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Inquinamento da formaldeide. Il caso del distretto italiano del legno truciolato
Tra le province di Mantova e Reggio Emilia, in un raggio di appena sei chilometri, si concentra il 12% della produzione europea di formaldeide, gas altamente reattivo usato nei collanti. Da tempo comitati e associazioni lamentano gli impatti e i rischi per la salute. Studi recenti ne hanno analizzato le concentrazioni nelle acque
Sulla sponda sinistra del Po, nella bassa provincia di Mantova, tra i Comuni di Viadana e Pomponesco, ha sede uno dei più importanti distretti industriali del legno truciolato in Italia. Negli anni Sessanta è sorto qui il gruppo Mauro Saviola con sede a Viadana (MN) che, oltre a produrre pannelli di legno truciolato, gestisce anche impianti chimici (Sadepan) per la produzione della formaldeide, gas altamente reattivo usato nei collanti.
A pochi chilometri di distanza, nel Comune di Pomponesco, c’è il Gruppo Frati che gestisce sia impianti per la produzione del truciolare sia chimici (La chimica Pomponesco Spa), anche questi per la produzione di formaldeide. Se da un lato vengono pubblicizzati come pannelli “ecologici”, perché si basano sul riciclo del legno e quindi risparmiano alberi, diversi studi epidemiologici hanno però evidenziato la potenziale situazione di rischio sanitario per la popolazione che vive nei pressi di questi impianti. In un raggio di sei chilometri, infatti, si concentra in questo territorio il 12% della produzione europea di formaldeide (CH₂O) sostanza inserita dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) nella lista dei carcinogeni umani di classe prima (1B), mutagena e dotata di elevato potere irritante e allergizzante per la pelle, gli occhi, il naso e le prime vie aeree.
“Il processo produttivo del pannello truciolare comporta l’impiego di colle a base di urea-formaldeide, il cui approvvigionamento viene garantito dai due impianti chimici Sadepan e Chimica Pomponesco”, si legge a proposito nel recente rapporto “Progetto formaldeide” dell’Associazione prevenzione tumori-Onlus di Guastalla (RE). Nel 2017 questa associazione ha finanziato una campagna di monitoraggio per la ricerca della sostanza nell’aria e nelle acque superficiali e di falda, all’interno di un territorio che comprende i Comuni di Viadana e Pomponesco in provincia di Mantova e quelli di Guastalla, Gualtieri, Boretto e Brescello in provincia di Reggio Emilia.
Lo studio -condotto dal dottor Mario Franzini, medico dell’Associazione, insieme al dottor Roberto Spaggiari, biologo, e a Rubens Busana, perito industriale, già tecnico dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa)- ha fatto emergere “concentrazioni preoccupanti di formaldeide nell’aria e, soprattutto, nelle acque, sia superficiali sia di falda. Le falde superficiali, dalle quali attingono pozzi rurali ma anche domestici, sono quasi tutte interessate da presenza di questa sostanza oltre il valore di un microgrammo (un milionesimo di grammo) per litro proposto dall’Istituto superiore sanità (Iss) come valore limite per la classificazione qualitativa delle risorse idriche. Alcune lo sono ben oltre, fino a valori decuplicati. Tanto più grave perché nel Comune di Pomponesco i pozzi privati, a uso domestico o irriguo, costituiscono la sola fonte di approvvigionamento idrico”, si legge nel rapporto.
Il “Progetto formaldeide” non è stato l’unico studio a evidenziare la contaminazione del territorio: dal 2005 si sono susseguite tre indagini ambientali denominate Viadana I, Viadana II, Viadana III condotte nel Distretto sanitario viadanese da Ats Val Padana (già Asl di Mantova), in collaborazione con l’Università degli Studi di Verona. I bambini, in particolare per quelli che vivono entro un raggio di due chilometri dalle fabbriche, presentano maggiori percentuali di malattie respiratorie, di irritazioni del naso e perfino un aumento del danno genotossico nelle cellule della mucosa della bocca. La formaldeide è risultata l’inquinante più fortemente associato all’incidenza di leucemia ed è stata riscontrata, infine, una maggiore incidenza di abortività spontanea e di bambini nati morti.
L’ultimo studio, in ordine di tempo, è stato pubblicato su Science of the total environment (Volume 864, 15 Marzo 2023) con il titolo “Esposizione residenziale all’inquinamento atmosferico e ad avversità respiratorie e allergiche risultati nei bambini e negli adolescenti che vivono in una zona industriale di pannelli truciolari del Nord Italia”. Anche in questo studio vengono evidenziati “notevoli emissioni, quantità di polvere di legno, formaldeide, e altri inquinanti atmosferici” provenienti proprio dal distretto del truciolare e la stretta correlazione tra la vicinanza agli impianti e il rischio di malattie respiratorie e di allergie, tra 7.525 bambini e adolescenti presi in analisi. Per concludere, lo studio evidenzia che “la produzione industriale di pannelli truciolari ha un notevole impatto sulla salute pubblica della popolazione residente” richiamando i decisori “all’azione per ridurre le emissioni collegate direttamente e indirettamente alle attività industriali”.
Nel marzo 2018 il Comitato per la qualità dell’aria di Dosolo (MN), Medicina democratica, Noiambientesalute e il Collettivo uomo-ambiente di Guastalla hanno inviato una petizione al Parlamento europeo per chiedere la messa al bando della produzione e dell’utilizzo della formaldeide, entro la fine del 2019. “A livello mondiale la capacità produttiva di formaldeide è quantificata, secondo le ultime stime, in 19.202.000 tonnellate all’anno, mentre nell’Unione europea in 4.115.000 tonnellate all’anno, per cui nella nostra zona, tra Viadana e Pomponesco, nel raggio di sei chilometri, si concentra più del 12% della produzione europea. Tale lavorazione comporta emissioni in atmosfera per diverse decine di tonnellate di formaldeide ogni anno-si legge nella petizione presentata da Mariateresa Anzola a nome delle associazioni-. Gli stabilimenti che la producono a Viadana e Pomponesco sono classificati anche come impianti a rischio di incidente rilevante (Rir), secondo la normativa Seveso, per la produzione e l’utilizzo di elevate quantità di componenti chimici a elevata tossicità”. Una risposta definitiva a questa petizione non è ancora arrivata.
La Commissione del Parlamento europeo per le petizioni nel marzo 2019 ha però scritto ai sindaci, alla Regione Lombardia e al ministero dell’Ambiente, mostrando preoccupazione per la salute della popolazione italiana coinvolta, e sollecitando le autorità competenti a interventi risolutivi, richiamando la direttiva 2010/75, secondo la quale gli impianti e le attività che utilizzano solventi organici cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, devono sostituirli, per quanto possibile, con sostanze o miscele meno nocive nel più breve tempo possibile. In mancanza di un divieto totale, il 14 luglio 2023 la Commissione europea ha modificato l’allegato XVII del regolamento (CE) n. 1907/2006, per introdurre limiti più restrittivi per la formaldeide in una serie di prodotti di consumo (mobili a base di legno, l’interno delle auto, cuoio, giocattoli di plastica, materiali da costruzione o prodotti elettronici).
Nel frattempo, nel maggio 2023 le associazioni hanno inviato una lettera al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, al presidente dell’Iss Silvio Brusaferro e al procuratore del Tribunale di Mantova, Manuela Fasolato, documentando lo stato di inquinamento e chiedendo provvedimenti urgenti, tra cui più centraline, le migliori tecnologie per abbattere le emissioni e la graduale sostituzione della formaldeide con sostanze non cancerogene. “Non abbiamo, per il momento, ottenuto una risposta scritta ufficiale -sospira Luigi Gardini, portavoce del comitato Noiambientesalute-. Peraltro, collegati a queste aziende ci sono anche due grandi inceneritori che bruciano i residui della lavorazione legnosa, tra cui plastica e polverino che a sua volta contiene formaldeide”.
La cappa che opprime questi luoghi non è solo di smog, dalla fine degli anni Novanta si sono susseguite denunce per diffamazione, cause civili e richieste di risarcimenti su cittadini, attivisti e politici che hanno denunciato l’inquinamento. In tanti hanno paura a esporsi ma la preoccupazione per la salute resta. “Sono solo una delle mamme del nostro territorio che ha dovuto affrontare la malattia del figlio, la leucemia -racconta una mamma che preferisce rimanere anonima-. Anni fa avevamo strati di polveri che si depositavano ovunque, ora la situazione è un po’ migliorata, almeno per le macro-polveri. Nel 2005 mio figlio si è ammalato, anche altri due bambini si sono ammalati. Abbiamo sofferto insieme, io e altre madri. Per fortuna nostro figlio è guarito e sta bene, ma non è stato così per gli altri bambini”.
Anche le Comunità Laudato si’ di Oglio Po (CR), Guastalla (RE), e Novellara (RE) ci tengono a dire la loro: “Ci appelliamo al principio di precauzione, occorre una revisione delle autorizzazioni per azzerare l’impatto sanitario, in particolare sulla popolazione in età pediatrica. Bisogna anteporre il diritto alla salute delle persone agli interessi economici delle imprese coinvolte”.
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