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La pioggia di soldi del Pnrr sui Comuni italiani non è una buona notizia

L’efficacia dei progetti passa in secondo piano: l’importante è spendere.E farlo in fretta. Un “bagno di realtà” per i sognatori. La rubrica di Stefano Caserini

Tratto da Altreconomia 250 — Luglio/Agosto 2022
La cattedrale romanica nella piazza principale di Lodi, città dove Stefano Caserini ha svolto per cinque anni il ruolo di consigliere comunale © depositphoto

Negli scorsi cinque anni sono stato consigliere comunale di opposizione, nella città in cui vivo, Lodi. È stato inevitabilmente frustrante, perché con la famigerata riforma Bassanini -che ha legato lo scioglimento del Consiglio comunale alle dimissioni del sindaco- le maggioranze nei Consigli comunali sono quasi sempre blindate, per questioni di sopravvivenza, e le minoranze possono raramente influire (prima o poi qualcuno dovrà aprire una discussione, o almeno un bilancio, sull’impatto di quella riforma sui meccanismi democratici dal basso e la disaffezione dei cittadini dalla politica). 

Ci sono state anche delle soddisfazioni nella mia attività di consigliere comunale, una di queste è stata la vittoria nel famoso “caso mense”, che aveva portato alla discriminazione dei bambini di origine straniera. Ma è stata una faticaccia. Se si cerca di fare seriamente il consigliere comunale, ci vogliono tanto tempo e impegno. È davvero difficile seguire tutto quello che succede, approfondire per esprimere un parere. Una quantità enorme di documenti, file, email. 

Certo, ci sono anche consiglieri fannulloni, che hanno come principale o unica attività l’obbidire alle indicazioni di voto che arrivano via WhatsApp; ma quando si parla di “agire dal basso” si dimentica il lavoro pesante di chi amministra le città, sia dai banchi della maggioranza sia dell’opposizione. Tra continui tagli ai bilanci, una macchina amministrativa difficile da governare, le logiche partitiche che rendono a volte faticoso il confronto sul merito. E sappiamo che la politica non risponde alle regole dell’algebra, non sempre chi semina raccoglie, o almeno non raccoglie sempre quando vorrebbe.

A ogni modo, si impara molto dal lavoro dal basso, nell’attività politica che porta a confrontarsi con i cittadini, con gli assessori, con i dirigenti e funzionari comunali. Si capiscono meglio le inerzie della società e delle amministrazioni, quanto il cambiamento è vincolato da abitudini, burocrazie, leggi e regolamenti a volte ai limiti dell’assurdo. Quanto influiscono i piccoli egoismi, i protagonismi, l’incattivimento diffuso in una società in sofferenza. Per questo gli obiettivi che si è data l’Unione europea sul cambiamento climatico (la neutralità climatica al 2050 e la riduzione aggiuntiva del 30% delle emissioni di gas serra nei prossimi dieci anni) sono qualcosa di sensazionale, che per essere raggiunti richiederebbero un impegno molto superiore a quello che oggi viene messo in campo a tutti i livelli politico-amministrativi.

La durata del mandato di Consiglio comunale è di cinque anni: una cura per chi sogna obiettivi ancora più ambiziosi di quelli già decisi sul cambiamento climatico.

Ad esempio, prendiamo l’obiettivo di rendere più efficienti gli edifici pubblici e fornire loro energia senza i combustibili fossili. Tante strutture, spesso storiche e fatiscenti, da rivoluzionare. Un’azione che richiede tante decisioni e azioni nei diversi livelli amministrativi. Risorse che si fa fatica a trovare. E che quando ci sono bisogna spendere più velocemente possibile. In questo senso i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che stanno cadendo a pioggia sui Comuni sono un esempio di come non si dovrebbe fare. Tempi strettissimi per presentare progetti, selezionati con criteri approssimativi, salvo poi decidere di foraggiare anche quelli più scarsi, inizialmente non finanziati. L’importante è dare la scossa all’economia, mostrare all’Europa che si spendono i soldi. Poco importano criteri di efficienza (è il modo migliore per spendere quei fondi?), o di efficacia (davvero si riusciranno a raggiungere gli obiettivi promessi?). Insomma, chi anche nel mondo ambientalista propone di anticipare gli obiettivi europei, di diventare climate neutral entro il 2040 o anche il 2035, non fa i conti con la realtà.  Un paio d’anni di Consiglio comunale potrebbero aiutare.

Stefano Caserini è docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Sex and the Climate” (peoplepub, 2022)

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