Economia / Opinioni
Le “Considerazioni finali” del governatore Ignazio Visco non sono di sinistra. Anzi
A fine maggio, come tutti gli anni, il vertice della Banca d’Italia ha svolto la sua relazione. Diversi media l’hanno presentata come in contrasto con il Governo Meloni. Una presa di posizione “di sinistra”. In realtà il testo di Visco è di tutt’altro segno, in stretta osservanza del dettato liberista e rigorista. Alessandro Volpi spiega perché
Non è facile capire, davvero, come alcuni organi d’informazione costruiscano le notizie. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha tenuto il 31 maggio, come tutti gli anni, le “Considerazioni finali“. Il dato su cui i media si sono soffermati è stato il suo riferimento ai benefici effetti che potrebbe portare l’introduzione per legge, sia pur tra molte cautele esplicitamente espresse dal governatore, del salario minimo.
Dunque, il senso di molti articoli è stato quello di indicare nelle parole di Visco un elemento di contrasto con il Governo Meloni e, ancor più, una presa di posizione a sinistra. In realtà il testo del governatore Visco è di tutt’altro segno e, a mio parere, presenta una stretta osservanza del dettato liberista e rigorista. Provo a mettere in fila alcuni passaggi.
Le Considerazioni si aprono con la celebrazione della globalizzazione che ha saputo ridurre la povertà in vaste zone del Pianeta. In sintesi, sono spariti milioni di poveri, inseriti nel sistema della produzione e del consumo mondiali. In tale enfasi, Visco dimentica l’esplosione delle disuguaglianze che la globalizzazione ha contribuito a generare. C’è poi una lettura del fenomeno inflazionistico -indicato come dato nuovo- senza alcun riferimento al suo profondo legame con la finanziarizzazione e con la speculazione.
Visco non manca, invece, di rimarcare come gli effetti nefasti dell’inflazione siano stati contenuti “grazie alla diminuita presenza di meccanismi automatici di indicizzazione”. È questo il tema della “pericolosa” spirale prezzi salari prezzi che rappresenta il vero incubo del governatore e che ritorna a più riprese nel testo, nonostante lo stesso Visco debba riconoscere che i salari dei lavoratori italiani sono bassi ed è cresciuta la quota di lavoratori poveri.
Nonostante tutto ciò, la sola strada maestra della crescita è il rafforzamento della produttività senza la quale ogni aumento salariale è un abominio. Poco conta se i consumi interni cadono perché, aggiunge Visco con un noto cliché, l’economia italiana sta comunque crescendo più di altre: si tratta infatti di un’affermazione che, come al solito nella narrazione mainstream, non tiene conto dell’effetto “dopante” dell’alta inflazione italiana.
Gli stereotipi tornano anche in materia di Eurozona: la Banca centrale europea (Bce) ha seguito una politica appropriata e il rientro dall’inflazione dovrà essere graduale “ma non lento”. Bene la proposta del Patto di stabilità che obbliga al ripristino di avanzi primari e alla riduzione dei debiti nazionali e piena fiducia nella panacea del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Del resto, aggiunge Visco, ogni politica di spesa pubblica deve essere assolutamente temporanea e l’unico debito possibile dovrebbe essere quello europeo.
Qualche cautissima riserva il governatore la esprime sul sistema bancario e su quello delle assicurazioni, ma la vera esigenza è quella di renderli più efficienti e in grado di produrre una finanziarizzazione diffusa. Su pensioni e fisco l’ortodossia è ancora più marcata: ritardare l’età pensionabile e semplificare le norme tributarie riducendo il carico sul lavoro, senza specificare se sul versante delle imprese o su quello dei lavoratori. Nessun accenno a flat-tax o altro.
Ma la perla che è stata “oscurata” dalla celebrazione del salario minimo si trova nell’elogio delle forme contrattuali atipiche, capaci di svolgere una funzione di ampliamento del numero degli occupati, una vera manna anticiclica. Alla luce di tutto ciò risulta difficile capire come un testo molto vicino alla destra classica sia stato raccontato come l’espressione di un’apertura a sinistra. Forse perché ormai non è più chiaro che cosa sia di sinistra.
Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento.
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