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Crisi climatica / Approfondimento

La crisi climatica trova spazio in meno dell’1% delle notizie trasmesse dai Tg italiani

© Nabil Saleh - Unsplash

La più grave emergenza socio-ambientale della nostra epoca è praticamente assente dalle edizioni serali dei principali telegiornali ed è ignorata anche dai programmi di approfondimento. È quanto emerge da un nuovo studio pubblicato da Greenpeace Italia e realizzato dall’Osservatorio di Pavia

La crisi climatica non trova spazio nelle edizioni serali dei principali telegiornali italiani -che dedicano a questa emergenza meno dell’1% delle notizie trasmesse- e viene sostanzialmente ignorata anche dai programmi di approfondimento. È quanto emerge dallo studio promosso da Greenpeace Italia e realizzato dall’Osservatorio di Pavia che, dopo aver analizzato la copertura data dai principali quotidiani alla crisi climatica, ha preso in esame lo spazio dedicato a questi temi dalle principali emittenti televisive italiane nell’ambito della campagna “Stranger green”.

La ricerca ha esaminato tutte le edizioni di prima serata dei Tg andati in onda su Rai, Mediaset e La7, oltre a un campione di sei trasmissioni televisive di approfondimento (Unomattina e Cartabianca per la Rai, Mattino 5 news e Quarta Repubblica per Mediaset, L’Aria che tira e Otto e mezzo per La7) per un periodo di quattro mesi, tra il primo gennaio e il 30 aprile 2022. Su un totale di oltre 14mila notizie trasmesse dai sette programmi analizzati solo 96 hanno trattato la crisi climatica (appena lo 0,7% del totale), persino le testate più attente al riscaldamento del Pianeta, cioè il Tg5, il Tg1 e il Tg3, non hanno trasmesso più di sei servizi al mese esplicitamente dedicati alla crisi climatica. Fanalini di coda il Tg La7 e il Tg4, che in media hanno parlato di cambiamenti climatici appena una volta ogni due mesi.

Stessa situazione per quanto riguarda le trasmissioni di approfondimento televisivo: su un totale di 388 puntate analizzate solo 24 (il 6% del totale) ha riguardato le tematiche dei cambiamenti climatici. I programmi più “virtuosi” sono stati quelli trasmessi sui canali della Rai: Cartabianca ha affrontato l’argomento in un terzo delle puntate trasmesse occupandosene sempre in modo esplicito, mente Unomattina è la trasmissione con il maggior coverage complessivo, con un totale di 12 puntate. In fondo alla classifica, invece, i format di La7: L’Aria che tira non ha mai parlato della crisi climatica, mentre Otto e mezzo lo ha fatto solo in una occasione e in modo implicito. “Questo studio evidenzia come la crisi climatica non sia ancora riuscita a farsi strada in televisione, che resta il principale mezzo di informazione per la maggioranza degli italiani”, commenta Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia.

L’analisi ha riguardato anche il modo in cui viene inquadrata la crisi climatica, in particolare per come sono descritte le sue conseguenze e l’attribuzione delle cause. Nella maggior parte dei casi le notizie collegate al clima riguardano eventi estremi o fenomeni naturali e si riferiscono a un contesto prevalentemente internazionale e ambientalista. Se nel 61,9% delle notizie si denunciano le conseguenze della crisi climatica, in 50 casi su 62 le conseguenze menzionate sono principalmente di natura ambientale mentre le ripercussioni su economia, salute e società sono state al centro della notizia meno di 12 volte. Anche nei programmi di approfondimento la crisi climatica viene inquadrata come problema ambientale e trattata a partire da notizie riguardanti eventi naturali.

Lo studio approfondisce anche il modo in cui vengono esposte le cause del cambiamento climatico. Nei telegiornali i combustibili fossili sono menzionati raramente e solo nel 10% dei casi sono indicati come una causa della crisi climatica mentre in nessun caso il cambiamento climatico è stato messo in relazione alle aziende fossili. Diverso invece è il caso dei programmi di approfondimento dove la metà delle puntate ha trattato delle cause del cambiamento climatico e ha indicato quasi sempre l’utilizzo di combustibili fossili come il maggiore responsabile.

I risultati ottenuti da Greenpeace sono in linea con quelli ottenuti dalla precedente ricerca effettuata sui cinque principali quotidiani italiani, ma con alcune piccole differenze: mentre sui quotidiani la crisi climatica viene raccontata principalmente come problema economico, sulle televisioni viene vista come una tematica ambientale. La questione di fondo, però, è la stessa: non viene evidenziato il legame tra le emissioni di gas climalteranti e il ruolo delle industrie fossili e di quelle maggiormente responsabili delle emissioni di gas climalteranti. Infine, il fenomeno del greenwashing non viene mai menzionato né dai telegiornali né dalle trasmissioni di approfondimento.

“La scarsa attenzione dei principali telegiornali e delle trasmissioni televisive di approfondimento conferma quanto già avevamo riscontrato sulla stampa: il riscaldamento del Pianeta trova poco spazio nell’agenda mediatica e politica, impedendo ai cittadini di percepire la gravità della minaccia e ritardando gli interventi di cui avremmo urgente bisogno per evitare gli scenari peggiori del riscaldamento globale -continua Sturloni-. La siccità, le ondate di calore e gli incendi che stiamo vivendo mostrano che non c’è più tempo: se non vogliamo bruciare insieme al Pianeta, dobbiamo smettere di nascondere la testa sotto la sabbia e augurarci che la crisi climatica trovi più spazio in tv e nei programmi elettorali delle prossime elezioni politiche”.

Per fermare la negativa influenza delle aziende sull’informazione Greenpeace sostiene insieme a più di trenta organizzazioni internazionali un’Iniziativa dei cittadini europei (Ice) di cui abbiamo scritto su Altreconomia a fine 2021. Se entro ottobre 2022 la petizione “Stop alla pubblicità delle aziende inquinanti” raggiungerà il traguardo di un milione di firme raccolte, la Commissione europea sarà obbligata a discutere una proposta di legge per mettere fine alla propaganda ingannevole delle aziende inquinanti che alimentano la crisi climatica. Anche in Italia.

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