Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Finanza / Opinioni

La finanza che si alimenta delle crisi e la riforma del Meccanismo europeo di stabilità

© Mariia Shalabaieva - Unsplash

Il Mes dà la possibilità ai grandi fondi di determinare le sorti del debito di un Paese, e di tutti i suoi sottoscrittori, piccoli risparmiatori compresi, possedendone solo una parte. Al tempo stesso, la possibilità di operare vendite allo scoperto dei titoli di quel debito consente allo speculatore giganteschi profitti. L’analisi di Alessandro Volpi

Ormai il termine “mercato” si applica a operazioni che non sono altro che gigantesche speculazioni. Un caso tipico è quello dei Non performing loans (Npl), cioè i crediti deteriorati che vengono ceduti dalle banche a fondi hedge, quindi dichiaratamente speculativi, a prezzi stracciatissimi. Spesso tali crediti, che possono contenere anche beni immobiliari in ipoteca, vengono acquistati al 10-15% del loro valore. Una volta che il fondo hedge li ha comprati avvia le procedure di recupero del credito ma intanto lo cartolarizza, emette cioè titoli sul valore del credito acquistato. Si genera così un “mercato” dei crediti deteriorati che, solo in Europa, è stimato non lontano dai 900 miliardi di euro.

I fondi hedge traggono laute “commissioni” da queste compravendite che abbinano al commercio di aziende in difficoltà dove operano massicci licenziamenti per cederle a prezzi più alti. In questo modo trasformano ogni crisi dell’economia reale in una fantastica opportunità di lucrare, puntando sulla debolezza dei debitori e sulla volontà delle banche e delle assicurazioni di liquidare i propri crediti, magari appoggiandosi a fondi a loro molto vicini.

In estrema sintesi, esiste una vera e propria finanza che si alimenta, in primis, delle crisi e, troppo spesso, delle tragedie sociali. Nella stessa direzione si muove la riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) che prevede il single limb, la procedura per cui basterebbe il voto espresso da parte dei creditori in possesso di una singola partita di titoli del debito di uno Stato per estendere le relative decisioni di ristrutturazione all’intero ammontare delle emissioni dello stesso tipo di debito pubblico. In pratica la ristrutturazione del debito, quindi il mancato rimborso dei creditori e la credibilità del debito sovrano, dipende soltanto da una parte dei suoi compratori. Questa possibilità potrebbe essere devastante per il debito degli Stati che utilizzassero il Mes, fornendo invece una straordinaria arma agli speculatori.

Per capire meglio la portata della pericolosità provo a spiegare che cosa potrebbe succedere. Un grande fondo finanziario, scommettendo sulle debolezze della situazione finanziaria di un Paese che ricorre al Mes, potrebbe acquistare una partita di titoli con l’idea di utilizzare la regola del single limb. Contemporaneamente il medesimo fondo potrebbe vendere allo scoperto una quantità maggiore di titoli di quel debito, per i quali non deve disporre della liquidità proprio perché opera allo scoperto. Quando il Paese in questione dovrà procedere alla ristrutturazione del proprio debito in difficoltà, il fondo voterà a favore di un rimborso più limitato, subendo le relative perdite. Ma in compenso guadagnerà molto di più sulle vendite allo scoperto con cui ha scommesso sul disastro del debito del Paese.

In altre parole, il Mes offre la possibilità ai fondi finanziari di determinare le sorti del debito di un Paese, e di tutti i suoi sottoscrittori, piccoli risparmiatori compresi, possedendo solo una parte di esso. Al tempo stesso, la possibilità di operare vendite allo scoperto dei titoli del medesimo debito consente allo speculatore giganteschi profitti. Un meccanismo che ricorda molto le operazioni di George Soros contro la lira del 1992. I titoli del debito ristrutturato potrebbero poi finire nel mercato secondario dei crediti incagliati ed essere, nuovamente, oggetto di speculazione. Sembra davvero impossibile ma è così.

Un’ultima notazione a proposito della riforma del Mes. Le banche italiane sono sovracapitalizzate, hanno cioè più capitale di quanto servirebbe. Lo ha dichiarato il pagatissimo amministratore di Unicredit, Andrea Orcel, sostenendo che per la sua banca si tratta di oltre dieci miliardi di euro. Con queste risorse è probabile, ha affermato lo stesso Orcel, che la banca ricomprerà le proprie azioni e dunque lieviterà in Borsa. Naturalmente per aiutare le banche, o meglio il loro fondo di garanzia, serve il Mes e altrettanto naturalmente è bene non parlare di imposte sui profitti perché è sconveniente. I miei auguri per il 2024 sono quelli di sentire, finalmente, un linguaggio che sappia scegliere fra la Borsa e la vita. 

Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati