Finanza / Opinioni
Il parziale default di Blackstone e l’ombra di una nuova crisi
La situazione attuale è molto simile al 2008 e anche la bolla immobiliare italiana, gonfiata dai bonus edilizi, è a rischio. Ecco perché. L’analisi di Alessandro Volpi
La sempre più aggressiva finanziarizzazione, costituita dalla dipendenza degli andamenti economici dalle corse forsennate (e artificiali) della finanza, sta generando continui pericoli. Il fondo immobiliare Blackstone, uno dei più grandi al mondo, ha dichiarato un default parziale per l’incapacità di operare il pagamento di un bond e ha quindi congelato i rimborsi per un suo “prodotto” da 71 miliardi di dollari.
Il motivo principale di tale fallimento è rintracciabile nel forte aumento dei tassi della Federal reserve (la banca centrale Usa) che sono stati alzati per attrarre capitali negli Stati Uniti e raffreddare l’inflazione, animata dalla corsa ai consumi interni e dalla speculazione sui prezzi delle materie prime. Un simile rialzo però rende i mutui molto più onerosi, mettendone molti titolari in condizioni di insolvibilità, scatenando così il panico nel mercato delle cartolarizzazioni immobiliari. Sembra una storia già sentita: pare di essere tornati all’epoca dei mutui subprime, nel 2007-2008, con il riemergere di una crisi a catena di cui Blackstone potrebbe essere la miccia. Alla luce di tutto questo, sembra che non abbiamo imparato nulla: tassi bassi e cartolarizzazioni hanno scatenato, come allora, la bolla immobiliare e, di nuovo, il rialzo brusco del costo del denaro la può far scoppiare.
La finanza americana, intanto, continua a essere il vero baricentro del caos: adultera i prezzi reali con i derivati, celebra il dollaro con i conflitti per finanziare il debito interno, esporta inflazione e shock immobiliari. Forse dovremmo cominciare a pensare che l’atlantismo fideistico e finanziarizzato è molto pericoloso. In Italia la bolla immobiliare, peraltro, trova singolari strumenti di sostegno. Nel 2017 è stata introdotta nel nostro ordinamento una flat tax per i capitali provenienti dall’estero che prevede un limite massimo di imposizione pari a 100mila euro a prescindere dall’ammontare degli stessi.
Il limite massimo di imposizione previsto dalla flat tax introdotta nel 2017 in Italia è di 100mila euro per i capitali provenienti dall’estero a prescindere dal loro ammontare
In quell’anno i “miliardari” attratti furono un’ottantina mentre oggi il loro numero ha ormai superato i mille. Il dato rilevante è che gran parte di tali capitali sono indirizzati all’acquisto di immobili di pregio nei centri storici, drogando i prezzi che hanno contribuito (insieme ai tassi bassi degli ultimi anni, fino all’inizio del 2022) a spingere in alto l’intero settore. Stimolato, nel caso italiano, dai bonus edilizi e cartolarizzato con la cessione plurima e non regolamentata dei crediti. Tutto ciò senza significativi incrementi del gettito fiscale. In altre parole, il miliardario compra, trasforma spesso gli immobili in bed and breakfast, incassa centinaia di migliaia di euro e paga sempre e comunque fino a un massimo di 100mila euro. Mentre la bolla si amplia e coinvolge sottoscrittori di mutui per prime abitazioni e per ristrutturazioni (agevolate dai bonus) che ora non reggono l’aumento delle rate del 30%.
Il rischio reale, in un simile quadro, è che il fallimento di Blackstone scateni, come avvenne nel 2008, un’enorme dilatazione di crediti cartolarizzati per immobili trasformati in carta straccia che determineranno una generale insolvenza globale, destinata ad arrivare anche, attraverso banche e società immobiliari, in Europa e in Italia. Dove le condizioni del “mercato degli immobili” sono state già euforizzate dal sistema dei bonus, su cui è già piombato il decreto di sospensione delle cessioni e degli sconti in fattura del Governo Meloni. Se la ripresa italiana deve fondarsi sul mattone, come qualcuno sembra credere, la finanza e le sue bolle stanno per congelarla ulteriormente.
Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento
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