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Diritti / Attualità

La campagna BDS vince in tribunale. “È libertà di espressione”

L’11 giugno 2020 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito all’unanimità che la condanna penale dei sostenitori del boicottaggio di Israele, da parte della Corte suprema francese, viola l’articolo relativo alla libertà d’espressione della Convenzione europea dei diritti umani © bdsmovement.net

La campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni a tutela dei diritti dei palestinesi è una spina nel fianco per i governi di Israele. In Germania il Comune di Monaco ha tentato di silenziarla ma è stato censurato dalla Corte federale

Tratto da Altreconomia 248 — Maggio 2022

Adri Nieuwhof è una di quelle persone che dedica la vita a battersi per i diritti umani. Attivista basata in Olanda, per anni ha lottato contro l’apartheid presso l’Holland committee on southern Africa. Ed è tra coloro che hanno criticato la decisione del Comune di Monaco di Baviera in Germania, ottenendo -il 20 gennaio 2022- una vittoria che potrebbe travalicare anche i confini tedeschi. “È una vittoria importante per il diritto alla libertà di parola in Germania -spiega Adri-. Nel 2017, il Consiglio comunale di Monaco di Baviera aveva infatti adottato una risoluzione anti-BDS che vietava il finanziamento pubblico e la concessione di spazi per dibattiti sulla campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni per i diritti dei palestinesi. Un gruppo di attivisti di Monaco, supportati anche dall’estero, ha fatto ricorso ritenendo la decisione dell’amministrazione della città una violazione della libertà di parola. E la Corte federale gli ha dato ragione, affermando che la legge tedesca ‘garantisce a tutti il diritto di esprimere e diffondere liberamente la propria opinione’. Una risoluzione comunale anti-BDS non è legalmente vincolante e usarla per limitare i diritti costituzionalmente protetti è illegittima”.

“La Corte federale ha chiarito che la città di Monaco ha violato il diritto al dibattito negando il permesso di utilizzare il locale pubblico a causa della ‘prevista espressione di opinioni sulla campagna BDS o sui suoi contenuti, obiettivi e argomenti’, come ha fatto nel 2019 il Parlamento tedesco, che ha adottato un’analoga risoluzione anti-BDS che esorta le istituzioni e gli enti pubblici tedeschi a negare finanziamenti e strutture ai gruppi che sostengono il movimento. La decisione del tribunale tedesco è in linea con la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 2020, che ha annullato le condanne penali contro 11 attivisti per i diritti palestinesi in Francia -spiega Adri-. La Corte ha stabilito all’unanimità che invitare gli acquirenti a boicottare le merci israeliane è un diritto protetto dalla garanzia della libertà di espressione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e gli Stati membri dell’Ue sono vincolati dal diritto comunitario, ma nonostante questo obbligo alcuni governi, per esempio quello tedesco e quello austriaco, hanno violato questo principio. La sentenza della corte tedesca è un passo nella giusta direzione”.

La campagna BDS, da anni, è una spina nel fianco del governo israeliano, al punto da diventare la causa della maggioranza dei respingimenti alla frontiera d’Israele per attivisti e membri di organizzazioni internazionali. Il boicottaggio economico di imprese connesse all’occupazione dei territori palestinesi può danneggiare l’economia dell’occupazione come i bilanci delle aziende che non guardano al rispetto dei diritti umani per il business. In un momento storico dove troppo spesso la questione palestinese finisce ai margini delle cronache e delle attività diplomatiche internazionali, la campagna BDS è stata anche un modo per tenere viva l’attenzione sulle condizioni di vita dei palestinesi. Grazie all’impegno di persone come Adri.

“Sostengo attivamente la lotta del popolo palestinese per la libertà, la giustizia e l’uguaglianza da quasi 20 anni. Prima, dal 1978 al 1991, ho sostenuto il movimento di liberazione sudafricano African national congress (anc1912.org.za) nella sua lotta contro l’apartheid -racconta l’attivista olandese-. All’inizio di questo secolo, degli amici mi hanno contattata per un brainstorming sulla rilevanza delle lezioni della lotta anti-apartheid per la causa palestinese. Ho visto opportunità di cooperazione con gli attivisti palestinesi e di condividere la mia esperienza con le campagne di boicottaggio. Da allora sono stata coinvolta. Proprio come nel caso del Sudafrica dell’apartheid, la denuncia pubblica dei crimini di Israele, compresi quelli di guerra, danneggerà l’immagine positiva che Israele vuole vendere al mondo. Il Paese potrebbe alla fine diventare meno attraente per gli investitori, le imprese, l’industria del turismo e altri settori. Il movimento BDS offre uno strumento alle organizzazioni, ai politici e ai cittadini coscienziosi per ritenere Israele e i suoi alleati responsabili dei crimini commessi contro il popolo palestinese”. Il tema dell’apartheid, usato nei confronti d’Israele, è sempre stato un elemento che ha scatenato i sostenitori delle politiche del governo israeliano contro i palestinesi, che accusano gli attivisti di antisemitismo. Per Adri, invece, che di apartheid se ne intende, è fondamentale.

“Come in Sudafrica, vogliamo raccontare i crimini di guerra per danneggiare l’immagine positiva che Israele vuole vendere al mondo” – Adri Nieuwhof

“L’apartheid è un crimine contro l’umanità e non è legato solo al contesto del Sudafrica. Si applica a qualsiasi situazione in cui si possono distinguere due gruppi razziali e in cui vengono commessi ‘atti inumani’ contro il gruppo subordinato -chiarisce Adri-. Questi atti sono sistematicamente commessi nel contesto di un regime istituzionalizzato di dominazione di un gruppo sull’altro. La Convenzione sull’apartheid (siglata a New York il 4 gennaio 1969, ndr) ha definito quali atti inumani sono punibili. L’argomento dei sostenitori di Israele che non si può usare il paragone dell’apartheid è privo di senso. Non stiamo parlando di un confronto, stiamo parlando di un crimine che è punibile secondo il diritto internazionale. Dal 2004 al 2006, ho viaggiato diverse volte con il mio amico e collega sudafricano Bangani Ngeleza nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est, e in Israele. Abbiamo ascoltato ciò che i palestinesi ci hanno detto. Entrambi abbiamo concluso che le somiglianze con l’apartheid sono impressionanti. Numerosi veterani sudafricani anti-apartheid che hanno visitato la Palestina hanno sottolineato che la situazione è peggiore per i palestinesi. Oggi, organizzazioni per i diritti umani rispettate a livello internazionale, come B’Tselem con sede in Israele, Human rights watch e Amnesty International hanno riconosciuto il trattamento dei palestinesi da parte di Israele come un sistema di apartheid”.

Nell’aprile 2015 la multinazionale francese Veolia ha concluso le sue attività in Israele dopo che la campagna BDS ha denunciato il suo ruolo nella colonizzazione israeliana dei territori palestinesi © bdsmovement.net

Una lotta per informare e lavorare sulla coscienza dei cittadini che, in un momento storico nel quale le grandi organizzazioni politiche del passato sono in crisi, è anche uno strumento semplice per le persone che vogliono esprimere il loro dissenso attraverso un consumo critico. “Il movimento BDS guidato dai palestinesi è un movimento di base -continua Adri- in generale i media tradizionali non sono interessati a raccontare le azioni quotidiane di questi movimenti. Ma possiamo usare i social media per far circolare le informazioni. Per esempio ho potuto fornire informazioni sulle violazioni israeliane dei diritti dei palestinesi e sulla complicità delle aziende sulla piattaforma The electronic intifada. La nostra sfida è quella di attirare l’attenzione dei media tradizionali con azioni creative originali, con il supporto di personaggi famosi, con tour di leader palestinesi, campagne di manifesti, mettere le aziende di fronte alle loro responsabilità”. E non sono mancate le vittorie, in questo senso, già prima della decisione della Corte federale tedesca.

“Il movimento BDS chiede la fine dell’occupazione israeliana, pari diritti per i palestinesi che vivono in Israele e il riconoscimento del diritto al ritorno” – Adri Nieuwhof

“Il movimento BDS chiede il rispetto di tre punti che sono saldamente radicati nel diritto internazionale: la fine dell’occupazione d’Israele, pari diritti per i palestinesi che vivono in Israele e il riconoscimento del diritto al ritorno. Questo movimento ha fornito uno strumento alle persone arrabbiate o preoccupate per le violazioni dei diritti palestinesi da parte di Israele in un momento in cui molti si sentivano impotenti. Vedo il BDS come una svolta, perché ha offerto una struttura per progettare attività che si adattano a un ampio spettro di situazioni, non con una strategia unica per tutti, ma scegliendo di volta in volta gli obiettivi e il tipo di attività che si adattano alle esigenze locali. Un momento importante per il nostro impegno è stato sicuramente quello della campagna internazionale BDS contro la multinazionale francese Veolia Environnement per la sua complicità negli insediamenti illegali: gli investitori che ritirano i loro fondi da Veolia, i Comuni che negano ricchi contratti all’azienda francese, i Consigli comunali europei che approvano risoluzioni che escludono l’azienda dalle gare d’appalto hanno portato alla decisione di Veolia di cessare le sue operazioni economiche in Israele”.

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