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Crisi climatica / Attualità

L’autorità britannica per la pubblicità sanziona il greenwashing di Shell

Lo slogan che chiude lo spot pubblicitario di Shell mandato in onda nel regno Unito nell'estate 2022 e sanzionato dall' Advertising Standards Authority © Shell

Tre spot pubblicitari della multinazionale fossile che promuovono i suoi prodotti “green” sono state vietate a giugno nel Regno Unito perché non fanno alcun riferimento agli investimenti “su larga scala” che il gigante dell’energia sta ancora effettuando nel settore del petrolio e del gas. Casi analoghi per Repsol e Petronas

Nel giugno 2022 per le strade di Bristol, nel Regno Unito, sono comparsi manifesti pubblicitari della compagnia petrolifera Shell con gli slogan “Bristol è pronta per un’energia più pulita”, “Nel Sud-Ovest 78mila case usano elettricità 100% rinnovabile da Shell Energy”. Nello stesso periodo uno spot televisivo (trasmesso anche online) elencava a milioni di consumatori i (presunti) traguardi raggiunti dalla multinazionale anglo-olandese in tema di transizione energetica.

“Nel Regno Unito 1,4 milioni di case usano al 100% energia rinnovabile fornita da Shell”, dice un papà intento a sostenere una bambina che impara ad andare in bicicletta. “Gli esperti di Shell stanno lavorando a un progetto eolico che potrà alimentare sei milioni di abitazioni”, aggiunge un ingegnere nella scena successiva, girata su una spiaggia battuta dal vento. A seguire immagini di auto elettriche e l’annuncio di un giovane tecnico: Shell ne installerà 50mila in tutto il Paese entro il 2025. Chiude lo slogan “Il Regno Unito è pronto per l’energia pulita”, con logo della compagnia fossile e l’hashtag #PoweringProgress.

Manifesti e spot non sono piaciuti ad Adfree Cities -una rete attiva in diverse città del Paese che denuncia degli impatti negativi della pubblicità su salute, ambiente e comunità locali- che ha presentato un ricorso di fronte all’Advertising standards authority (Asa), l’ente di autoregolamentazione del settore pubblicitario del Regno Unito, sottolineando il fatto che si tratta di annunci fuorvianti poiché non fornivano informazioni significative sull’impatto ambientale complessivo delle attività commerciali di Shell nel 2022.

Lo scorso 7 giugno l’autorità ha accolto il ricorso e stabilito che le pubblicità in questione “non devono più apparire nella forma contestata” dal momento che Shell ha “omesso in modo fuorviante” informazioni sulla reale percentuale di attività a basse emissioni di carbonio, mentre petrolio e gas costituiscono la “maggior parte” delle sue operazioni commerciali. “Abbiamo chiesto a Shell di assicurarsi che in futuro i suoi annunci pubblicitari non siano fuorviati amplificando od omettendo informazioni rilevanti sulla percentuale delle sue attività commerciali costituite da attività a basse emissioni di carbonio”, si legge nel testo dell’Asa.

Secondo l’Advertising standards autority la natura e i contenuti degli annunci -come l’impegno a installare 50mila caricatori per auto elettriche entro il 2025 o alla produzione di energia eolica per sei milioni di abitazioni- davano l’impressione generale che i prodotti energetici a basse emissioni di CO2 costituissero “una percentuale significativa dei prodotti energetici in cui Shell ha investito e che ha venduto nel Regno Unito nel 2022, o che probabilmente lo farà nel prossimo futuro”.

Una decisione netta contro un’evidente operazione di greenwashing. “Quando sono stati diffusi i manifesti pubblicitari e gli spot gli investimenti di Shell nell’energia rinnovabile nel Regno Unito era compresa tra l’1% e l’1,25% del fatturato della società, che nel 2021 ammontava a 200 miliardi di sterline -si legge in un comunicato diffuso da Adfree Cities all’indomani della decisione dell’Asa-. Nel frattempo, la spesa per l’espansione della produzione di nuovi combustibili fossili è destinata ad aumentare nel 2023 dopo aver registrato profitti record per 32,2 miliardi di sterline nel 2022”.

Un fermo immagine dello spot video di Shell trasmesso nel Regno Unito nel 2022

Secondo quanto riporta il Guardian, Shell ha dichiarato che l’obiettivo delle pubblicità era far conoscere la gamma di prodotti green offerti dalla società e che, di conseguenza, menzionare le attività fossili sarebbe stato “controproducente” e avrebbe “diluito l’impatto del messaggio ambientale positivo degli spot“. La multinazionale ha inoltre definito “miope” la decisione dell’autorità, affermando che questa rischia di rallentare il percorso del Regno Unito verso la transizione: “I cittadini sanno già che Shell produce il petrolio e il gas da cui dipendono oggi. Quando i clienti fanno il pieno nelle nostre stazioni di servizio in tutto il Regno Unito, lo fanno sotto il logo Shell, immediatamente riconoscibile”, ha dichiarato al Guardian un portavoce della società.

La multinazionale fossile britannica, però, non è la sola a essere finita sotto lo scrutinio dell’Asa. Sempre il 7 giugno l’Advertising standards autority ha vietato gli annunci “verdi” della compagnia petrolifera spagnola Repsol e della malese Petronas per non aver fornito informazioni complete sulle loro attività e sulle strategie di riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

Le aziende che operano in settori ad alte emissioni “devono stare molto attente” ai messaggi ambientali, ha dichiarato Guy Parker, amministratore delegato dell’Advertising standards authority, in un’intervista a Bloomberg in cui ha esortato le società fossili ad “aggiungere un po’ di equilibrio” ai propri spot: “Queste aziende non si sono spinte abbastanza in là nelle loro campagne per fornire almeno alcune informazioni ai lettori e agli spettatori degli annunci che raccontassero l’altra faccia della medaglia”.

Nel caso di Repsol, ad esempio, l’Asa si è concentrata su uno spot diffuso online a febbraio 2023 che promuoveva gli investimenti della compagnia in biocarburanti e carburanti sintetici. Investimenti che, secondo l’autorità, rappresentavano solo “una frazione” delle sue attività. “L’Asa è stata la prima autorità di regolamentazione al mondo a vietare campagne di alto profilo come queste per aver omesso informazioni -ha concluso Parker-. Non perché quello che dicevano gli annunci fosse falso di per sé, ma per quello che non dicevano”.

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