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La pandemia ha prodotto 573 nuovi miliardari: i dati di Oxfam sull’iniquità globale

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In apertura del forum di Davos, l’Ong fa il punto sulle diseguaglianze accentuate dal Covid-19. La ricchezza dei miliardari è pari al 13,9% del Pil mondiale. I 20 più ricchi del Pianeta hanno patrimoni che valgono più del Pil dell’Africa sub-sahariana. Mentre 263 milioni di persone potrebbero finire in condizione di povertà estrema

Da quando è scoppiata la pandemia da Covid-19 la famiglia Cargill -azionista di maggioranza dell’omonima multinazionale attiva nel settore agroalimentare- ha visto la propria ricchezza crescere in maniera esponenziale: nel 2021 la società, infatti, ha fatto registrare un utile netto di cinque miliardi di dollari (il più alto nella sua storia), proventi che sono finiti in larga parte nelle tasche dei membri della famiglia, la cui ricchezza complessiva -secondo la rivista Forbes– è pari 42,9 miliardi di dollari, in crescita del 65% rispetto al 2020. “La famiglia Cargill conta ora 12 miliardari, rispetto agli otto di prima della pandemia”, scrive Oxfam nella presentazione del rapporto “Profiting from pain”, che l’Ong ha pubblicato in occasione dell’apertura del meeting annuale del World economic forum che si svolge a Davos, in Svizzera.

Secondo le stime di Oxfam, che ogni anno monitora il livello di diseguaglianza globale, la pandemia ha prodotto 573 nuovi miliardari, uno ogni 30 ore. Mentre sull’estremo opposto della scala si collocano 263 milioni di persone che potrebbero finire in condizioni di povertà estrema nel corso del 2022. “La marcata concentrazione della ricchezza e di potere economico nelle mani di pochi è il risultato di politiche di lungo corso, di decenni di liberalizzazioni e deregolamentazione della finanza e del mercato del lavoro, di anni in cui le regole del gioco sono state fortemente condizionate da interessi particolari a detrimento della maggioranza dei cittadini”, ha detto Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International.

La ricchezza globale, infatti, è sempre più concentrata nelle mani di poche migliaia di individui: per la precisione 2.668 uomini e donne, che possiedono una ricchezza netta pari a 12.700 miliardi di dollari (con un incremento di oltre 3.780 miliardi di dollari negli anni della pandemia da Covid-19) pari al 13,9% del Prodotto interno lordo mondiale, una quota più che quadruplicata rispetto al 4,4% del 2000. “I venti miliardari più ricchi al mondo -ricorda Oxfam- hanno patrimoni che valgono più dell’intero Pil dell’Africa sub-sahariana. Quelli dei primi dieci valgono quanto le ricchezze del 40% più povero della popolazione del Pianeta”.

Persone come Nellie Kumambala, insegnante elementare che vive nella città di Lumbadzi in Malawi con il marito, i due figli e l’anziana madre. Come tanti abitanti del Paese africano per lei portare il cibo in tavola sta diventando sempre più difficile: “I prezzi sono cresciuti moltissimo. Un mese fa l’olio per cucinare costava 2.600 kwacha (14 centesimi di euro) adesso è 7.500 -racconta-. Ieri sono andata al negozio per comprarlo ma non ho potuto farlo, non avevo abbastanza soldi. Ogni giorno mi chiedo come farò a sfamare la mia famiglia”.

Il report di Oxfam si concentra in particolare sulle imprese nei settori energetico, alimentare e farmaceutico -caratterizzati da situazioni di forte monopolio- che registrano profitti da record mentre i salari rimangono stagnanti e i lavoratori sono esposti ad aumenti esorbitanti dei prezzi del cibo e dell’energia. Nel corso del 2021, infatti, il costo delle derrate alimentari è aumentato del 33,6% e le previsioni indicano un ulteriore crescita del 23% nel 2022. Mentre milioni di persone lottano -letteralmente- per non morire di fame nel mondo, ci sono 62 miliardari in più che hanno costruito le proprie fortune negli anni della pandemia grazie al commercio del cibo (tra cui quattro membri della citata famiglia Cargill).

Le stime di Oxfam sono allarmanti: quest’anno 263 milioni di persone potrebbero cadere nella povertà estrema, ampliando ancora di più la forbice della diseguaglianza globale. A questo si sommano l’aumento dell’inflazione che riduce ulteriormente il potere d’acquisto dei salari dei lavoratori, il peso del debito estero che schiaccia decine di Paesi impoveriti e il rischio che i prezzi alle stelle dei prodotti alimentari possano innescare dissesti sociali e politici.

Anche le multinazionali dell’oil&gas hanno fatto affari d’oro durante la pandemia: i prezzi di petrolio e gas sono cresciuti, rispettivamente, del 53% e del 148% negli ultimi dodici mesi, facendo aumentare i profitti del settore del 45%. British Petroleum, Shell, Total Energies, Exxon e Chevron hanno realizzato un profitto pari a 82 miliardi di dollari nel 2021. Nuovi miliardari sono “spuntati” anche nel settore farmaceutico: 40 per la precisione. “Imprese come Moderna e Pfizer hanno realizzato 1.000 dollari di profitto al secondo grazie al solo vaccino Covid-19 -denuncia Oxfam-. E nonostante abbiano usufruito di ingenti risorse pubbliche per il suo sviluppo, fanno pagare ai governi le dosi fino a 24 volte in più rispetto al costo di produzione stimato. Anteponendo gli utili alla tutela della salute globale in un mondo in cui l’87% dei cittadini nei Paesi a basso reddito non ha ancora completato il ciclo vaccinale”.

A fronte di questa situazione, Oxfam raccomanda ai governi di intervenire per porre fine all’apartheid vaccinale sospendendo i brevetti, favorendo la condivisione di know-how e tecnologia sui vaccini Covid-19, redistribuendo immediatamente ed equamente le dosi esistenti e mantenendo le promesse di donazione fatte, secondo un calendario concordato che consenta l’implementazione di un’efficace campagna vaccinale nei Paesi a basso reddito. L’organizzazione chiede inoltre di introdurre imposte straordinarie sugli extra-profitti pandemici (e su quelli delle compagnie energetiche) per finanziare trasferimenti pubblici alle famiglie in difficoltà; accanto a simili interventi solidaristici va inoltre assicurato un serio riequilibrio dei carichi fiscali con un marcato spostamento del carico impositivo dai redditi da lavoro a quelli da capitale, rafforzata la funzione redistributiva dei sistemi fiscali e perseguito il rispetto del principio di equità orizzontale.

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