Diritti / Opinioni
L’indifferenza sociale alimenta le mafie
A 25 anni dall’inchiesta “Mani Pulite” e dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio, il nostro Paese si scopre più fragile e distaccato. Bisogna reagire
“Vietato lamentarsi. In particolare in presenza di bambini”. Ha avuto un’eco significativa, in particolare sui social network, la notizia di questo cartello scritto da uno psicologo siciliano che papa Francesco ha fatto appendere alla porta del suo appartamento presso la Casa di Santa Marta. Se i diritti non ci vengono riconosciuti, se vediamo qualcuno commettere un reato, se assistiamo a un’ingiustizia, possiamo sempre addossare la colpa agli altri e chiedere ad altri di occuparsene? Richiamando il titolo di un bellissimo libro di Stefano Rodotà, potremmo dire che se abbiamo “il diritto di avere diritti” non possiamo non avere coscienza che abbiamo anche il dovere di adempiere dei doveri. Il primo dei quali è quello di esserci, di partecipare alla vita della comunità, in particolare nei momenti più difficili. Un ammonimento che Piero Calamandrei espose a metà del 1900: “La sfiducia nella libertà, il desiderio di appartarsi, di lasciare la politica ai politicanti. Questo è il pericoloso stato d’animo che ognuno di noi deve sorvegliare e combattere”.
Con 129 sì, 56 no e 30 astenuti, dopo un iter non semplice, il 5 luglio il Senato ha approvato la modica del Codice antimafia. A settembre il testo dovrà affrontare l’esame della Camera. Il percorso non si preannuncia facile. Alcuni giuristi, avvocati penalisti e il presidente di Anac hanno manifestato pubblicamente delle criticità su alcune parti del testo
Nel Paese dell’inchiesta “Mani Pulite” e delle stragi di Capaci e di via d’Amelio, anziché essere state annientate, negli ultimi venticinque anni la corruzione e le mafie si sono maggiormente diffuse e radicate, nonostante il grande lavoro svolto in particolar modo dalla magistratura e dalle forze di polizia. Limitandoci a monitorare quanto accaduto tra giugno e luglio, si registrano nell’ordine: i casi di arresti di sindaci pugliesi e siciliani accusati di essersi rivolti alle mafie per chiedere voti in cambio di appalti; lo scioglimento per mafia del Comune di Castelvetrano, patria del latitante numero uno di cosa nostra, Matteo Messina Denaro; l’attivazione di commissioni d’accesso prefettizie in tre Comuni calabresi, uno dei quali è Lamezia Terme, già sciolto per mafia due volte; importanti inchieste antimafia in Calabria e in Piemonte; l’arresto, in Veneto, di dirigenti di compagnie assicurative, dell’Agenzia delle Entrate, di finanzieri, imprenditori e di un giudice onorario, facenti parte, secondo l’accusa, di un sistema che mirava a ridurre il pagamento di sanzioni comminate a importanti operatori economici accusati di evasione fiscale. A tutto questo si aggiunga che nell’ultima relazione della Direzione nazionale antimafia presentata a giugno, è scritto che corruzione e mafie si sono compenetrate sempre di più e il pagamento di tangenti, sotto diverse forme, è diventato lo strumento principalmente utilizzato dai boss, che hanno deciso di sparare di meno e di dedicarsi maggiormente agli affari.
Di fronte a questo scenario la tentazione di tanti cittadini e cittadine è quella di autoescludersi dalla vita pubblica, agendo in modo esattamente opposto al motto I care che cinquant’anni fa don Lorenzo Milani insegnava ai suoi allievi della scuola di Barbiana, quale antidoto al “me ne frego” fascista e non solo. Un dato allarmante, in tal senso, è l’aumento dell’astensionismo elettorale registrato nelle ultime elezioni amministrative di giugno -e anche in altri Paesi europei dove si è andati a votare- cui si unisce una crescente domanda popolare che al potere salga un uomo forte, in grado di dare una svolta al Paese, anche ricorrendo a misure drastiche, ai limiti della costituzionalità. Dobbiamo mettere in campo la più forte determinazione di cui disponiamo per essere e unire le persone oneste, competenti ed eticamente responsabili. Solo così potremo davvero trovare delle possibili soluzioni ai problemi del nostro tempo.
Pierpaolo Romani è coordinatore nazionale di “Avviso Pubblico, enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie”. www.avvisopubblico.it
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