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Ambiente / Approfondimento

Pesticidi, coltivazioni intensive ed esposizione agli inquinanti: il caso di Bolzano, tra viti e meleti

© Skylar Zilka - Unsplash

Una ricerca di Heal e Pesticide action Europe ha esaminato oltre 300 campioni di erba raccolti da 80 siti non agricoli nella Provincia autonoma dal 2014 al 2020. È emerso che le misure applicate dalle autorità per limitare la diffusione di pesticidi non sono riuscite a ridurre l’esposizione a sostanze potenzialmente tossiche. Ecco perché

Le misure applicate dalla Provincia autonoma di Bolzano per limitare la diffusione di pesticidi al di fuori delle aree agricole, in particolare per quanto riguarda le coltivazioni intensive di mele e di uva da vino, non sono riuscite a ridurre l’esposizione della popolazione a sostanze di sintesi potenzialmente tossiche. I dati provengono da uno studio pubblicato nell’ottobre 2022 dall’Health and environment alliance (Heal), Pesticide action network (Pan) Europe, Pan Germany e l’Università di Risorse naturali e Scienze della vita di Vienna. La ricerca ha analizzato 306 campioni di erba raccolti in 88 siti pubblici classificati come “non agricoli”, tra cui parchi giochi e cortili scolastici, tra il 2014 e il 2020. I risultati dell’analisi mostrano che nel corso degli anni della ricerca la presenza di sostanze potenzialmente dannose per la salute è rimasta costante o per alcune categorie addirittura aumentata, nonostante le regolamentazioni applicate dalle autorità locali. “Anche se negli ultimi anni il governo regionale di Bolzano ha attuato alcune misure di mitigazione per limitare la ‘deriva’ dei fitofarmaci (cioè lo spostamento dei pesticidi da terreni agricoli a aree non coltivate, ndr), vediamo ancora che i parchi giochi sono contaminati da pesticidi potenzialmente dannosi, rappresentando un rischio per i residenti e i gruppi vulnerabili”, spiega Koen Hertoge, presidente di Pan Europe, promotore e co-autore dello studio.

Secondo i dati Eurostat del 2021 l’Italia è del resto uno dei Paesi europei con il più alto consumo di pesticidi, a causa delle sue coltivazioni intensive di frutta e di uva. I circa settemila produttori di mele della provincia di Bolzano coprono ogni anno il 50% della produzione italiana di mele e del 10% di quella europea in appena 18.400 ettari di superficie. Nel 2018 è stato registrato un uso medio per ogni ettaro coltivato di 24,1 chilogrammi di fungicidi, di 13 chilogrammi di insetticidi e di 0,8 chilogrammi di erbicidi, una quantità superiore alla media italiana (fonte Istat). Una delle conseguenze dell’uso massiccio di fitofarmaci è la loro “deriva” verso terreni non agricoli che può avvenire sia durante l’applicazione, a causa dell’evaporazione e del trasporto atmosferico, sia successivamente a causa dell’erosione del suolo. “Studi precedenti condotti in questa provincia, ad esempio quello pubblicato nel 2019 sulla rivista Environmental science europe nel 2021, hanno rilevato una notevole contaminazione da pesticidi nei parchi giochi e in altri luoghi pubblici e l’esposizione di agricoltori e passanti. È stato dimostrato che la contaminazione da pesticidi dei terreni non agricoli è correlata alla distanza dai meleti, alla percentuale di campi nei dintorni e alle condizioni metereologiche”, si legge ancora nella ricerca.

Oltre all’effetto dei fitofarmaci sulla salute umana è stato preso in considerazione anche il loro impatto sull’ambiente, in particolare sulle api. “Di tutte le sostanze esaminate è stato considerata anche la loro capacità di provocare danni o effetti avversi alle api e a diverse specie di lombrichi, in base alle caratteristiche elencate dall’Unione internazionale di chimica pura e applicata (Iupac)”, chiariscono i ricercatori.

“Nonostante alcune riduzioni della contaminazione, nella primavera del 2020 il 73% dei siti di campionamento era ancora contaminato (rispetto ai valori del 2014, ndr) da almeno un residuo e il 27% dei siti era contaminato da più residui. Ciò suggerisce che le misure per ridurre la ‘deriva’ dei pesticidi imposte a partire dal 2014 non sono state sufficienti a prevenire la contaminazione di aree non bersaglio”. In totale sono state rilevate 34 diverse sostanze attive di cui il 72% erano fungicidi, 28% insetticidi e meno dell’1% erbicidi. Tra i composti più diffusi figurano i fungicidi fluazinam e captan: il primo è stato rinvenuto in 73 campioni e nel 73% dei siti contaminati, mentre il secondo è stato trovato in 37 occasioni e nel 60% dei siti contaminati. Anche l’insetticida fosmet rinvenuto il 37 casi e nel 49% delle aree, mentre le analisi hanno registrato un solo erbicida e in meno dell’1% dei siti contaminati. “In molti casi se queste concentrazioni di residui di pesticidi venissero riscontrate negli alimenti, sarebbero di parecchie volte superiori a quelle considerate sicure per il consumo nell’Ue”, è un passaggio della ricerca. Si è assistito nel corso dei sei anni dello studio ad un significativo incremento della presenza di sostanze in grado di causare tossicità riproduttiva. Se nel 2014 questo tipo di sostanze era stata trovata nel 21% dei terreni contaminati, nel 2020 la percentuale era salita all’88%. Nel frattempo anche la quantità di sostanze con “tossicità specifica per organi bersaglio” è cresciuta: se nel 2014 non sono stati trovati campioni contaminati da questi composti nel 2020 invece la loro presenza è stata riscontrata nel 21% dei terreni con presenza di fitofarmaci. Infine le percentuali di pesticidi con proprietà di interferenza endocrina (in media presente nell’89% dei siti contaminati) e di cancerogenicità (45% delle zone con presenza di fitofarmaci) non hanno mostrato una tendenza significativa in quanto la loro presenza è rimasta stabile nel corso della ricerca.

La seconda parte dello studio ha riguardato il numero di sostanze potenzialmente dannose per le specie animali. In particolare la presenza di fitofarmaci considerati tossici per le api non ha subito variazioni significative nel corso dei sei anni di ricerca, al 2020 tra tutte le sostanze esaminate quelle considerate “altamente tossiche” per le api erano al 21%, il 3% “moderatamente tossiche” e il 76% a bassa tossicità.

I risultati arrivano dopo la pubblicazione, a fine settembre, da parte della Commissione europea di una proposta sull’uso sostenibile dei fitofarmaci (Sur), che fissa obiettivi di riduzione giuridicamente vincolanti per dimezzare l’uso dei pesticidi sintetici in tutti gli Stati membri entro il 2030, in particolare per quanto riguarda quelli noti per essere dannosi per la salute. La proposta mira anche a vietare l’uso dei pesticidi in tutte le aree considerate sensibili e utilizzate dal pubblico o di importanza ecologica e nel raggio di tre metri da esse. Tuttavia, Assomela, l’Associazione dei produttori di mele italiani, che rappresenta circa il 75% della produzione nazionale e il 20% di quella europea, ha dichiarato la sua contrarietà alla normativa nella sua presa di posizione ufficiale, inviata il 27 settembre 2022 alla Commissione europea. Secondo l’associazione di categoria la riduzione di pesticidi imposta dalla Ue danneggerebbe i produttori italiani ed europei. “L’attuale proposta rischia seriamente di provocare impatti devastanti sulla capacità produttiva europea e di mettere in pericolo la sostenibilità dell’intero sistema produttivo ortofrutticolo dell’Ue e la sicurezza alimentare del continente”, si legge nel comunicato stampa. Tuttavia le misure applicate dalla Provincia autonoma di Bolzano a partire dal 2014 per prevenire la contaminazione da pesticidi sono state ancora più restrittive rispetto alla direttiva Ue. Queste includono una zona cuscinetto di 30 metri quando i pesticidi con proprietà pericolose per la salute umana e l’ambiente sono utilizzati in prossimità di aree frequentate da bambini e dal pubblico in generale. Eppure, nonostante la severità delle norme applicate, ciò non è bastato a limitare l’esposizione della popolazione ai fitofarmaci utilizzati.

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