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Le compravendite fondiarie lasciano le comunità africane senza terra

© Richard Whitcombe

Con il pretesto della sicurezza alimentare, Algeria ed Egitto hanno ceduto milioni di ettari ad aziende straniere, tra cui l’italiana BF. Mentre in Camerun le concessioni forestali emarginano i popoli indigeni e minacciano la biodiversità

Tratto da Altreconomia 279 — Marzo 2025

Nelle terre desertiche dell’Algeria c’è un miraggio chiamato “sicurezza alimentare”. A crearlo è il governo del Paese nordafricano che negli ultimi anni ha deciso di puntare forte sull’espansione dell’agricoltura su larga scala verso Sud, nel deserto del Sahara, attraverso accordi con grandi aziende agroalimentari straniere in arrivo dal Qatar ma anche dall’Italia.

L’obiettivo dichiarato è di convertire un milione di ettari di deserto in terreni agricoli. Peccato che per dar linfa a simili estensioni siano necessari volumi d’acqua impressionanti, in un Paese già stravolto dalla crisi climatica e dall’aumento anomalo delle temperature (le proiezioni stimano per il 2065 in Algeria uno scostamento all’insù di 2,6 gradi centigradi).

La Ong indipendente Grain a metà gennaio di quest’anno ha approfondito il mega progetto sviluppato nel Paese dal colosso lattiero-caseario Baladna del Qatar. “Annunciato nel luglio 2024, l’accordo prevede la coltivazione di foraggio e l’allevamento di 280

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