Economia / Opinioni
Le “tasse piatte” fanno male ai conti pubblici
L’evasione fiscale Irpef tra i lavoratori autonomi è stata del 68,7%; un’enormità rispetto a quella da lavoro dipendente e persino rispetto al 20% dell’Iva. La rubrica di Alessandro Volpi
Alcune considerazioni in relazione alla prossima legge di Bilancio. Il testo si basa, in larga misura, su 20 miliardi di maggiore deficit, “permesso” dall’Europa. In realtà, quei 20 miliardi vanno trovati con nuovo debito da collocare sui mercati. Ma è già certo che non basteranno, tanto è vero che le nuove emissioni previste dal Tesoro sono stimate intorno ai 90 miliardi di euro che, naturalmente, debbono aggiungersi agli oltre 250 miliardi di titoli in scadenza.
Il problema, dunque, è chi comprerà tale debito? La Banca centrale europea ha già fatto sapere che non parteciperà all’acquisto di nuove emissioni e ha alzato i tassi rendendo il collocamento del debito più costoso. Partirà così la concorrenza sui titoli pubblici e l’Italia dovrà sperare che i tassi di interesse di quelli tedeschi non siano troppo allettanti perché renderebbero il collocamento del nostro debito costosissimo e difficilmente sostenibile.
Forse continuare a praticare una dura politica di respingimenti in mare -che sta facendo inalberare la Germania e mezza Europa- non è la strada migliore per evitare “guerre sul debito” nei confronti dell’Italia a opera di altri Paesi europei. Un timore alimentato da altri due fattori. In primo luogo le scommesse sul nostro debito, i famigerati credit default swap (Cds) stanno già salendo di prezzo perché ci si attende un indebolimento e un deprezzamento dei titoli italiani.
Il secondo fattore è l’impennata dei tassi statunitensi che sta attraendo capitali da tutto il mondo e che certo non aiuta né la vendita dei titoli italiani né la tenuta dell’economia reale. La finanza Usa sta infatti sostenendo l’inflazione con un’infinita dollarizzazione (certamente più virtuale che reale) ma in grado di consentire alla Federal Reserve di generare i dollari necessari per coprire gli alti tassi di interesse destinati ad attrarre capitali da tutto il mondo. Con la stessa dollarizzazione, l’amministrazione Biden vara aiuti di Stato al sistema produttivo americano che sono da quattro a dieci volte superiori ai limiti che l’Unione europea si è data in materia, convincendo pezzi della manifattura globale a trasferirsi negli Stati Uniti, dove l’energia (su cui la finanza Usa specula meno di quanto non faccia in Europa) costa già sette volte di meno.
Lo Stato incassa 724 milioni di euro con la “tassa piatta” sugli affitti. Senza la cedolare secca le entrate salirebbero a 1,4 miliardi di euro
Forse sarebbe utile -anche solo per ragioni di crudo realismo- una politica meno “bellicosa” verso incolpevoli naufraghi e meno aprioristicamente atlantista. A queste notazioni generali se ne può aggiungere un’altra, che emerge dal documento preparatorio della stessa legge di Bilancio. L’evasione fiscale Irpef tra i lavoratori autonomi è stata del 68,7%; un’enormità rispetto a quella da lavoro dipendente e persino rispetto al 20% dell’Iva. Gran parte di quel 68,7% dipende, secondo la Relazione sull’evasione allegata alla Nadef, da quanto non viene dichiarato per effetto della flat tax che induce a non far emergere le somme che porterebbero sopra la soglia di riferimento. Così sono sfuggiti al fisco quasi 28 miliardi di euro, cui si aggiungono i 4,6 miliardi dal lavoro dipendente in nero. È evidente che sono i meccanismi di flat tax a generare evasione perché inducono a nascondere tutti i redditi che superano la soglia. Peraltro dalla stessa relazione emerge il fallimento di un’altra tassa piatta, quella sugli affitti: il recupero di gettito vale 724 milioni di euro, ma senza la cedolare secca -sostiene la Relazione- le entrate salirebbero a 1,4 miliardi di euro.
Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento
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