricerche (Cnr), “qui l’impatto dei principali inquinanti delle navi è in media più alto che nel resto d’Europa, per questo si discute di imporre una zona di controllo delle emissioni navali, con limiti più stringenti sulle percentuali di ossidi di zolfo e di azoto nei carburanti”. A Civitavecchia, Genova e Venezia, le navi di stanza nel porto emettono quotidianamente più ossidi di azoto e di zolfo del totale delle automobili della città e diversi studi attestano percentuali di mortalità più alte nelle zone in prossimità del porto. Il Dipartimento di epidemiologia del Lazio ha stimato che a Civitavecchia la popolazione residente entro 500 metri dal porto è soggetta a un incremento di mortalità del 51% per malattie neurologiche e del 31% per tumori al polmone. 

51% è l’incremento di mortalità per malattie neurologiche stimato dal Dipartimento di epidemiologia del Lazio tra la popolazione di Civitavecchia residente entro 500 metri dal porto dove attraccano anche le grandi navi da crociera. L’aumento di mortalità per tumori al polmone è del 31%

Una delle possibili soluzioni è costituita dall’elettrificazione delle banchine, che consentirebbe alle navi di smettere di usare il carburante durante lo stazionamento. Ma sono ancora poche le navi e i porti attrezzati per permettere il collegamento elettrico. A Savona, su pressione del Comitato cittadino per il porto elettrico, nel giugno 2021 l’autorità portuale ha destinato 9 milioni di euro alla progettazione dei lavori di elettrificazione delle banchine. 

Un altro passo in avanti è avvenuto a Venezia nell’agosto 2021: il Governo Draghi ha finalmente emesso un decreto che vieta il transito delle navi da crociera nel Canale della Giudecca e a San Marco. Ma il sindaco Luigi Brugnaro e il presidente della Regione Veneto Luca Zaia spingono affinché il passaggio delle navi avvenga all’interno della Laguna con attracco a Marghera. Il Comitato No grandi navi è contrario a questa proposta che comporterebbe pesanti interventi di dragaggio e ulteriori danni all’ecosistema lagunare. Per Stefano Micheletti del Comitato, “la portualità all’interno della Laguna non ha futuro, a maggior ragione con i problemi del ‘Mose’ e i cambiamenti climatici”. L’inquinamento dell’aria è solo uno degli impatti provocati dalle navi da crociera e da quello che per Micheletti è “un modello di turismo insostenibile”. 

Come sottolinea anche il paper di Lloret e colleghi sulle conseguenze del turismo crocieristico, tra i miti da sfatare c’è quello che vedrebbe una popolazione locale arricchita dall’indotto. “Il cliente delle crociere sulla terraferma spende meno del normale turista perché tende a rimanere nella sua bolla di comfort, acquistando prodotti e servizi offerti dalla compagnia navale”, spiega Lora Fleming, coautrice dello studio. Una ricerca accademica sulla Croazia ha stimato che il costo totale delle esternalità ambientali causate dal turismo da crociera è pari a sette volte i benefici di cui godono le economie locali. Tutto a vantaggio delle grandi compagnie.  

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