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Esteri / Reportage

I diritti negati negli hotspot in Grecia e l’impegno di Ong e volontari

Il campo di Mavrovouni sull’isola di Lesbo, l’hotspot costruito poco dopo l’incendio di Moria, dove vivono circa duemila migranti, per metà uomini e per la restante metà donne e bambini © Asmae Dachan

Sull’isola di Lesbo sono bloccati migliaia di profughi che, in attesa dell’esito della domanda d’asilo, non hanno accesso a servizi di base: dalle visite mediche e psicologiche all’assistenza legale. Ad aiutarli, solidali da tutto il mondo

Tratto da Altreconomia 253 — Novembre 2022

Un giubbino rosa da bimba impigliato nel filo spinato. L’ingresso di ciò che resta del famigerato campo di Moria, a Lesbo, in Grecia, sembra il ricordo di un incubo che nessuno potrà mai dimenticare. I migranti che sono rimasti intrappolati nell’hotspot lo descrivono come “l’inferno”. Degrado, violenza, fame e mancanza di cure mediche erano la quotidianità, che si è sommata all’incertezza e alla lunga attesa dei documenti per proseguire il viaggio verso il Nord Europa e altre destinazioni. Calogero Perna, psicologo del Medical volunteers international (Mvi) ha ascoltato decine di racconti dei sopravvissuti. L’ambulatorio in cui incontra i pazienti migranti è all’interno di un complesso chiamato Parea, dove operano diverse Ong. L’idea di offrire gratuitamente un sostegno di tipo psicologico è nata proprio all’indomani dell’incendio che l’8 settembre 2020 ha devastato la tendopoli di Moria.

“Ci siamo resi conto che gli abitanti del campo, anche i bambini, avevano molti traumi accumulati, vecchi e nuovi. Era necessario offrire loro un supporto specifico e abbiamo previsto due percorsi: uno individuale dedicato agli adulti, l’altro di natura psico-sociale per bambini e adolescenti. I pazienti vengono spontaneamente, o arrivano su suggerimento di altre Ong”. Le sfide che affrontano i team di psicologi e in generale i volontari sono diverse, non ultima quella della lingua. Gli assistiti, infatti, vengono da diversi Paesi del mondo ed è importante offrire un servizio di mediazione linguistica, affinché possano realmente beneficiare delle sedute. “L’esperienza sull’isola è molto toccante -racconta lo psicologo-. Si incontrano persone vittime di violenza e di tratta emarginate e sole. La condizione di incertezza che vivono a Mitilene non fa che acuire il loro dolore. Ci si confronta con storie che hanno dell’assurdo, dove la profondità dei traumi è notevole”. 

Dalla collina su cui sorge Parea si vede dall’alto il campo di Mavrovouni, l’hotspot costruito all’indomani dell’incendio di Moria, dove vivono circa duemila persone, per metà uomini e per il resto donne e bambini. All’ora di pranzo e cena a Parea viene distribuito gratuitamente cibo caldo confezionato in singole porzioni. Questo spinge molti, soprattutto i giovani uomini soli, a raggiungerlo per poter mangiare, per farsi una doccia e prendere gratuitamente abiti puliti. I profughi sono autorizzati a lasciare il campo durante il giorno e al ritorno ogni singola persona viene perquisita e sottoposta a controlli da parte della polizia, che presidia la struttura 24 ore su 24. Le persone che abitano la tendopoli sono sopravvissuti a guerre e persecuzioni, dopo aver viaggiato per settimane, a volte per mesi, si ritrovano prigionieri nei vari campi di Lesbo, impossibilitati a proseguire la fuga verso la salvezza. 

In base a quanto previsto dagli accordi del 2016 tra Unione europea e Turchia, infatti, al momento dell’arrivo sull’isola le persone provenienti da Siria, Iraq, Somalia, Afghanistan, Bangladesh e Pakistan vengono sottoposte a un interrogatorio preliminare, per stabilire se possano essere rimandate in Turchia. Molti hanno paura degli esiti negativi sulle loro domande d’asilo e si rivolgono agli avvocati che li assistono gratuitamente: un elemento importante dato che le pratiche per ottenere i documenti richiedono mesi, a volte anni, nel caso in cui ci siano dei dinieghi. Nel frattempo, bambini, donne e uomini alloggiano in tende e container all’interno dei campi, come quello di Mavrovouni, in condizioni di generale precarietà e in un ambiente fortemente militarizzato.  

“Si incontrano persone vittime di violenza e di tratta emarginate e sole. La condizione di incertezza che vivono a Mitilene non fa che acuire il loro dolore” – Calogero Perna

Secondo i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) da gennaio a inizio ottobre 2022 sono arrivate poco meno di 12mila persone: 7.154 via mare e 4.752 attraverso il confine terrestre “segnato” dal fiume Evros. I dati registrano un aumento degli ingressi rispetto al 2021, quando arrivarono in Grecia poco più di novemila persone, ma il flusso resta decisamente contenuto. Nonostante questo i respingimenti continuano a verificarsi quotidianamente con la complicità di Frontex, l’Agenzia che sorveglia le frontiere esterne europee. Su questo tema l’Ong Aegean boat report offre statistiche aggiornate e condivide video di attivisti e migranti stessi che raccontano di queste violazioni dei diritti umani. Un’altra fonte preziosa, che indaga e documenta, tra l’altro, sui casi di respingimenti illegali in mare è Forensic Architecture. “Nell’arco di un periodo di due anni, dal 28 febbraio 2020, quando è stato segnalato e documentato il primo caso di respingimento in mare, al 28 febbraio 2022”, si legge sulla pagina dedicata al progetto “Drift-backs in the Aegean sea” che documenta 1.018 respingimenti nel mar Egeo che hanno interessato 27.464 persone.

Per chi riesce ad arrivare e restare in Grecia le sfide sono molte. Welcome office è una Ong con sede a Mitilene, a pochi chilometri dal campo di Mavrovouni, che offre supporto nelle pratiche burocratiche, aiutando persone provenienti da diverse parti del mondo, con abitudini e modi di vivere differenti a muoversi tra le varie leggi. Dal 2019 offre aiuto alle persone che cercano di districarsi tra le complesse procedure per chiedere il riconoscimento dello status di rifugiato, per iscrivere i bambini nelle scuole locali o per accedere a visite mediche specialistiche. 

Welcome Office sostiene anche chi ha ottenuto i documenti (fino a un massimo di dieci persone al mese) con un piccolo aiuto economico e sostegno nella ricerca di un appartamento in affitto: il tema abitativo è una questione spinosa visti i costi proibitivi e la crescente insofferenza verso gli stranieri, che a volte sfocia in razzismo. Generalmente gli abitanti dell’isola hanno accolto i migranti mostrando umanità, ma la propaganda politica che ha demonizzato i richiedenti asilo è riuscita a soffiare sul fuoco del malcontento dovuto al contesto generale e a esasperare gli animi. Proprio cogliendo questa criticità, sono nate diverse associazioni per gettare un ponte tra migranti e abitanti del posto.

“Welcome office” opera a Mitilene e aiuta le persone a districarsi tra le complesse procedure burocratiche: dalla richiesta dei documenti all’iscrizione dei bambini a scuola

Mosaik è una di queste. Si tratta di uno spazio culturale nato nel 2016 dove la gente si incontra, dialoga dando vita a percorsi di reciproca conoscenza. Sorge in una traversa del corso principale di Mitilene, e proprio questa sua particolarità lo rende uno spazio molto frequentato. Per autofinanziarsi i volontari producono borse, portafogli e altri piccoli oggetti ricavati dai salvagente usati dai migranti durante la traversata del Mediterraneo. Molta attenzione viene dedicata ai bambini, che qui possono giocare insieme. L’attenzione ai più giovani si manifesta anche in incontri di sensibilizzazione nelle scuole. “Vedere insieme persone provenienti da ogni angolo del mondo rappresenta per noi tutti una speranza -spiega Joaquin, uno dei fondatori-. Qui a Mosaik le barriere si abbattono e si progetta un futuro dove tutti abbiano pari dignità e possano essere amici, a prescindere dalla provenienza”.

Un’operatrice sanitaria di Medici senza frontiere parla a due pazienti durante un workshop di promozione della salute presso la clinica “Sea house” di Lesbo © Evgenia Chorou/Medici senza frontiere

Amicizia è una parola importante sull’isola, preziosa e salvifica. Tra gli operatori e le operatrici delle Ong che sono attivi a Mitilene e le persone migranti nascono legami che si conservano nel tempo, anche quando questi ultimi riescono a partire.  Il tempo passato insieme, le esperienze condivise, le sfide, così come le gioie e i dolori sono indimenticabili. Lo raccontano le ostetriche di MAM Beyond borders, un’organizzazione di volontariato che sostiene le donne in gravidanza e nel periodo dell’allattamento. Sara Podetti è la coordinatrice e grazie alla presenza di mediatrici linguistiche, insieme alle altre volontarie Teresa e Luisa, offre alle donne del campo formazione sulla salute sessuale e riproduttiva e le aiuta a prepararsi al parto con serenità. La forza di questo progetto è proprio nell’aver creato un clima amichevole, in un contesto che spesso è fortemente ostile. Le volontarie di MAM Beyond borders non svolgono attività clinica, a differenza dell’ostetrica che opera con Medici Senza Frontiere (medicisenzafrontiere.it). La sede della Ong è a pochi passi dal campo di Mavrovouni. Nel complesso operano medici provenienti da diversi Paesi, che prestano la propria opera gratuitamente, assistendo le persone più deboli. 

“Qui a Mosaik le barriere si  abbattono e si progetta un futuro dove tutti abbiano pari dignità e possano essere amici, a prescindere dalla provenienza” – Joaquin

Il lavoro di Giuliette, ostetrica di origine danese, si svolge quotidianamente al servizio di donne, ma anche uomini migranti. “Molti sono sopravvissute a violenze subite nel Paese d’origine o durante il viaggio. Questo provoca spesso problemi di tipo mentale: per questo la nostra clinica garantisce anche supporto psicologico. A livello burocratico è importante fornire alle vittime di abusi un certificato che documenti ciò che hanno subito e che dimostri la loro vulnerabilità”. Giuliette visita singolarmente gli utenti e sottopone i pazienti a test e controlli sanitari. Nel caso di patologie gravi come il cancro, indirizza le migranti verso lo specialista di riferimento. “Tra gli uomini solitamente c’è molto stigma, difficilmente ci si apre e si denuncia un abuso eppure, purtroppo, molti ne sono stati vittima. Noi garantiamo l’assoluta privacy cerchiamo di costruire un rapporto basato sulla fiducia”, racconta Giuliette.  

La galassia delle Ong che sostengono i migranti è variegata, ma i volontari hanno caratteristiche comuni. Sono tutti giovani, preparati e desiderosi di migliorare le vite degli altri mostrando un altro volto dell’Europa, quello più accogliente e inclusivo. Le relazioni che si creano a Mitilene e negli altri centri sono pietre miliari per un Mediterraneo che sa riscoprirsi lago che unisce, e non un mare che divide e questo patrimonio andrebbe valorizzato pensando al futuro. 

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