Ambiente / Approfondimento
A Torino la cantierizzazione del “Meisino” minaccia una riserva naturale

La costruzione del “Centro per l’educazione sportiva e ambientale”, con fondi del Pnrr, va avanti. Il frequentatissimo parco della città vedrà sorgere diverse nuove infrastrutture, dal biathlon allo skiroll cross, con il rischio di un uso esclusivo della natura. L’invasività dei lavori sarebbe incompatibile con il rispetto delle tutele comunitarie. Intanto arrivano i primi avvisi di garanzia per le proteste pacifiche contro l’opera
A Torino il “Centro per l’educazione sportiva e ambientale Meisino”, voluto dalla Giunta comunale e finanziato con fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), incontra la strenua resistenza di organi consultivi e comitati di cittadini che denunciano lacune tecniche, mancanza di trasparenza e una visione “commerciale” delle aree protette.
L’obiettivo del progetto è dar vita a un polo sportivo immerso nella natura su una superficie di 393.767 metri quadrati dentro e fuori la riserva naturale urbana “Meisino”. L’opera, dal costo di 11,5 milioni euro derivanti dalla Missione 5 “Inclusione e coesione” del Pnrr, si propone di dare una nuova vocazione al parco torinese. Secondo gli assessori allo Sport e al Verde pubblico, Domenico Carretta e Francesco Tresso, infatti, costituisce una grande opportunità per promuovere lo sport e l’educazione ambientale in città. Non la pensano così la Consulta per l’ambiente e il verde della città di Torino e soprattutto il comitato “Salviamo il Meisino”, attivo sin da novembre 2022 a difesa del parco e delle specie selvatiche al suo interno. I suoi esponenti sono fortemente critici rispetto agli impatti ecologici di tutte le fasi del progetto e lamentano le negligenze dell’Ente di gestione che “al di là di alcune prescrizioni insignificanti -affermano- manca ai suoi doveri di tutela e vigilanza, stendendo una passatoia rossa al progetto. E non è la prima volta che ciò accade”.
L’intervento è composto da due cluster, o gruppi di opere: il primo, ribattezzato “Cittadella dello sport”, prevede la realizzazione di una pista ciclopedonale, una per il pump track -circuito ciclistico con dossi e curve sopraelevate-, aree biathlon per il tiro a segno con carabina laser e per altre discipline sportive. Il secondo, o “Rigenerazione ex galoppatoio”, prevede appunto la ristrutturazione di un ex galoppatoio militare abbandonato dal 2011, per farne il centro di educazione ambientale che dà il nome al progetto. Attorno all’edificio verranno costruite strutture per l’arrampicata e il fitness mentre è stato recentemente stralciato il progetto di un percorso nelle aree umide del parco, molto delicate dal punto di vista ecologico. Ciò nonostante, i membri di Salviamo il Meisino non ritengono che la variante riduca in modo significativo gli impatti dell’opera.
I lavori, avviati a settembre 2024, ricadono in parte nella Zona di protezione speciale (Zps) della Rete Natura2000 “Meisino” (Confluenza Po-Stura), sottoposta alle Direttive europee “Habitat” (92/43/CEE) e “Uccelli” (2009/147/CE) e già normalmente frequentata dai torinesi per passeggiate a piedi o in bici. Si teme che il progetto possa favorire un uso strumentale della natura, da pubblico e rispettoso a “esclusivo” e invasivo. Anche Paolo Pileri, professore di Pianificazione territoriale al Politecnico di Milano e autore di Altreconomia, riassume l’iniziativa come una “proposta invasiva, impattante e dai costi di gestione imprevisti, a meno di privatizzare l’area, idea sbagliata -chiosa- perché quelle aree sono e devono rimanere di tutti”. Peraltro, con l’entrata in vigore il 18 agosto 2024 della Nature Restoration Law -il regolamento Ue che mira al recupero a lungo termine degli ecosistemi degradati dell’Unione e l’aumento della biodiversità- gli Stati membri sono tenuti a ripristinare entro il 2050 gli habitat degradati e i primi ad essere interessati sono proprio quelli inseriti nella Rete Natura 2000.
Le criticità del progetto sono diverse e non riguardano solo la sostanza ma anche la forma: l’invio della proposta di intervento al Dipartimento dello sport della presidenza del Consiglio dei ministri è avvenuto il 22 aprile 2022 senza il coinvolgimento della cittadinanza né della Consulta per il Verde, passaggio fondamentale dell’iter decisionale perché rivolto ai diretti destinatari. C’è poi la questione delle analisi di fattibilità. Con due determinazioni, l’Ente gestore ha espresso un parere sulla compatibilità dei cluster con il Piano d’area, strumento di pianificazione territoriale per le aree protette: nella prima il parere è negativo mentre nella seconda, a distanza di poco più di due mesi, diventa favorevole senza che siano intercorse modifiche sostanziali. Il 20 aprile 2023, alla determina numero 111, l’Ente ha espresso un giudizio sulla Valutazione di incidenza ambientale (Vinca) emessa dalla Città di Torino, chiedendo agli stessi progettisti i rilievi di approfondimento sulla vegetazione e addirittura sulle specie protette nel parco che potrebbero subire impatti, sorvolando sul problema di un eventuale conflitto di interessi. L’iter progettuale ha così proseguito il suo corso con l’approvazione del Progetto di fattibilità tecnico ed economica a maggio 2023 e dei progetti esecutivi da parte della Giunta comunale il 9 luglio 2024.
Con l’avanzamento burocratico, però, si sono levate le voci sempre più critiche dalla cittadinanza e dalla Consulta. Secondo quest’ultima, l’obiettivo primario del progetto sembra orientato alla trasformazione del Parco del Meisino in un “centro sportivo polivalente outdoor” per discipline esclusive, a discapito della salvaguardia delle sue peculiarità naturalistiche. La Consulta teme inoltre che la pressione esercitata in fase di costruzione e durante l’uso delle installazioni sia incompatibile con gli obiettivi di conservazione delle direttive Ue cui è sottoposta l’area, tant’è che nel progetto non viene esplicitato il rispetto di tali normative. Sempre la Consulta evidenzia un abbattimento potenziale di 477 alberi (104 di questi sarebbero certi) per interferenze con le future infrastrutture sportive, aspetto che, sommato alla mancanza di un bilancio ecosistemico preventivo e trasparente, ritiene inaccettabile e la visione del progetto “incapace di dare valore alla natura per se stessa e non in funzione di altre attività”.
Il comitato Salviamo il Meisino ha intrapreso anche altre azioni: dal monitoraggio quotidiano sul campo per “documentare la devastazione ambientale, lo spreco di fondi pubblici e irregolarità nei lavori”, al ricorso al Tribunale ordinario contro il Comune e le imprese appaltatrici -con la richiesta di accertamenti tecnici, ambientali e faunistici- passando per manifestazioni pacifiche di opposizione. Nonostante la natura pacifica delle manifestazioni, dal 5 marzo di quest’anno la Digos ha notificato 39 avvisi di garanzia emessi dalla Procura di Torino ad altrettante persone coinvolte a vario titolo nelle dimostrazioni, per presunta violenza privata. I membri del comitato hanno indetto una conferenza stampa in cui hanno chiarito che i fatti non sussistono e anzi denunciano un tentativo di intimidazione preventiva e di “criminalizzazione del dissenso popolare e dell’ambientalismo”.
Tema più che mai attuale, vista l’approvazione a inizio aprile del decreto legge a tema “sicurezza” che prevede pene più severe per chi manifesta contro le “grandi opere”.
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