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La grande rapina sul prezzo dei vaccini anti-Covid-19
Un’analisi condotta dalla “People’s Vaccine Alliance” stima un costo medio di produzione del siero anti-Covid-19 di Moderna e Pfizer/BioNTech di poco superiore ai due dollari. Ma le due aziende vendono le dosi a prezzi anche 24 volte superiori il costo di produzione. Drenando le risorse pubbliche nei Paesi ricchi e limitando l’accesso ai vaccini in quelli più poveri
“The Great Vaccine Robbery”. Ovvero la grande rapina dei vaccini. Con queste parole la “People’s vaccine alliance” (di cui fanno parte anche Oxfam Italia ed Emergency) ha denunciato le politiche di prezzo attuate da Pfizer/BioNTech e Moderna: i vaccini anti-Covid-19 prodotti dai due consorzi farmaceutici, infatti, sarebbero stati venduti a prezzi esorbitanti agli Stati, che potrebbero pagare 41 miliardi di dollari in più nel 2021 rispetto al costo di produzione dei vaccini, stimato tra 1,18 e 2,85 dollari. E nonostante 8,2 miliardi di finanziamenti pubblici ricevuti dalle due aziende.
Per assicurarsi adeguate forniture di questi due vaccini, solo l’Italia avrebbe speso fino a oggi 4,1 miliardi di euro in più. Risorse che -sottolineano Oxfam ed Emergency- avrebbero potuto essere investite per rafforzare il Servizio sanitario nazionale consentendo, ad esempio, di allestire 40mila nuovi posti in terapia intensiva oppure di assumere 49mila nuovi medici. Anche il Regno Unito avrebbe pagato 1,8 miliardi di sterline in più, mentre la Germania avrebbe potuto risparmiare 5,7 miliardi di euro (cifra che avrebbe consentito di assumere 100mila nuovi operatori sanitari). Secondo le stime contenute nel report, il costo necessario a livello globale per somministrare i vaccini contro il Covid-19 potrebbe essere “almeno cinque volte più basso se le case farmaceutiche non approfittassero del loro monopolio”.
Questa stima si basa su nuove analisi delle tecniche di produzione dei vaccini di tipo rMNA messi in commercio da Pfizer/BioNTech e Moderna, realizzate da Public Citizen con ingegneri dell’Imperial College e pubblicate nel rapporto. In base a questi dati, la “People’s vaccine alliance” stima che i due vaccini potrebbero essere realizzati, in media, con un costo che varia da appena 1,18 a 2,85 dollari a dose.
A fronte di questi costi di produzione, il programma internazionale Covax (che ha come obiettivo l’accesso equo ai vaccini anti-Covid-19 per i Paesi a basso reddito) paga in media un prezzo che è cinque volte superiore. Mentre i governi stanno pagando un prezzo che è tra le quattro e le 24 volte superiore al costo di produzione. L’Unione africana, ad esempio, ha versato a Pfizer/BioNTech 6,75 dollari a dose (quasi sei volte di più rispetto al costo stimato di produzione) mentre Israele ha pagato 28 dollari a dose: quasi 24 volte il costo di produzione. Moderna -che ha potuto contare su importanti risorse pubbliche- ha fatto pagare il proprio siero tra le quattro e le 13 volte in più rispetto al costo di produzione. Il prezzo più basso: 12-16,50 dollari a dose pagato dal governo degli Stati Uniti. Mentre la cifra riferita alla Colombia è di 30 dollari a dose e il Sudafrica avrebbe rifiutato un’offerta al prezzo di 42 dollari a dose. “Le prove raccolte e analizzate dalla ‘People’s Vaccine Alliance’ indicano chiaramente che i prezzi dei vaccini contro il Covid-19 sono ingiustificatamente alti -si legge nel report-. I governi stanno pagando più di quanto dovrebbero e questo significa che gli amministratori delegati e gli shareholders di queste aziende stanno inutilmente prosciugando i limitati bilanci interni”.
Non è poi un caso che, nonostante l’aumento del numero di contagi e di morti in molti Paesi in via di sviluppo Pfizer/BioNTech e Moderna abbiano venduto il 90% delle fiale proprio ai Paesi più ricchi, gli unici in grado di poter pagare il prezzo richiesto. Mentre meno dell’1% della popolazione che vive in Paesi a basso reddito -che non hanno le risorse per strapagare le dosi- è stata vaccinata.
“La scarsità mondiale di vaccini è una diretta conseguenza del sostegno dei Paesi ricchi ai monopoli delle aziende farmaceutiche, che ad oggi non hanno fatto nessun reale passo avanti per la condivisione di tecnologie, know-how e brevetti con i tanti produttori che nei Paesi in via di sviluppo potrebbero garantirne l’abbassamento dei prezzi e l’incremento nella produzione mondiale -commentano Sara Albiani, policy advisor per la salute globale di Oxfam Italia e Rossella Miccio, presidente di Emergency-. L’unico primo, timido ma insufficiente, passo in avanti è stato fatto da Pfizer/BioNTech pochi giorni fa, per consentire la produzione di 100 milioni di dosi in Sudafrica. La prima dose però sarà disponibile solo nel 2022, mentre in Africa si continua a morire”.
Emergency e Oxfam non risparmiano critiche nemmeno al meccanismo Covax, l’iniziativa che dovrebbe consentire l’accesso ai vaccini a un prezzo equo ai Paesi in via di sviluppo, ma che invece ha pagato le dosi a una cifra cinque volte superiore al costo di produzione. Secondo le stime della “People’s vaccine alliance”, infatti, i soldi spesi fino ad oggi dal Covax sarebbero stati sufficienti a garantire un ciclo di vaccinazione completa ad ogni persona nei Paesi a basso e medio reddito, se i prezzi garantiti fossero stati equi e a fronte di un’offerta sufficiente di dosi. Al contrario, nella migliore delle ipotesi, con il Covax sarà vaccinato appena il 23% della popolazione dei Paesi in via di sviluppo entro la fine del 2021 .
“Se tutti i governi non spingeranno per la condivisione dei brevetti e il trasferimento delle tecnologie necessarie a consentire di aumentare la produzione mondiale di vaccini, ancora innumerevoli vite andranno perse -concludono Albiani e Miccio-. Consentire ai Paesi in via di sviluppo di produrre i propri vaccini è il modo più rapido e sicuro per aumentare l’offerta e ridurre drasticamente i prezzi. Quando questo è stato fatto per il trattamento dell’HIV, i prezzi sono diminuiti del 99%. Una proposta per arrivarci esiste ed è sostenuta da oltre cento Paesi tra cui Stati Uniti, Francia, India e Sud Africa; mentre Germania, Regno Unito e Unione Europea si sono più volte opposti, con l’Italia che continua a non assumere una posizione chiara e si accoda alle decisioni dell’UE. Per questo rilanciamo ancora una volta con forza un appello urgente perché si arrivi il prima possibile ad una sua approvazione in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio, che si sta riunendo proprio questa settimana per discuterne”.
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