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Economia / Approfondimento

Le scelte finanziarie dei Paesi del G20 non sostengono i diritti delle donne

© SOMO

Nel mondo la pandemia da Covid-19 ha colpito duramente i diritti delle donne, limitato la loro auto-determinazione e fatto arretrare il progresso verso la parità di genere. Il reddito della popolazione femminile è diminuito in misura maggiore rispetto a quello degli uomini. Nel 2020, secondo le Nazioni Unite, l’occupazione femminile a livello globale è scesa del 4,2%, mentre quella maschile è calata del 3%. Le donne hanno risentito con più forza gli effetti della pandemia anche per le caratteristiche dei settori in cui sono in larga parte impiegate. Solo in Europa, secondo i dati della Commissione Ue, circa l’84% delle lavoratrici tra i 15 e i 64 anni lavora in servizi che stanno affrontando forti perdite occupazionali. Oltre il 30% è impiegata part-time e nell’economia informale, caratterizzata da minori diritti sul lavoro e spesso dalla mancanza di assistenza sanitaria. Inoltre durante i periodi di chiusura sono aumentate le loro ore di cura e assistenza non retribuite.

Di fronte a un quadro così preoccupante, si legge in una nota del centro di ricerca sulle multinazionali SOMO pubblicata a febbraio, i governi non stanno prendendo adeguate misure di intervento. Le decisioni e le strategie adottate dal G20 non usano una prospettiva di genere e non sono trasparenti. E “hanno conseguenze per i diritti delle donne, hanno impatti sulla loro vita quotidiana e sull’uguaglianza di genere, soprattutto in molti Paesi a medio e basso reddito”, scrive l’autrice del paper Myriam Vender Stichele.

Uno degli strumenti da impugnare per tutelare i diritti delle donne, scrive SOMO, è la lotta all’evasione fiscale, non ancora sufficientemente affrontata dal G20. Le donne hanno meno disponibilità economiche rispetto agli uomini anche perché svolgono attività di lavoro domestico e di cura non retribuito per le loro famiglie e la comunità. Un metodo efficace per ridurre e redistribuire questo lavoro, sostiene il centro di ricerca, è fornire a prezzi accessibili servizi pubblici -come gli asili nido e i trasporti- e l’assistenza sanitaria; sono infatti strumenti che preparano le condizioni per accedere a lavori formali e retribuiti. Le risorse per finanziarli possono essere ottenute contrastando l’elusione e l’evasione fiscale delle multinazionali. Tuttavia, prosegue SOMO, non è ancora sufficiente la global minimun tax, approvata dal G20 nell’ottobre 2021, ovvero la tassa che prevede un’aliquota minima del 15% sugli utili delle multinazionali per evitare che trasferiscano la propria sede fiscale in un Paese a fiscalità agevolata.

La misura, scrive SOMO, non riesce a fornire entrate aggiuntive per i Paesi a basso reddito che potrebbero usarle per potenziare i servi sanitari nazionali. Secondo un report di Tax Justice, pubblicato nel novembre 2021, i Paesi perdono ogni anno 483 miliardi di dollari in tasse non pagate a causa degli abusi fiscali commessi da società multinazionali: sarebbero sufficienti per vaccinare la popolazione globale contro Covid-19 più di tre volte. “È necessaria un’azione audace del G20 per fermare l’elusione fiscale nel mondo. Ciò consentirà il finanziamento di servizi pubblici che riducono il lavoro domestico e di cura non pagato delle donne”, scrive Vender Stichele.

Non solo. È necessario che il G20 lavori attivamente per la riduzione del debito dei Paesi a basso reddito che, per poterlo soddisfare, hanno diminuito le risorse destinate ai servizi pubblici essenziali o volti a sostenere le famiglie in difficoltà economiche. Finora, prosegue SOMO, alle misure del G20 è mancata l’attenzione specifica per i diritti delle donne. Anche nel caso in cui si stiano avviando iniziative per sostenere la “finanza sostenibile”, è necessario adottare una prospettiva di genere da concretizzarsi attraverso l’inclusione delle donne nei processi decisionali e nella garanzia delle pari retribuzioni. Ad esempio, le discussioni del G20 sul finanziamento per le “infrastrutture green” -comprese le strade, il pubblico i trasporti e le nuove disposizioni in materia di energia- stanno trascurando esigenze specifiche come la sicurezza o la sostenibilità economica del trasporto. Per invertire la rotta, scrive SOMO, è necessario che siano coinvolti esperti in questioni di genere provenienti dalle Nazioni Unite, dalle università e dalle organizzazioni della società civile. Altrimenti non ci può essere “empowerment”.

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