Diritti / Attualità
La società ex Gkn di Firenze ha già venduto lo stabilimento. Ma non lo ha comunicato
Rsu e organizzazioni sindacali hanno scoperto tramite visure camerali che il liquidatore aveva ceduto la fabbrica a marzo 2024 a due società immobiliari che avrebbero numerosi punti in comune con la stessa proprietà di Qf. “La partita è stata fin dall’inizio immobiliare, ecco perché non comincia mai la discussione sulla reindustrializzazione”. La parola, ora, toccherebbe a Regione Toscana e governo
La notizia ha del clamoroso. Il Collettivo di fabbrica ex Gkn ha scoperto, tramite visure camerali, che lo stabilimento di Campi Bisenzio è stato venduto e non fa più capo a Qf, la società di Francesco Borgomeo subentrata al fondo d’investimento Melrose.
La compravendita del complesso immobiliare risalirebbe addirittura al 12 marzo scorso e non sarebbe stata comunicata a nessuna delle parti coinvolte: la Rappresentanza sindacale unitaria (Rsu), le sigle sindacali, il Comune di Campi Bisenzio, la Regione Toscana e il ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Lo stabilimento, dice il Collettivo operaio, è ora “in mano a società immobiliari che sembrano avere numerosi elementi di commistione con la stessa proprietà Qf”. “Che cos’è oggi Gkn? -si chiede la Rsu-, una fabbrica o un complesso immobiliare?”.
Lo stabilimento di via Fratelli Cervi è al centro di una contesa politico-sindacale che coinvolge Qf ma soprattutto il Collettivo di fabbrica e la nascente cooperativa Gff, che da mesi chiedono alla Regione Toscana di acquisirne il controllo attraverso un consorzio industriale pubblico, che poi ne affitterebbe a Gff una porzione per insediarvi le nuove attività previste dal piano cooperativo di reindustrializzazione, volto alla produzione di pannelli solari e cargo bike.
Le visure indicano come acquirenti dello stabilimento due società, Tuscany Industry Srl (Ti) e Sviluppo Immobiliare Toscana Srl (Sit), entrambe legate a Qf e create “forse ‘a scopo’ il 22 settembre 2023 -afferma la Rsu ex Gkn-, con lo stesso amministratore delegato e poco prima che Qf riaprisse i licenziamenti (18 ottobre 2023)”.
“Avevamo previsto tutto -denuncia il Collettivo di fabbrica-, e ora ne abbiamo l’ufficialità: la partita è stata probabilmente sin dall’inizio immobiliare ed è per questo che non comincia mai la discussione sulla reindustrializzazione. Chi invece si è voltato dall’altra parte, l’ha fatto per distrazione o coscientemente?”. Incombono anche altre domande, altri dubbi. La Rsu si chiede per esempio “a che titolo oggi il liquidatore di Qf parli dello stabilimento o vi abbia acceduto finora, in alcuni casi addirittura coinvolgendo le forze dell’ordine”.
Il Collettivo di fabbrica solleva poi dei sospetti sulla tempistica, poiché l’atto di compravendita e la sua registrazione si intersecano, nell’arco di pochi giorni nella primavera scorsa, con incontri ministeriali rinviati all’improvviso, e con l’udienza, prevista per il 20 marzo 2024, davanti al Tribunale del lavoro di Firenze sull’istanza di sequestro conservativo di tutti i beni mobili e immobili della società (e dunque anche dello stabile) proposta da 43 lavoratori Gkn a tutela dei propri crediti.
L’udienza, ricorda il Collettivo, “non si è potuta tenere: due giorni prima il liquidatore Franchi deposita istanza di ricusazione della giudice in questione, motivata da una ‘grave inimicizia della giudice nei confronti della società’. Il 22 marzo la compravendita è trascritta nei registri immobiliari, il bene non è più di Qf ed è definitivamente sottratto alla richiesta di sequestro conservativo. L’istanza di ricusazione mossa verso la giudice verrà mesi dopo giudicata totalmente infondata”.
Fin qui fatti, rivelazioni, ipotesi e sospetti. Un quadro fosco più che nebuloso, per una vicenda nata come progetto di dismissione e delocalizzazione, poi divenuta, grazie all’imprevista lotta operaia e al sostegno della società civile, un caso di scuola sui reali rapporti fra imprenditoria, poteri pubblici e lavoratori, con la prima abituata a dettare legge, i secondi a subire se non assecondare i suoi desiderata, e i terzi oscillanti fra rassegnazione alla sconfitta e volontà di ribellarsi a un destino in apparenza segnato, aprendo scenari nuovi.
Il succo è che siamo di fronte a uno stabilimento conteso: da un lato gli operai in assemblea permanente da oltre tre anni, pronti a insediarvi nuove attività industriali, forti di un business plan da undici milioni di euro di investimenti complessivi (1,3 di azionariato popolare), con oltre cento nuovi posti di lavoro previsti; dall’altro Qf, ma forse anche due società immobiliari spuntate all’improvviso, di cui non si conoscono i progetti, che paiono però votati, appunto, all’ambito immobiliare, non a quello produttivo.
In mezzo gli enti pubblici: la Regione Toscana, chiamata in causa da un “ultimatum” (in scadenza il 15 novembre) di Collettivo di fabbrica e Gff affinché intervenga e renda possibile il progetto di industrializzazione, e il ministero che porta un nome impegnativo -“delle Imprese e del Made in Italy”- ma non è riuscito finora a dare prova, attraverso atti concreti, di volere davvero nuove imprese italiane in una fabbrica abbandonata dalla proprietà (in origine straniera).
Si stanno scoprendo via via tutte le carte e ognuno è chiamato a fare la sua parte. La misteriosa “conversione” immobiliare della ex Gkn, oltretutto, potrebbe addirittura -perché no?- agevolare l’accesso di Gff all’affitto di una parte dello stabilimento. La parola, ora, toccherebbe a Regione Toscana e ministero; per gli operai ex Gkn, intanto, si avvicina la fine del decimo mese senza stipendio.
Lorenzo Guadagnucci è giornalista del “Quotidiano Nazionale”. Per Altreconomia ha scritto, tra gli altri, i libri “Noi della Diaz” e “Parole sporche”.
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