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Ambiente / Approfondimento

Le fake news della lobby dei pesticidi in Ue smontate dai difensori di api e biodiversità

“Fuorvianti, errate e scientificamente prive di fondamento”: i promotori dell’Iniziativa dei cittadini europei “Save Bees and Farmers” hanno analizzato le tesi portate avanti nel dibattito al Parlamento europeo da nove deputati contrari. Le prove a sostegno dell’opposizione sarebbero state usate “in modo selettivo e ingannevole”

© rostichep - pixabay

“Usando tattiche tipiche della ‘post-verità’ alcuni politici e conservatori di centrodestra hanno portato il cruciale dibattito politico sulla protezione della biodiversità e della futura sicurezza alimentare su un nuovo piano, ancora più basso”. Sono le parole che Helmut Burtscher-Schaden, portavoce dell’Iniziativa dei cittadini europei (Ice) Save Bees and Farmers, a difesa di api e agricoltori, ha pronunciato a seguito del dibattito che si è tenuto il 16 marzo 2023 al Parlamento europeo. Di fronte alle rivendicazioni fatte da nove eurodeputati in opposizione alla normativa sui pesticidi, attualmente in vigore nell’Unione europea, le Ong che hanno coordinato l’Ice, hanno presentato un articolato documento volto a smentire le argomentazioni utilizzate contro la riduzione dei pesticidi, evidenziando come le argomentazioni dei detrattori fossero “fuorvianti, errate e scientificamente prive di fondamento”.

L’Ice ha preso il via durante la pandemia da Covid-19 ed è stata dichiarata valida dalla Commissione europea nell’ottobre 2022, dopo aver raccolto 1.054.973 sottoscrizioni grazie al supporto di più di 140 Ong, tra le quali Pesticide action network europe e Slow Food. Le richieste portate avanti sono tre: l’eliminazione graduale dell’80% dell’uso di pesticidi sintetici entro il 2030 e del 100% entro il 2035, il ripristino della biodiversità nei terreni agricoli e il sostegno finanziario agli agricoltori per la transizione verso pratiche agroecologiche.

Nell’Unione europea l’utilizzo di prodotti fitosanitari in agricoltura è attualmente disciplinato dal regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi (Sur), che ha sostituito la precedente direttiva in materia (Sud) aggiungendo dei target concreti e giuridicamente vincolanti per gli Stati membri. Cosa che non è stata apprezzata da alcuni membri del Parlamento europeo, difensori della narrazione per la quale diminuire l’uso di pesticidi sintetici causerebbe insicurezza alimentare, aggravando la situazione già critica degli ultimi mesi a causa del conflitto ucraino. Se l’obiettivo di ridurre l’utilizzo di fitosanitari chimici del 50%, così come dichiarato nel Sur, ha causato contestazioni tra gli eurodeputati, le proposte dell’Ice hanno portato a un dibattito piuttosto acceso. A fronte di tale opposizione, le Ong hanno analizzato i nove interventi, formulando tesi contrapposte supportate però dai dati della comunità scientifica internazionale. Le principali affermazioni anti-Ice riguardavano la presunta minaccia alla sicurezza alimentare, i dubbi sui benefici ecologici e il rifiuto di un total ban in aree sensibili, i costi elevati e la dipendenza dall’import.

Il tema dell’insicurezza alimentare è la “minaccia” più citata (14 menzioni nelle nove dichiarazioni analizzate), facendo riferimento ad esempio a uno studio dell’Università di Wageningen (Wur), in Olanda, commissionato da CropLife Europe e CropLife International (entrambe associazioni dell’industria dei pesticidi) che confermerebbe un “declino del 20% nella produzione”. Lo studio della Wur è stato messo sotto indagine del Corporate europe observatory (Ceo), gruppo di ricerca che indaga sull’accesso privilegiato e sull’influenza esercitata dalle aziende e dai loro gruppi di pressione nel processo decisionale dell’Ue, evidenziandolo tra i numerosi tentativi della lobby dei pesticidi per minare gli obiettivi della strategia “Farm to Fork” europea. Il dato riportato, oltre ad essere sovrastimato, a detta del fact check, non può che portare con sé il dubbio che sia stato pilotato da CropLife. Lo studio è stato infatti commissionato con uno scopo strumentale, tanto che nella prefazione dello stesso si afferma esplicitamente che i rappresentanti di CropLife avrebbero “guidato” e “supervisionato” il progetto. Questo è solo uno dei vari “studi di impatto” finanziati dall’industria sotto analisi del Ceo, che mirano però a creare allarmismo “enfatizzando eccessivamente gli impatti economici negativi -più facili da misurare rispetto ai benefici per la salute o l’ambiente- e che spesso escludono i costi -ad esempio per i sistemi sanitari pubblici, per la mancanza di impollinatori in agricoltura, per l’inquinamento dei corsi d’acqua) di non agire”.

Anche nell’invasione russa in Ucraina l’industria dei pesticidi ha visto un’opportunità per minare gli obiettivi della strategia “Farm to Fork”, ad esempio la lobby agricola francese Fnsea ha avanzato già il 2 marzo 2022 una richiesta di riconsiderare le misure ambientali della politica agricola dell’Ue definendole “strategie di decrescita”. Tuttavia, come si legge dal documento di lavoro  della Commissione europea sui “driver della sicurezza alimentare”, non esiste una minaccia alla sicurezza alimentare causata dalla guerra in Ucraina. Nel documento viene certamente sottolineato come la crescente inflazione del prezzo del cibo, insieme a quello dell’energia e del carburante a seguito dello scoppio del conflitto, stia gravando sui redditi familiari; tuttavia “la mancanza di accessibilità economica non è un problema di disponibilità delle materie prime e sicuramente non ha niente a che fare con la riduzione dei pesticidi o altre misure della strategia ‘Farm to Fork’ -affermano i responsabili dell’Ice. È un problema di diseguaglianza sociale e distribuzione iniqua della ricchezza e di opportunità”.

Per esaminare le reali minacce alla sicurezza alimentare, il documento cita il report dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) dove si legge che la causa principale è la crescente perdita di biodiversità, questo perché la produzione intensiva di monocolture porta con sé l’utilizzo di pesticidi chimici che minacciano la vita degli impollinatori selvatici. Quest’ultimi hanno un ruolo essenziale per preservare non solo la sopravvivenza della natura ma anche quella umana, tanto che nell’Unione europea circa quattro specie su cinque di piante coltivate e fiori selvatici dipendono dall’impollinazione animale, e si stima che intorno ai 15 miliardi di euro dei ricavi annuali legati all’agricoltura sia direttamente attribuibile agli insetti impollinatori.

Nove menzioni hanno poi messo in dubbio i benefici ecologici dell’agricoltura biologica, sostenendo che l’equilibrio della fauna locale sia garantito dall’alta produzione di colture tradizionali. Ad esempio, Peter Liese e Alexander Bernhuber, eurodeputati del Partito popolare europeo, nei loro interventi hanno riferito che nel santuario per uccelli di Hellwegbörde nel Nord Reno-Westfalia in Germania la messa al bando dei pesticidi, così come l’agricoltura biologica, minaccerebbe la sopravvivenza dei volatili, questo perché “i prodotti fitosanitari sono assolutamente necessari per avere il minor intervento meccanico possibile”. Tuttavia, la pretesa di svantaggi ecologici di agricoltura biologica nei santuari degli uccelli è confutata da numerose pubblicazioni scientifiche. È dimostrato infatti, anche con ricerche fatte proprio sul santuario di Hellwegbörde, che le colture biologiche attraggono un maggior numero e varietà di specie di uccelli, rispetto a quelle tradizionali.

Andando oltre, per otto volte negli interventi è stato criticato il total ban all’uso di qualsiasi tipo di pesticida in tutte le aree sensibili proposto dall’eurodeputata Sara Wiener. Questa mozione è stata a lungo dibattuta al Parlamento ed è stata in ultima analisi esclusa. Di fatto quindi il total ban non è più tra le proposte sul tavolo, ma gli attacchi strumentali nei confronti della Wiener persistono.

Infine, cinque interventi segnalano che l’eliminazione dei pesticidi potrebbe portare a una maggior dipendenza dall’import, sempre basato sull’assunto che la produttività calerebbe. Il documento della Commissione, sopra citato, afferma però che “l’Ue è ampiamente autosufficiente per i principali prodotti agricoli e raggiunge una stabile eccedenza complessiva delle esportazioni alimentari”. L’Europa non è dipendente dall’importazione di alimenti di base, al contrario importa grano e semi oleosi principalmente per nutrire l’industria zootecnica, tanto che -basandosi sui dati della Fao- si stima che il crollo delle esportazioni ucraine potrebbe essere compensato da una riduzione di circa un terzo dell’uso dei cereali per l’alimentazione del bestiame. In aggiunta, da quanto risulta dal reportNo time to waste” dell’associazione ambientalista Feedback Eu, risulta che, a fronte di 138 milioni di tonnellate di prodotti agricoli importati nell’Unione nel 2021, quasi 153,5 milioni di tonnellate di cibo vengano sprecate ogni anno. Insomma, è “il sistema alimentare insostenibile che porta all’insicurezza alimentare”, come evidenziato da Madeleine Coste, responsabile delle politiche alimentari per Slow Food Ue, e non le proposte di riduzione dei pesticidi.

Il risultato dell’analisi dei fatti dà una visione molto chiara dei tentativi di disinformazione di alcuni europarlamentari, poiché mostra come anche nei casi in cui i deputati citino delle “prove a sostegno”, lo fanno in modo selettivo e ingannevole, non citando correttamente gli studi. In aggiunta, l’impatto dei pesticidi è oggetto di negazionismo anche da parte del governo italiano: nel suo intervento a Bruxelles al Consiglio Agricoltura dell’Unione europea, lo scorso 20 marzo, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha affermato che la “salvaguardia degli impollinatori” è “un obiettivo strategico”, aggiungendo però di “non condividere in assoluto l’affermazione secondo cui queste iniziative debbano andare di pari passo con la riduzione dei fitofarmaci e il ripristino della natura”. Il declino di questi insetti e i pesticidi, sempre secondo Lollobrigida, “non possono essere messi per forza in connessione”.

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