Diritti / Inchiesta
Il Politecnico di Torino conferma l’accordo con Frontex. Ignorate le richieste di tornare indietro
Il 6 dicembre il Senato accademico ha deciso di mantenere intatto l’accordo con l’Agenzia. La richiesta di rescissione giunta anche dell’Università di Torino, che con l’Ateneo condivide il Dipartimento che si è aggiudicato la commessa, è rimasta inascoltata. Così come le denunce di violazioni dei diritti umani in capo a Frontex
Il Politecnico di Torino conferma una seconda volta il proseguimento nella collaborazione con l’Agenzia Frontex. Il Senato accademico dell’Ateneo si è riunito martedì 6 dicembre mettendo nuovamente ai voti l’opportunità di proseguire l’accordo con l’Agenzia che sorveglia le frontiere europee, accusata da più fronti, istituzionali e non, del mancato rispetto dei diritti umani delle persone in transito. Dopo la votazione del dicembre 2021, in cui si era deciso di proseguire con l’accordo, una larga maggioranza (19 voti su 29) ha votato nuovamente per mantenere in vita il contratto “scartando” le opzioni di risoluzione o congelamento dello stesso. “Una battaglia persa perché da questo voto non si tornerà più indietro -osserva Michele Lancione, professore del Dipartimento interateneo di Scienze, Progetto e politiche del territorio (Dist)-. L’unica spiegazione che resta a fronte delle denunce arrivate a Frontex per la sua attività anche da organi istituzionali è che il Politecnico di Torino ha deciso di continuare questo accordo perché ha paura che rescindere voglia dire prendere seriamente la questione etica e questo possa generare criticità su altri accordi esistenti. Penso a Leonardo e ad altre aziende dell’universo militare”.
La stessa Commissione istituita nel dicembre 2021 dal rettore Guido Saracco per valutare l’accordo -che aveva già concluso che vi fosse un rischio “medio-alto” per l’utilizzo improprio dei dati forniti dalla ricerca suggerendo di rescindere dal contratto o inserire una clausola sul rispetto dei diritti umani- ha nuovamente individuato due strade percorribili: il congelamento dell’accordo fino a nuove pronunce del Parlamento europeo sull’Agenzia o la risoluzione del contratto valutando la richiesta di risarcimenti danni presumibilmente per il danno di immagine recato all’Ateneo. A questa si è aggiunta la “terza” ovvero lasciare tutto com’è. Dopo una prima votazione è stata scartata l’opzione della risoluzione e nel secondo turno la maggioranza dei senatori ha optato per la terza via: resterà così in vigore fino al termine inizialmente previsto il contratto da quattro milioni di euro, della durata di due anni, siglato nel settembre 2021 dal Dipartimento interateneo di Scienze, Progetto e politiche del territorio (Dist), a cavallo tra Politecnico e Università di Torino, in cordata con Ithaca Srl, un centro di ricerca “dedicato al supporto di attività umanitarie in risposta a disastri naturali” e la Fondazione Links. Nonostante un quadro desolante.
Nell’ottobre 2022 il rapporto dell’Ufficio europeo antifrode ha “certificato” le pratiche illegali dell’Agenzia: in 123 pagine viene ricostruito minuziosamente il malfunzionamento della “macchina” guidata dall’allora direttore Fabrice Leggeri. Storture che si traducono in concreto nella violazione dei diritti umani delle persone in transito. Proprio quel rapporto che ha portato alle dimissioni del direttore, da luglio 2022 sostituito temporaneamente da Aija Kalnaja, e ha spinto il Parlamento europeo ad approvare una risoluzione (con 345 voti favorevoli, 284 contrari e otto astenuti) contro la cosiddetta “procedura di discarico” del bilancio dell’Agenzia, ovvero una valutazione ex post che ha l’obiettivo di monitorarne l’attività degli anni precedenti (in questo caso del 2020). L’Olaf non è il primo organo istituzionale ad accusare Frontex: all’attivo risultano già due “denunce” da parte del Garante europeo per la protezione dei dati personali (Gepd), legata alla gestione della privacy, e del Difensore civico rispetto alle inefficienze dell’Agenzia sotto il profilo dei meccanismi di denuncia e di monitoraggio sulle violazione dei diritti fondamentali delle persone coinvolte nelle sue operazioni. Denunce che si aggiungono alle numerose inchieste svolte da diversi giornalisti e Ong indipendenti e che hanno spinto anche l’Università di Torino, titolare del Dipartimento coinvolto nell’accordo, a chiedere ai “colleghi” del Politecnico di recedere dall’accordo.
Il 27 ottobre scorso il Consiglio di amministrazione di Unito aveva dichiarato la “totale contrarietà alla collaborazione in atto” e chiesto la “sospensione di attività con l’Agenzia”. In altri termini, rescindere il contratto. Una richiesta precisa perché nel dicembre 2021 la prima decisione del Senato accademico del Politecnico aveva votato l’inserimento di una clausola di salvaguardia sul rispetto dei diritti umani per controllare l’utilizzo dei prodotti della ricerca dell’Agenzia. Ma come ricostruito da Altreconomia quella clausola è stata inserita solo nel contratto tra i diversi attori del consorzio italiano. “Ciascuna parte si impegna ad agire -era scritto all’interno del contratto- nel pieno rispetto dei diritti umani e fondamentali, nonché dei principi di integrità della ricerca”. Il 31 maggio di quest’anno Frontex ci ha risposto però di “non detenere alcun documento” con riferimento alla richiesta di avere accesso a “eventuali bozze di consortium agreement sottoscritte dall’Agenzia da luglio 2021 in avanti”: una clausola, quindi, che non può affatto vincolare anche l’Agenzia. La sospensione delle attività richiesta dall’Università di Torino restava dunque l’unica via “affidabile” in termini di controllo dell’operato di Frontex.
Ma il Senato accademico ha deciso di proseguire lasciando l’accordo così com’è. Restano inascoltate quindi la voce di Unito -su cui ricade la decisione di oggi del Senato del Politecnico- che si era aggiunta a quelle “interne” al Dipartimento che dall’inizio della vicenda chiedono pubblicamente di rescindere dal contratto. Da Michele Lancione, alla professoressa Francesca Governa. “Bisogna essere consapevoli che un accordo, passatemi la semplificazione, non particolarmente rilevante è però una spia di un modo di intendere il migrante, le politiche migratorie, l’Unione europea molto più condivisa di quanto pensiamo -racconta la docente nel podcast Limbo-. Anche negli Atenei e questo per me è un problema perché ho sempre pensato il sapere avesse il compito e la responsabilità di saper ‘discernere’. Evidentemente così non è”.
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