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Diritti / Intervista

Le torture di Guantanamo e il tradimento delle vittime dell’11 settembre

Una protesta contro il centro di detenzione di Guantanamo davanti alla Casa Bianca nel novembre 2019 © Victoria Pickering, via Flickr

Le condizioni all’interno del centro sono “inumane e degradanti”, racconta la Relatrice speciale delle Nazioni Unite Fionnuala Ní Aoláin, autrice di un report pubblicato al termine di una storica visita. I processi ai presunti responsabili degli attentati -e a perfetti innocenti- sono fermi proprio a causa delle violazioni dei diritti perpetrate

Dal gennaio 2002 a oggi circa 780 persone sono transitate nel campo militare di Guantanamo, sull’isola di Cuba, dopo essere stati catturate nell’ambito della war on terror lanciata dal presidente americano George W. Bush a seguito degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001. Molti furono vittima di sparizione forzata o delle cosiddette extraordinary rendition (procedure extragiudiziali messe in atto da agenti della Cia in Paesi stranieri, Italia ed Europa comprese). Tutti sono stati torturati: sottoposti a waterboarding, sbattuti con forza contro un muro, costretti a restare per ore in posizioni dolorose, privati di cibo, acqua e sonno, tenuti in isolamento per mesi.

A oltre vent’anni di distanza a Guantanamo ci sono ancora trenta detenuti e nel febbraio del 2023, per la prima volta, un alto funzionario indipendente delle Nazioni Unite ha potuto visitare la struttura e parlare con i prigionieri. “Anche se sono stati apportati miglioramenti significativi nelle condizioni detentive rispetto all’inizio, permangono una serie di carenze che riguardano l’assistenza sanitaria, la possibilità di avere rapporti con i propri familiari, l’arbitrarietà delle condizioni di vita quotidiana dei detenuti e il processo giudiziario. Complessivamente, le condizioni di detenzione si qualificano come inumane e degradanti secondo il diritto internazionale”, spiega ad Altreconomia, Fionnuala Ní Aoláin, Relatrice speciale sulla promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella lotta al terrorismo per il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Guantanamo non è stata l’unica tappa di questa “visita tecnica” condotta tra febbraio e aprile 2023 dalla Relatrice speciale -irlandese, insegna Legge alla Queen’s University of Belfast-: ha incontrato anche i familiari delle vittime degli attacchi dell’11 settembre e gli ex detenuti del centro.

Professoressa Ní Aoláin, dal punto di vista del diritto internazionale quali sono le principali criticità che ha riscontrato?
FNA Ce ne sono diverse. Penso che il dato fondamentale sia l’arbitrarietà che definisce ogni ambito della vita delle persone detenute. Le procedure operative standard, ad esempio, non vengono condivise nemmeno con i loro legali. Stiamo parlando di uomini che sono stati torturati e questa mancanza di controllo sulla propria vita, il senso di impotenza e l’arbitrarietà a cui sono soggetti va a minare la loro salute mentale e fisica. Uno dei fondamenti dello Stato di diritto, del resto, è proprio la non arbitrarietà della detenzione. Ho riscontrato gravi carenze anche per quanto riguarda l’assistenza medica: i detenuti stanno invecchiando e alcuni sono ormai anziani, molti hanno una qualche forma di disabilità, soffrono di problemi di salute complessi e la struttura in cui si trovano non è adatta alle loro esigenze. C’è poi un altro elemento.

Quale?
FNA Vengono curati da medici che indossano uniformi militari e fanno parte della catena di comando e non si fidano di loro: tra i responsabili delle torture, infatti, c’era anche chi si presentava come medico. Per questo motivo -se il centro di detenzione continuerà a operare- c’è bisogno di personale sanitario indipendente e di una struttura adatta a ospitare uomini anziani e malati. Tornando sul tema della tortura: tutti coloro che oggi si trovano a Guantanamo l’hanno subìta e continuano a vivere con questo trauma, che non è stato affrontato.

Ci sono anche 19 persone che non sono mai state accusate di alcun reato. Che cosa dovrebbe fare il governo degli Stati Uniti?
FNA Farli tornare a casa dal momento che non sono stati accusati né condannati per alcun crimine. Sottoporre a detenzione una persona a tempo indefinito e senza accuse formali è semplicemente incompatibile con una società di diritto e questo vale particolarmente per gli Stati democratici. Devono quindi essere rilasciati e deve essere garantito loro di poter tornare nel proprio Paese in sicurezza; qualora non fosse possibile devono essere trasferiti in Paesi terzi che rispettino i loro diritti umani e diano risposta alle loro esigenze dal punto di vista medico e psicologico. Ma perché questo avvenga è necessario che i vertici del governo statunitense (e in alcuni casi il presidente in persona) chiedano ad altri Stati di affrontare questa necessità di rimpatrio.

È arrivato il momento di chiudere definitivamente Guantanamo?
FNA Come hanno già fatto i miei predecessori nel ruolo di Relatore speciale delle Nazioni Unite, anche io ho chiesto agli Stati Uniti di farlo. Nel report ho scritto chiaramente che la chiusura di Guantanamo rappresenta l’obiettivo principale. Tuttavia, nel breve termine non sarà possibile farlo per una serie di ragioni: in primo luogo perché sono ancora in corso processi militari a carico di alcuni detenuti. L’altro motivo è che alcuni sono stanno definendo dei patteggiamenti per reati gravi. Credo che la comunità internazionale e gli Stati Uniti in particolare trarrebbero beneficio dalla chiusura di Guantanamo, ma questa potrebbe non avvenire immediatamente.

Fionnuala D. Ní Aoláin

Nel suo report lei ha scritto che la tortura messa in atto nei confronti delle persone detenute a Guantanamo è un tradimento dei diritti delle vittime degli attacchi dell’11 settembre. Che cosa intende?
FNA Ho iniziato questa visita al Memoriale delle vittime degli attacchi dell’11 settembre a New York, ho incontrato moltissimi familiari di quanti hanno perso la vita nell’attacco al World Trade Center e al Pentagono o che si trovavano a bordo dell’aereo che si è schiantato in Pennsylvania. Tutte le vittime di terrorismo e i loro familiari hanno diritto a ottenere giustizia e che, laddove sia possibile, i responsabili siano processati e puniti. Questo è un diritto umano fondamentale, che però viene meno quando si fa ricorso alla tortura. Il diritto internazionale e la Costituzione degli Stati Uniti, infatti, non consentono di ammettere a processo le prove ottenute in questo modo. Quando le più alte autorità statunitensi hanno deciso di fare ricorso alle cosiddette “tecniche di interrogatorio rafforzate” hanno indirettamente impedito alle vittime del terrorismo di avere giustizia proprio perché queste prove sono state raccolte in modo illegale e possono costituire di per sé crimini contro l’umanità in base al diritto internazionale.

Che conseguenze ha questa situazione?
FNA I processi non stanno andando da nessuna parte. Abbiamo alle spalle quasi due decenni di commissioni militari che si sono bloccate proprio per queste controversie legali. Ai primi di settembre un giudice ha stabilito che Ramzi bin al-Shibh, uno degli imputati per gli attacchi dell’11 settembre, è incapace di sostenere un processo proprio a causa delle torture patite. Alle famiglie delle vittime degli attentati è sempre più evidente che non c’è la possibilità di arrivare a una sentenza proprio perché le prove sono talmente inficiate da non poter superare il minimo test di legalità. Il mio rapporto mette in collegamento questi due elementi: coloro che hanno autorizzato la tortura hanno calpestato anche i diritti delle vittime degli attentati e le hanno private del diritto di avere giustizia.

Che cosa si può fare a questo punto per assicurare giustizia alle vittime dell’11 settembre e ai loro familiari?
FNA Purtroppo non si può fare nulla ed è proprio questa la tragedia. Non si può rimediare al danno che si causa a una persona che viene torturata perché lo scopo della tortura è quello di spezzare un essere umano sia psicologicamente sia fisicamente. Si tratta di un danno che non può essere riparato. Le prove raccolte in questo modo sono spazzatura: non si possono usare in tribunale. E se non c’è un processo i familiari delle vittime hanno perso il loro diritto alla giustizia. È come se i danni causati dagli eventi dell’11 settembre si fossero stratificati: il crimine contro l’umanità, ovvero gli attentati terroristici che hanno provocato l’uccisione di migliaia di persone; le extraordinary rendition e le torture; i danni secondari causati ai familiari delle vittime degli attentati ma anche alle famiglie delle persone che sono state detenute a Guantanamo. Molti di questi uomini, tutti di fede musulmana, sono stati arrestati per caso e trasferiti in questo centro di detenzione senza aver commesso reati, solo per essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. I loro familiari non hanno avuto notizie per anni e questo ha danneggiato lo Stato di diritto a livello globale: perché se una democrazia mette in atto questo tipo di pratiche, allora autorizza anche altri Paesi, che democratici non sono, a fare lo stesso.

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