Crisi climatica / Attualità
La proposta del Piano nazionale energia e clima del governo non è all’altezza
L’ultima bozza del Pniec pubblicata il 19 luglio presenta, secondo il think tank ECCO, “importanti limiti”. Non offre un coerente percorso di uscita dai combustibili fossili, è vago sul raggiungimento degli obiettivi rinnovabili ed è superficiale nell’approccio di “neutralità’ tecnologica”. La pagella e le proposte di ECCO per cambiare rotta
Il nuovo Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), così come è stato trasmesso dall’Italia all’Unione europea a luglio di quest’anno, non offre un valido percorso di abbandono dei combustibili fossili, in particolare per quanto riguarda il gas, che sia allineato con gli obiettivi di decarbonizzazione al 2050, non stabilisce obiettivi minimi di installazione di energie rinnovabili in linea con la strategia al 2035 dei Paesi del G7 sull’energia pulita e manca un impianto di governance che renda il Piano uno strumento attuativo ed efficace anche a seguito della sua approvazione. Nonostante sia previsto un programma di monitoraggio del Pniec, questo non comprende un percorso di miglioramento e adeguamento da realizzarsi nel tempo tramite un dialogo con tutti gli attori coinvolti nel Piano.
È la “pagella” di ECCO, il think tank italiano per il clima. “Il quadro di politiche presentato dal Piano appare complesso, ridondante e, in diversi casi, contraddittorio rispetto all’obiettivo -spiegano da ECCO-. È necessaria un’apertura verso un percorso di miglioramento -da sviluppare nei prossimi 12 mesi -’per innalzare ulteriormente il livello di ambizione’. Tale percorso dovrebbe essere realizzato su tutti i settori, comprese tendo conto della finanza, della dimensione sociale e delle ricadute sul tessuto produttivo”.
La precedente versione del Pniec risaliva al 2019 e il suo aggiornamento, oltre a dover tenere conto di eventi come l’invasione russa dell’Ucraina, va adeguato alle nuove ambizioni dell’Unione europea in termini di decarbonizzazione.
Gli impegni italiani andavano riscritti sulla base di un obiettivo di riduzione dei gas serra del 55% al 2030 rispetto al 1990, come ridefinito dalla Commissione europea nell’ambito del “Green Deal”. Inoltre, nel luglio 2021, la Commissione ha presentato un pacchetto, noto come “Fit for 55”, con l’obiettivo di riformare l’insieme di direttive e regolamenti che stabiliscono gli impegni in materia di clima e energia, per poter raggiungere la neutralità climatica al 2050. Infine era necessario correggere i problemi del Pniec 2019.
“La precedente versione del Piano ha mostrato un approccio semplicistico e, per stessa ammissione del governo, eccessivamente ‘ottimistico’ rispetto alla definizione, ma soprattutto, all’attuazione delle politiche energetiche e climatiche. Situazione in parte dovuta anche all’eccezionalità di alcuni eventi esterni, come la pandemia e l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina -continua l’analisi di ECCO-. Di conseguenza, si è dimostrato inadeguato allo scopo. L’Italia, già nel 2021 si è allontanata dagli obiettivi emissivi producendo quasi 11 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente. La mancata conformità agli obiettivi determina l’applicazione di meccanismi di penalità (oltre a procedure di infrazione) con conseguenze sul bilancio dello Stato”.
Sono diversi gli aspetti che secondo il think tank sono da migliorare, a partire dall’ambizione del Pniec. Secondo ECCO “la proposta di Piano del 2023 deve rappresentare un punto di partenza per lo sviluppo di un documento che possa esprimere una visione di decarbonizzazione del Paese e declinare coerentemente le politiche e le misure in un quadro organico, non contraddittorio e innovativo”. Il secondo problema incontrato riguarda l’assenza di un programma di governance che, attraverso uno strumento legale adeguato, permetta un dialogo tra le parti e consenta il monitoraggio, la valutazione e l’aggiornamento del Piano.
Ma la vera bocciatura si ha nella scarsa ambizione nel phase out dei combustibili fossili e nel processo di transizione ecologica, che si riflette su efficienza energetica, rinnovabili e decarbonizzazione dei trasporti, utenze domestiche e industria. In particolare, per quanto riguarda il gas dove il Pniec offre una visione emergenziale e non in linea con i futuri scenari di evoluzione dei prezzi. L’uscita dal carbone è rimandata al 2028 utilizzando come scusa la sicurezza energetica della Sardegna ma senza dare chiarezza sulla strategia di decarbonizzazione dell’isola.
Oltre a mancare di una strategia di phase out dall’energia fossile adeguata agli obiettivi italiani ed europei al 2030 e al 2050, il Piano è carente anche dal punto di vista tecnologico. Nonostante mostri un allineamento alle politiche europee sul net zero, almeno nelle sue premesse, non le sfrutta in modo coerente ed efficace. Ad esempio, non prevede di installare una quantità adeguata di energia eolica offshore, non prevede una diminuzione del numero di veicoli circolante e non incentiva a sufficienza l’abbandono del gas nelle utenze domestiche. Infine, sulla base del presunto principio di neutralità tecnologica (che afferma che tutte le tecnologie utili alla decarbonizzazione devono essere considerate in egual misura) causa un rallentamento della decarbonizzazione del settore industriale, dove trova ampio spazio l’utilizzo di tecnologie onerose e incerte come quelle per la cattura del carbonio, o l’impiego di biocarburanti e carburanti sintetici al posto della mobilità elettrica.
“È però presente la volontà politica per miglioramento, senza dubbio l’elemento più positivo e distintivo di questo Piano. Il vero lavoro inizia adesso -conclude ECCO-. Il Piano deve sapere fare un passo in avanti nell’azione per il clima, mostrando un approccio: innovativo, coraggioso, rigoroso e realistico. Deve inoltre munirsi di meccanismi di controllo e correzione per mettere il Paese nella traiettoria per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e trasformare questa necessità in opportunità di sviluppo del Paese”.
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