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Il racconto dei paesi de “L’Italia vuota” con gli occhi di un vero innamorato
Filippo Tantillo, già responsabile scientifico del Comitato tecnico aree interne, ha scritto un prezioso saggio-diario di lavoro-reportage sui territori considerati marginalI, dando voce a chi abita nei paesi e sviluppando riflessioni sulle criticità (come la monocultura del turismo) ed evidenziando i punti su cui ricostruire le comunità
Filippo Tantillo è testimone di un tentativo, perché questo ha rappresentano la prima fase sperimentale della Strategia nazionale aree interne (Snai), avviata una decina d’anni fa. Il suo “L’Italia vuota” (Laterza editore, 2023) ricostruisce un processo che l’amministrazione centrale ha avviato e poi abbandonato, perché troppo spesso le politiche le fanno le persone e se queste cambiano (in particolare chi governa determinati processi) muoiono anche le politiche che hanno immaginato, in special modo quando comportano innovazione e volontà di cambiamento, toccano oltre la metà del territorio nazionale, circa quattromila amministrazioni locali e riguardano la vita di almeno 13 milioni di persone.
Non è solo per questo racconto inedito e dall’interno (Tantillo ha lavorato per anni come responsabile scientifico del Comitato tecnico aree interne) che il suo è un libro che merita di esser letto: tenendo insieme la dimensione narrativa del saggio, quella del diario di lavoro e quella del reportage, Tantillo infatti racconta i paesi con gli occhi di un vero innamorato dell’Italia considerata marginale e nei sette capitoli, dedicati per lo più alle Regioni dell’Italia meridionale e insulare (Molise, Calabria, Sicilia, Sardegna) accompagna il lettore ad attraversare il nostro Paese guardando in profondità nelle rughe di un territorio che è fondamentalmente montano, anche se il mercato e i modelli economici che hanno prevalso nel secondo Dopoguerra hanno portato le persone a concentrarsi in città e lungo le coste, trasformando la presenza umana in un peso ecologicamente insopportabile. Nel descrivere ogni contesto sa, poi, che “nel lavoro di ricerca sul campo il paesaggio non è mai un panorama, è una miniera di informazioni e di indizi sulle relazioni fra le persone, i popoli, le economie, nello spazio e nel tempo”.
Ha il merito, “L’Italia vuota”, di dare un nome ai paesi invisibili, di dare voce a chi abita nelle valli del Trigno, tra Molise e Abruzzo, o del Simeto, arrampicato sulle Serre calabresi e nel Montiferru, chiuso tra le cime delle Dolomiti bellunesi e in Alta Carnia, fino alla Val Maira, in Piemonte, e all’Appennino centrale, quello stravolto negli ultimi decenni dai terremoti e da una ricostruzione infinita. Ha il merito di tenere insieme ciò di cui l’autore è stato testimone, gli appunti presi durante gli incontri sul territorio realizzati nell’ambito della progettazione della Strategia nazionale aree interne, con l’analisi delle dinamiche demografiche e sociali, dai problemi legati alla presenza dei servizi essenziali, alle dinamiche che si sviluppano (o rischiano di svilupparsi) in contesti chiusi.
Leggere il libro di Filippo Tantillo, però, ridà speranza: c’è vita nell’Italia vuota. Le tante esperienze virtuose intercettate, dal Presidio partecipativo della Valle del Simeto, in Sicilia, al gruppo di lavoro che usando il legno abbattuto dalla tempesta Vaia per realizzare una casa armonica in Val Visdende, nel Comelico, tra Veneto e Friuli, non vengono però presentate in modo semplicistico come “soluzione”.
L’autore sa, per lunga esperienza, che perché cambi nel profondo la situazione, per invertire il processo di progressivo svuotamento, frutto di due fattori che sono l’emigrazione dei giovani e il conseguente decremento demografico, serve una politica e servono politiche pubbliche capaci di intercettare quello che Giovanni Carrosio definisce “un mondo nuovo che cerca nuove istituzioni”. Dice Fabrizio Barca, padre della Snai, che chi da un lato si impegna per trasformarle e far sì che cambino metodo di lavoro e dall’altro lato lavora a fianco dei cittadini (“sto con la cittadinanza, lavoro per la cittadinanza e le istituzioni dovranno prima o poi organizzarsi per rispondere”) sa che “questi due piani non combaciano e non lo faranno per molto tempo”. Ne è un esempio la nuova scuola di valle, che in Val Maira si sarebbe dovuta costruire a Prazzo, dove c’era una vecchia caserma: è bastato un cambio nelle amministrazioni locali rispetto a quelle che avevano scritto la Strategia d’area e così nonostante l’accordo raggiunto sull’importanza di quella scelta tutto il processo si è arenato.
Prendendo spunto da episodi e vicende che riguardano contesti locali, Tantillo è in grado di affrontare alcuni dei temi centrali del dibattito pubblico, da quello legato al rischio di una monocultura del turismo nelle aree interne (estremizzato con la linea “A” del Bando borghi, che regala 20 milioni di euro a paesi che difficilmente potranno spenderli, come Gerace, in Calabria), compresi i nuovi investimenti per spingere quello invernale in Appennino, a fronte dei cambiamenti climatici che riducono l’innevamento (si sale sul Terminillo, nel reatino), per arrivare a toccare la questione dell’accoglienza dei migranti, portando l’esempio virtuoso di alcuni Comuni calabresi, concentrandosi sulle storie di Badolato e Camini e quello negativo della montagna friulana, una Regione (allora di centro-sinistra) che non ha voluto inserire il tema tra i progetti finanziati nell’ambito della Snai.
È proprio Vanni Treu, il presidente della cooperativa friulana Cramars che racconta a Tantillo questo episodio, a offrire uno spunto importante, rispetto alle azioni da intraprendere: “Bisogna combattere il meccanismo dell’invidia, quello che fa sì che in montagna si ostacoli chiunque provi a fare qualcosa lì dove gli abitanti originari hanno fallito”, dice. È ciò che ha ascoltato anche chi scrive, ad esempio dalla voce di Maurizio Carucci, vignaiolo insediato in Alta Val Borbera, in Piemonte, e raccontato nel libro “L’Italia è bella dentro” (Altreconomia, 2020).
L’antidoto per affrontare gli effetti negativi dell’invidia può essere ricercato nella felicità, che Tantillo lega alla figura di Silvia Di Passio, community manager che ha lavorato per anni nelle aree interne della Sardegna: “Nel suo mondo la felicità non corrisponde al benessere individualizzato, fatto della somma di tanti piccoli piacere distinti, che è l’immaginario all’origine delle politiche di valorizzazione dei borghi, ma ha a che vedere con una dimensione collettiva”. Dobbiamo comprendere che “L’Italia vuota” è un bene comune, come c’insegnano anche i modelli di proprietà e gestione collettiva del territorio, dalle comunanze alle regole. Che sono sì antichi ma ancora tremendamente attuali.
Per seguire “L’Italia vuota” nell’estate 2023
25/7/2023 – Libreria 2 punti – Trento
27/07/2023 – Borgata Paraloup – Rittana (CN)
29/07/2023 – Festival del circolo Giovanni Bosio (Fabrizio Barca, Sandro Portelli) – Collelongo (AQ)
30/07/2023 – Festival Rocciamorgia – Agnone (IS)
31/07/2023 – con Associazione MIM Antonio De Rossi Laura Mascino – Galgliano Aterno (AQ)
06/08/2023 – Vasto (CH) (da confermare)
07/08/2023 – Festival Carpino in Folk – Carpino sul Gargano (FG)
12/08/2023 – Festival Molise cinema (Marco Damilano) – Casacalenda (CB)
18/08/2023 – Frappfestival – San Marco La Catola (FG)
28/08/2023 – Seneghe (OR)
1/09/2023 – Libreria La Giraffa – Siliqua (CA)
08/09/2023 – Libreria Radici – Palermo
15/09/2023 – Adrano (CT)
23/09/2023 – Festa della letteratura – Dordolla (UD)
24/09/2023 – Festival della letteratura di viaggio – Roma
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