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Diritti / Approfondimento

La storia e le prove di un doppio respingimento illegale tra Grecia e Macedonia del Nord

Il Border violence monitoring network ha raccolto la testimonianza di un richiedente asilo sottoposto a due pushback in Macedonia del Nord il 23 aprile 2022. Le immagini e i video ripresi con il cellulare nel campo di transito di Vinojug mostrano la negazione del diritto all’asilo. Con la complicità di un agente della Repubblica Ceca

L’angolo Sud-Ovest del Centro di transito temporaneo di Vinojug, in Macedonia del Nord

L’organizzazione Border violence monitoring network ha pubblicato il 18 novembre un nuovo report per documentare i respingimenti illegali dei migranti lungo la rotta balcanica, in particolare al confine tra la Grecia e la Macedonia del Nord. Il rapporto si basa sulla testimonianza di un uomo di 34 anni di nazionalità tunisina respinto due volte lo scorso 23 aprile e sui video e le immagini da lui registrate con il cellulare: è ancora una volta provato come ai migranti vengano sistematicamente negate le procedure per richiedere asilo, che invece dovrebbero essere un diritto. I respingimenti sono avvenuti senza che fosse stato messo a disposizione un mediatore culturale né un traduttore. E anche le richieste di assistenza medica e legale sono state negate.

I fatti. Sono le 2 di notte di sabato 23 aprile 2022. Tre persone in transito di origine tunisina stanno camminando lungo la ferrovia a Sud di Gevgelija, città della Macedonia del Nord a pochi chilometri dal confine con la Grecia. Vogliono arrivare alla stazione degli autobus e comprare un biglietto per Skopje, che si trova nel Nord del Paese, per poi proseguire il viaggio. Verso le 6 del mattino il gruppo viene però fermato da un’auto della polizia: due uomini in uniforme chiedono i documenti. “Non li abbiamo”, rispondono i tre. Così vengono portati prima in caserma, poi in quello che definiscono un “campo”.

Il campo consiste in una serie di container bianchi, dove i migranti vengono rinchiusi. Dalla ricostruzione del Border violence monitoring network, si tratterebbe del Centro di transito temporaneo di Vinojug. Lì la polizia prende i loro dati e le impronte digitali, non fornisce un traduttore, non li rifocilla con cibo né acqua. Quando l’uomo della Tunisia dice chiaramente di voler fare domanda di asilo, glielo negano. Quando chiede di incontrare un assistente sociale o un avvocato, gli rispondono che “Non è il tuo giorno fortunato. Sono assenti, oggi è festa”. È il weekend di Pasqua. Dopo circa un’ora li lasciano andare.

Alle 12.30 del 23 aprile lo stesso gruppo di migranti tunisini si trova di nuovo a camminare lungo i binari. Questa volta però gli uomini riescono a raggiungere la stazione degli autobus di Gevgelija, e all’una e 18 minuti salgono sull’autobus verso Skopje. Un’ora dopo, lungo la strada in mezzo alle montagne, il bus si ferma improvvisamente vicino a una stazione di servizio: c’è un controllo della polizia. Li fanno scendere. Arriva una camionetta, che li porta nello stesso campo dov’erano stati poche ore prima. Qui ricomincia la trafila: le forze dell’ordine chiedono i dati e prendono le impronte. Questa volta però l’uomo tunisino riesce a tirare fuori il cellulare e registrare quello che succede. In uno dei video, si assiste a un dialogo tra un migrante e un poliziotto:

“Scusa amico. Perché mi respingete? Lasciatemi qui nel campo per favore”, dice il ragazzo. E il poliziotto: “Nome, maschio”. “Torneremo in Grecia o resteremo qui? Per favore. Ci respingerete in Grecia?”, chiede allora il migrante. “Grecia, sì”, risponde l’agente. “Sai che non è legale riportarci in Grecia?”, ribatte la persona. E il poliziotto chiosa: “Qui abbiamo finito”.

Questi video permettono di confermare il fatto che i migranti fossero effettivamente detenuti nel Centro di transito temporaneo di Vinojug, in particolare nella zona Sud-Ovest, sulla base del confronto con le immagini satellitari e con la posizione del sole a quell’ora. Analizzando le divise indossate dalle forze dell’ordine, risulta che un agente facesse parte della polizia della Macedonia del Nord, mentre un altro aveva l’uniforme di polizia della Repubblica Ceca: dal 2015 i due Paesi collaborano per gestire la cosiddetta “crisi dei migranti”. Dal 2017 al 2020, secondo i dati ufficiali, i poliziotti cechi sono stati responsabili dell’arresto di 28.647 migranti tra la Macedonia del Nord, l’Ungheria, la Serbia e la Slovenia.

A sinistra l’agente di polizia macedone, a destra l’agente di polizia ceco.

Dal centro verso le 6 di pomeriggio i migranti vengono caricati su una camionetta e portati al confine. C’è un passaggio nella rete che delimita la Grecia e la Macedonia del Nord. La descrizione corrisponde a quella di un varco lungo la frontiera, nei pressi di Idomeni. Gli agenti aprono il cancelletto e dicono al gruppo di “andare”, spingendo le persone verso il lato greco. L’uomo tunisino ricorda di essere stato minacciato dalla polizia: “Se fosse successo una terza volta, ci avrebbero spaccato le ossa”.

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