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Ambiente / Attualità

Le grotte del gesso sono Patrimonio dell’umanità, è tempo di proteggerle

L’estrazione di materiali nella cava di Monte Tondo continua ad avvenire ancora oggi attraverso il ricorso a esplosivi © Gianluca Rizzello

L’ultima sessione dell’Unesco ha riconosciuto il Carsismo nelle evaporiti e nelle grotte dell’Appennino. Un tesoro che nella località di Riolo Terme (RA) è messo a rischio dalla presenza di una cava ancora attiva

Tratto da Altreconomia 264 — Novembre 2023

Un nuovo nome è stato aggiunto alla lista italiana dei cinque beni naturali già riconosciuti come Patrimonio mondiale dall’Unesco: il Carsismo nelle evaporiti e nelle grotte dell’Appennino settentrionale. Si tratta di un bene seriale, composto cioè da sette siti distribuiti tra le province di Reggio Emilia, Bologna, Ravenna e Rimini: l’Alta valle del fiume Secchia, la Bassa collina reggiana, i Gessi di Zola Predosa, i Gessi bolognesi, la Vena del gesso romagnola, le evaporiti di San Leo e i Gessi della Romagna orientale.

Il riconoscimento è arrivato lo scorso settembre, al termine della 45esima sessione dell’Unesco world heritage committee. In totale, all’interno di quest’area che si estende su oltre 3.600 ettari, sono presenti più di mille grotte (cinque delle quali visitabili con l’accompagnamento di guide specializzate) per un totale di oltre cento chilometri. Qui si trovano anche alcune delle grotte di gesso più profonde del mondo, che raggiungono i 265 metri sotto la superficie.

“Sono sistemi carsici unici al mondo”, spiega ad Altreconomia Massimo Ercolani, che per dieci anni è stato il presidente della Federazione speleologica dell’Emilia-Romagna (Fsrer), l’ente che nel 2016 ha avuto l’intuizione di proporre alla Regione la candidatura. “Il gesso si è formato circa sei milioni di anni fa -racconta- quando il Mediterraneo attraversò la cosiddetta ‘crisi di salinità del Messiniano’ dovuta alla riduzione dello stretto di Gibilterra, alla successiva evaporazione dell’acqua e quindi alla concentrazione di sali, tra cui appunto il gesso, che precipitarono in grandi depositi evaporitici”.

Le grotte, causate dal dissolvimento incessante dell’acqua, risalgono invece a un periodo più recente, compreso tra i 500mila e i 600mila anni fa: “Questi ambienti non sono solo dei tesori dal punto di vista naturalistico, perché bellissimi. Rappresentano -continua Ercolani- anche un importante patrimonio scientifico e per la ricerca. Alcuni anni fa, ad esempio, abbiamo condotto uno studio all’interno della Grotta del re Tiberio a Riolo Terme (RA) in collaborazione con l’Università di Bologna che ci ha permesso di comprendere meglio l’evoluzione climatica su questo territorio”.

“Questi ambienti non sono solo dei tesori dal punto di vista naturalistico, perché bellissimi, ma anche un importante patrimonio scientifico e per la ricerca” – Massimo Ercolani

Proprio la vicinanza con l’ateneo ha favorito fin dalla fine del Seicento lo sviluppo della speleologia, della mineralogia e dell’idrogeologia nelle evaporiti, che sono i sedimenti minerali formati grazie alla deposizione dei minerali naturalmente presenti nell’acqua a causa della sua evaporazione. Ultima, ma non meno importante, la valenza paleontologica di alcuni dei siti recentemente riconosciuti Patrimonio Unesco: nell’ex cava del Monticino a Brisighella (RA), ad esempio, sono stati rinvenuti i resti di ben 60 specie di vertebrati terrestri risalenti a circa 5,4 milioni di anni fa. Ben cinque di queste sono state descritte per la prima volta proprio grazie ai campioni rinvenuti nel sottosuolo romagnolo.

La decisione dell’Unesco è stata accolta con soddisfazione dagli enti locali e dalle associazioni del territorio. Ma, come ricorda la Federazione speleologica, questo importante riconoscimento comporta anche una grande responsabilità nel prendersene cura. Un primo elemento positivo in questo senso è dato dal fatto che ampia parte del nuovo Patrimonio dell’umanità è già tutelato e ricade all’interno di parchi nazionali e regionali o nell’ambito della rete Natura 2000, istituita ai sensi della Direttiva habitat dell’Unione europea del 1992.

“In Cammino per salvare la Vena del Gesso Romagnola” è la manifestazione pubblica che si è svolta nel 2021 per iniziativa delle associazioni del territorio © Gianluca Rizzello

L’unica eccezione, in questo senso, è rappresentata dalla cava di gesso di Monte Tondo, nel Comune di Riolo Terme (RA), inaugurata nel 1958 e oggi di proprietà di Saint-Gobain Italia Spa la cui attività è stata indicata anche nel dossier di candidatura redatto dall’International union for the conservation of nature (Iucn) come una possibile minaccia ai beni tutelati dall’Unesco. Nel corso di questi anni l’attività estrattiva ha avuto un impatto pesante sul territorio come evidenziano le stime contenute in uno studio del 2021, voluto dalle amministrazioni locali e finanziato dalla Regione Emilia-Romagna: complessivamente sarebbero state prelevati oltre 15 milioni di metri cubi di “ammasso gessoso”. La cui rimozione continua ancora oggi attraverso l’utilizzo di esplosivi.

Questa intensa attività ha già causato e potrebbe continuare a provocare danni a due importanti sistemi carsici oggi riconosciuti all’interno di un Patrimonio dell’umanità: quello dei Crivellari e quello del Re Tiberio dove, sottolinea la Federazione speleologica dell’Emilia-Romagna, sono già state distrutte la gran parte delle grotte. Da qui l’esigenza di interrompere al più presto l’estrazione del gesso. “Penso che il riconoscimento Unesco richieda un cambiamento radicale nel modo con cui il territorio è stato gestito in questi anni, anteponendo gli interessi economici alla tutela dell’ambiente. La cava -sottolinea Ercolani- si trova all’interno di un sito Natura 2000 e di conseguenza non può essere ulteriormente ampliata. È necessario però che vengano approvati due importanti documenti che disciplinano la pianificazione del territorio e che sono attualmente in discussione”.

Massimo Ercolani, è stato per dieci anni il presidente della Federazione speleologica regionale dell’Emilia-Romagna © Gianluca Rizzello

Il primo è il Piano infraregionale delle attività estrattive (Piae), l’atto autorizzativo delle attività estrattive della Provincia di Ravenna, scaduto nell’ottobre 2021. La richiesta delle associazioni impegnate per la tutela di questo territorio riunite nella rete “Salviamo la vena del gesso” (promossa dalla Fsrer e sostenuta dal Club alpino italiano, Legambiente Faenza, Wwf Ravenna ed Extinction Rebellion Faenza) è quella di approvare un Piae in cui venga dichiarato ufficialmente che la cava di Monte Tondo cesserà le proprie attività nel 2031, dopo ben 75 anni. Un possibile scenario, peraltro, già prospettato nel documento del 2021.

“Serve un cambiamento radicale nella gestione del territorio: non è più possibile anteporre gli interessi economici alla tutela dell’ambiente” – Massimo Ercolani

Il riconoscimento Unesco richiederà anche un ripensamento delle attività economiche del territorio. Per questo motivo il 10 ottobre il circolo Legambiente Lamone di Faenza ha inviato una lettera alle istituzioni locali con lo scopo di aprire un confronto sulle opportunità offerte dal riconoscimento Unesco con il coinvolgimento delle comunità locali: “A nostro avviso è possibile e necessario salvaguardare i posti di lavoro attualmente in essere (un’ottantina, ndr). A patto che l’azienda si impegni a riconvertire progressivamente le attività del sito -si legge nella lettera- organizzandosi per diminuire l’uso del gesso vergine, utilizzando più cartongesso dismesso, diversificando le produzioni, avviando la sperimentazione di altri prodotti nel settore dell’edilizia sostenibile”.

Il secondo documento è il Piano territoriale del Parco regionale della Vena del gesso -all’interno del quale ricade l’area di Monte Tondo- che a 18 anni dall’istituzione del parco stesso, avvenuta nel 2005, non è mai stato approvato. “I due sistemi carsici del Re Tiberio e dei Crivellari -spiega Ercolani- si trovano all’esterno del Parco, nella cosiddetta ‘Area contigua’. Noi chiediamo che venga inserito nella cosiddetta ‘Zona b’ di protezione speciale. E che questo avvenga subito e non in futuro, quando cesserà l’attività estrattiva”.

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