Crisi climatica / Opinioni
Il collasso dei ghiacciai in Antartide è ancora evitabile
Ma solo agendo rapidamente e in modo ambizioso. L’unica buona notizia dell’estate 2023, torrida e segnata da incendi, tempeste e alluvioni. La rubrica di Stefano Caserini
Sembrava impossibile, in questa estate 2023, trovare qualcosa che assomigliasse a una buona notizia sul fronte dei cambiamenti climatici. La cronaca è stata occupata da ondate di calore che sembravano non finire mai, tempeste di potenza mai vista (solo a Milano sono stati abbattuti centinaia di alberi secolari), alluvioni epocali in Grecia, Spagna, Libia, settimane di incendi giganteschi in Canada, ritiri impressionanti dei ghiacci montani e del ghiaccio marino dell’Antartide, record assoluto delle temperature globali nei mesi di luglio e agosto, e così via. Un quadro in linea con la sconcertante dichiarazione del Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, secondo cui saremmo entrati “nell’era dell’ebollizione globale”. Niente di meno.
In un contesto come questo si legge la lettura scientifica sul clima con inevitabile preoccupazione e per le buone notizie bisogna sapersi accontentare. Un articolo scientifico pubblicato agli inizi di settembre sulla rivista The cryosphere ha riassunto una ricerca su uno degli aspetti cruciali della crisi climatica: l’Antartide, il gigante di ghiaccio che trattiene una quantità d’acqua potenzialmente in grado di alzare il livello dei mari di circa 56 metri.
Da anni gli scienziati studiano le parti terminali della calotta antartica, la solidità o la fragilità delle lingue di ghiaccio (grandi come alcune intere regioni italiane), per valutare eventuali segni di avvio di processi irreversibili, di cedimenti e per capire che cosa potrebbe succedere in questo caso. Fra gli addetti ai lavori si è iniziato a discutere se non sia già stato superato un punto critico, che potrebbe in futuro portare al collasso irreversibile e a lungo termine della calotta glaciale dell’Antartide occidentale, con aumento del livello dei mari di molti metri.
La buona notizia degli studiosi è che l’attuale ritiro dei ghiacci non è ancora irreversibile o auto-rafforzante. È confermato che la calotta sta perdendo centinaia di miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno; che il principale motore di questo fenomeno nella parte occidentale è l’acqua oceanica più calda del solito; che questa amplifica la fusione “da sotto” delle piattaforme di ghiaccio, le estensioni galleggianti della calotta glaciale interrata; che la fusione di queste piattaforme può accelerare il cedimento delle parti più interne della calotta; che il ghiaccio reagisce molto lentamente ai cambiamenti di temperatura, ma poi per secoli e millenni si muove. Ma non che il collasso della calotta glaciale sia inevitabile.
L’innalzamento del livello medio del mare previsto se dovesse fondersi tutto il ghiaccio dell’Antartide è di circa 56 metri. Uno scenario che siamo ancora in tempo a evitare.
L’innalzamento del livello del mare in Antartide non avviene da un giorno all’altro come nei film di Hollywood, per questo non interessa molto ai mezzi di comunicazione. Eppure, sono le azioni umane di oggi che possono innescare l’innalzamento del livello del mare nei prossimi secoli e millenni. E un riscaldamento più forte nei decenni a venire comporterebbe un maggiore innalzamento futuro. Lento ma sicuro.
I ghiacci dell’Antartide sono un’eredità del passato, sono vecchi di milioni di anni e sono stati spesso definiti “eterni”. La buona notizia, quindi, è che gli scienziati non trovano evidenze di un ritiro irreversibile e auto-rinforzante del ghiaccio antartico; l’attuale perdita di ghiaccio potrebbe essere ancora reversibile, se limitassimo la presenza dei gas climalteranti nell’atmosfera. Secondo gli studiosi “c’è ancora la possibilità di mitigare almeno parte del rischio attraverso un’ambiziosa azione climatica”. Ecco, alla fine di questo ci dobbiamo accontentare.
Stefano Caserini è docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Sex and the Climate” (People, 2022)
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