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Il microcredito è un’illusione? Moda e promesse mancate di un principio rivoluzionario

L’industria della microfinanza nel mondo serve circa 140 milioni di persone, in maggioranza donne che vivono in aree rurali. In Italia però il microcredito non decolla, nonostante normative ad hoc e strumenti di garanzia. Perché? Se ne parla al quarto incontro del ciclo “Money 4 Nothing”, mercoledì 25 maggio

Il principio del microcredito è tanto semplice quanto rivoluzionario: prestando denaro in piccoli importi a chi ne ha un beneficio marginale molto grande -perché si trova in una condizione di bisogno rilevante- si possono ottenere ottimi risultati di carattere sia finanziario (il prestito avrà alte possibilità di essere restituito) sia di impatto sociale (la persona userà quel denaro per la propria emancipazione sociale, il proprio sviluppo umano, quello della sua famiglia). L’idea è ben più antica della stessa definizione di microcredito, e lega insieme tutte le istanze sociali applicate alla finanza che si sono osservate nei secoli: dai monti di pietà alla casse cooperative, dagli esperimenti di monete alternative alla più recente finanza etica.

Insomma, il microcredito ha antenati illustri -tra i molti Robert Owen, Leone Wollemborg, Luigi Luzzatti, Beatrice Potter- che ne hanno costruito riferimenti teorici e collaudate pratiche, ben prima di essere trasformato nell’idea e nella narrazione che ne conosciamo oggi, soprattutto grazie a Muhammad Yunus, fondatore della Grameen Bank in Bangladesh e per questo premiato con il Nobel per la Pace nel 2006. A partire dalla fine degli anni Novanta del XX secolo, quello dell’inclusione finanziaria dei soggetti non serviti dalle banche (e per questo appellati con il brutto termine di “non bancabili”) è diventato prima un tema di policy, a livello globale, poi un significativo filone di business nei Paesi emergenti del Pianeta, e non solo.

In base agli ultimi dati disponibili (aggiornati al 2018), l’industria della microfinanza serve circa 140 milioni di persone, di cui i quattro quinti sono donne e i due terzi vivono in aree rurali. La crescita del settore è stata forte negli ultimi decenni, con una media del 12% annuo tra 2014 e 2018. Dal 2010 l’Italia ha una normativa specifica per il microcredito, frutto della consapevolezza del legislatore, e delle autorità di supervisione sul mercato bancario, che le fasce marginali della popolazione sono in aumento anche nel nostro Paese e che, soprattutto, i nuovi assetti del mercato finanziario e bancario tendono ad escluderle più che in passato dall’offerta di credito (si vedano in proposito anche i precedenti approfondimenti di Money 4 Nothing, qui, qui e qui).

I risultati sono finora deludenti. Nonostante il gran parlare di microcredito in convegni e pubblicistica, le normative ad hoc e gli strumenti di garanzia nazionale approntati (recentemente rinforzati), il microcredito non decolla. Secondo i dati forniti dall’Ente nazionale per il microcredito (siamo uno dei pochi Paesi al mondo ad averne uno), in Italia vi sono 132 sportelli territoriali di microcredito, oltre 750 tra operatori e tutor, 38 banche convenzionate, per 2.700 filiali ma il credito resta veramente “micro”, e non nell’accezione auspicata. In oltre sei anni (2015-2021), sempre secondo l’Ente, sono stati erogati 397 milioni di euro di finanziamento, per 15.671 pratiche. La montagna ha partorito il topolino: meno di 20 pratiche per anno per sportello territoriale, 3,5 pratiche per operatore, neanche una pratica all’anno per ciascuna filiale di banche convenzionate.

Inoltre, i pochi operatori di microcredito nati ai sensi della normativa (21 ad oggi quelli iscritti nell’elenco tenuto dalla Banca d’Italia) sono piccolissimi, lontani dalla sostenibilità economica, con scarsa efficacia nella propria azione, tanto sociale quanto commerciale. E addirittura, il più grande soggetto nazionale di microcredito non è definibile tale ai sensi della norma, avendo privilegiato la forma più generale di intermediario finanziario (si tratta di PerMicro).

Ma allora quella del microcredito è un’illusione? Forse è vero, come suggerisce qualche studioso, che il microcredito non può funzionare nelle economie avanzate? Oppure in Italia vi sono –o sono state create- delle condizioni che in particolare svantaggiano il settore?

Ne parleremo nel quarto incontro del ciclo Money 4 Nothing, il prossimo mercoledì 25 maggio, insieme a Giampietro Pizzo, presidente della Rete italiana di microfinanza (RITMI) e di Microfinanza Srl, fondatore di MicroEurope. Money 4 Nothing è organizzato da Impact Hub Roma, insieme ad Altreconomia, Kritica economica, Sbilanciamoci!.

Alessandro Messina è nato a Roma nel 1969. Di formazione economico-finanziaria, si occupa da 25 anni di banche, terzo settore e politiche pubbliche per lo sviluppo, alemessina.blogspot.com

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