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La Casa delle Culture, un punto d’incontro nel cuore di Scicli

Il salone della Casa delle Culture, nata come centro di accoglienza per minori, dal 2017 ospita rifugiati giunti in Italia tramite corridoi umanitari © Archivio Casa delle Culture

La struttura è stata aperta nel 2015, con le risorse della Chiesa Valdese, per accogliere i minori sbarcati sulle coste siciliane. Oggi il centro, aperto a tutti i cittadini, ospita tre progetti dedicati all’integrazione e al dialogo

Tratto da Altreconomia 263 — Ottobre 2023

Nel 2014, dopo aver aperto uno sportello a Lampedusa, ogni volta che tornavamo dall’isola sentivamo di non aver fatto abbastanza. Soprattutto per i minori, che ricevevano un’accoglienza inaccettabile. Da quel desiderio è nata la Casa delle Culture che oggi può accogliere fino a 50 persone”. Non nasconde la soddisfazione Giovanna Scifo, responsabile del progetto promosso da Mediterranean hope, programma per rifugiati e persone in transito della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), seduta nel grande salone di un palazzo di Scicli, in provincia di Ragusa, a due passi dal centro della splendida cittadina siciliana.

“Siamo nel salotto della città”, sottolinea orgogliosa Scifo per cui il luogo in cui si trova la Casa è significativo tanto quanto l’attività che svolge. “Non volevamo aprire il centro in un angolo remoto, nascosti da tutti, ma ben visibili in modo che per gli abitanti l’incontro con le persone accolte divenisse quotidiano”, concorda Gerardo Filippini, operatore della comunità.

Nel 2015, quando si è deciso di aprire la struttura, il ritornello più ripetuto tra le vie cittadine era: “Ma proprio qui, in centro?”. Anche chi era più propenso ad avere un servizio di sostegno per le persone straniere che sbarcavano sulle coste siciliane non era d’accordo nel posizionare quella struttura così vicina al cuore della cittadina. “C’è stata anche una raccolta firme per impedirci di iniziare l’attività, ma abbiamo tirato dritto -racconta Scifo-. A seguito dell’accoglienza di 33 minori, arrivati subito dopo lo sbarco, le persone hanno cominciato a vedere i ragazzi, incontrarli, magari i figli condividevano con loro i banchi di scuola. Il 31 dicembre di quell’anno abbiamo organizzato una festa di capodanno nel nostro salone e c’erano 300 persone. Compresi alcuni dei firmatari della petizione”. Un incontro che, anno dopo anno, è diventato sempre più quotidiano. Presentazioni di libri, doposcuola con bambini, cene etniche, feste, corsi di italiano: Casa delle Culture è diventata un punto di riferimento per tutta la città.

Oggi il grande salone ospita, infatti, tre progetti finalizzati all’integrazione, al dialogo e allo scambio interculturale. Con la Caritas di Noto, bambini e bambine tra i sei e i dieci anni vengono coinvolti in un percorso di educazione sostenibile; dalla pandemia da Covid-19 in poi, invece, all’interno della struttura ha aperto uno sportello sociale di orientamento ai servizi, dedicato sia a chi è accolto sia alla cittadinanza in generale. Infine, dall’aprile 2020 Casa delle Culture è tra i promotori del “Patto di solidarietà diffusa”, un tentativo concreto di fare rete tra le realtà del Terzo settore presenti sul territorio con l’obiettivo di migliorare l’efficacia delle azioni di ognuna.

Giovanna Scifo, responsabile del progetto promosso da Mediterranean Hope © Luca Rondi

Da un lato, quindi, sono cresciute le attività rivolte al territorio, dall’altro sono cambiate nel frattempo anche le persone accolte. Inizialmente, come detto, venivano inseriti in struttura i minori stranieri non accompagnati appena sbarcati: la struttura veniva usata come “ponte” in attesa dell’inserimento vero e proprio in comunità, anche per evitare la permanenza dei giovanissimi nell’affollato hotspot di Pozzallo, a venti chilometri da Scicli. A questi si aggiungono donne sole e incinte, oltre a nuclei familiari con particolari esigenze sanitarie. Dal 2017 in avanti, invece, Casa delle Culture ha cominciato ad accogliere rifugiati arrivati in Italia attraverso i corridoi umanitari: la disponibilità copre 40 o 50 posti ma varia a seconda di chi viene ospitato.

“A oggi abbiamo più di 30 persone inserite in strutture, di cui cinque nuclei famigliari e 14 adulti singoli suddivisi in sei appartamenti più grandi e tre più piccoli -racconta Filippini-. Arrivano sia dal Libano, soprattutto siriani, sia dalla Libia, principalmente sudanesi, eritrei e somali”. Un’accoglienza diversa, rispetto a quella dei minori. “Tra le tante differenze, purtroppo, anche quella del viaggio. Chi arriva senza dover rischiare la vita in mare ha un trauma in meno da affrontare. E già sono tanti”, osserva Scifo.

Pur modificandosi la “tipologia” delle accoglienze, quella che non è mai cambiata è stata la filosofia alla base di questi percorsi: Casa delle Culture si sostiene interamente attraverso i fondi della Federazione, principalmente l’otto per mille della Chiesa Valdese, senza alcun finanziamento pubblico. “Una difficoltà, una sfida, perché le spese da sostenere sono tante, ma abbiamo anche la libertà per dare alle persone il giusto tempo per raggiungere la propria autonomia e proseguire il loro percorso senza i tempi prestabiliti e stringenti dell’accoglienza istituzionale e avere la possibilità di non abbandonare nessuno è fondamentale”, sottolinea Filippini.

A destra dell’ingresso un arazzo da quasi dieci metri quadrati occupa tutta la parete. Si chiama “Ex-emergo/” ed è un’opera d’arte realizzata nel settembre 2019 da Monica Simeone, artista e psicoterapeuta, che per due mesi ha fatto incontrare gli ospiti della struttura -grandi e piccoli- con tutti gli abitanti della comunità. Insieme hanno cucito le loro storie e i desideri per il futuro su sacchi di plastica riciclati legati insieme dalle donne accolte in struttura. La festa conclusiva ha visto l’arazzo issato in posizione verticale, sul mare.

“Portare alla luce, a galla” è uno dei significati di questa opera che accoglie ogni persona che entra nel grande salone di Casa delle Culture. “Speriamo che sia sempre di più segno di un incontro possibile -sottolinea Scifo-. Una storia che si ripete: a due passi da qui, mentre parliamo (a fine luglio, ndr), come nel 2015, l’hotspot di Pozzallo è di nuovo in emergenza e le risposte delle istituzioni non sono sufficienti. Casa delle Culture è anche segno di denuncia verso l’indifferenza in cui, spesso, ci ritroviamo immersi”

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