Diritti / Opinioni
I brevetti sui farmaceutici collidono con il diritto alla salute
Dietro la retorica del vaccino bene comune, l’Occidente sostiene “big pharma” e le sue assurde regole sulla proprietà intellettuale. La rubrica di Nicoletta Dentico dal numero di aprile di Altreconomia
Da mesi la comunità internazionale è alle prese con una questione tanto gigantesca quanto decisiva per la strategia di gestione globale di Covid-19. Se accogliere la misura della deroga di alcuni diritti di proprietà intellettuale, proposta da India e Sudafrica il 2 ottobre 2020 e sponsorizzata da due terzi dei Paesi membri del World trade organization (Wto), volta a sospendere il regime brevettuale che regola la produzione della conoscenza e democratizzare la ricerca medica esistente, favorire l’espansione diffusa della produzione di quanto serve a fronteggiare il contagio, così da divincolarsi quanto prima dal laccio della pandemia. Se invece lasciare le cose come stanno, investire ancora sui monopoli ventennali dei brevetti, e fare affidamento semmai sul rilascio di licenze volontarie da parte delle industrie farmaceutiche coinvolte nella ricerca e produzione di vaccini, diagnostici e farmaci contro Covid-19 perché la scena produttiva resti sotto il loro controllo. Un dilemma che racchiude due visioni sul mondo.
Il bivio diplomatico è destinato a darci inoppugnabili indicazioni sul senso di marcia della comunità internazionale, a un anno dalla pandemia che ha tolto il respiro a un mondo già da tempo in asfissia. Il tema è stato abbondantemente sviscerato e approfondito con sessioni formali e informali del Consiglio dei Trips, con dialoghi bilaterali, con richieste di ulteriori prove di ragionevolezza, confluite in un poderoso rapporto che è stato presentato a inizio marzo al Consiglio generale del Wto, alla nuova direttrice generale Okonjo-Iweala. Ma la spaccatura resta netta. Statica. Da una parte, malgrado le loro opinioni pubbliche in crescente fibrillazione, continuano a opporsi alla deroga dei brevetti Svizzera, Unione europea, Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia, Singapore, Giappone e Brasile, la sola nazione del Sud globale con questa posizione che vanifica anni di battaglie del governo brasiliano sulla proprietà intellettuale al Wto e all’Organizzazione mondiale della sanità. Dall’altra, il Sud del mondo non si arrende. Le sessioni formali e informali di discussione proseguono con un nulla di fatto che qualcuno ancora definisce “negoziato”.
21,52 milioni: l’amministratore delegato di AstraZeneca ha ricevuto alla fine del 2020 un bonus di 21,52 milioni di dollari per la “mobilitante leadership” che ha esercitato in “circostanze imprevedibili e avverse” per l’azienda. Così recita il rapporto annuale di AstraZeneca pubblicato nel febbraio 2021
“Non può essere tutto come prima, occorre uscire dall’indugio delle continue domande per produrre risultati: senza voler sensazionalizzare il tema, qui è questione di vita o di morte”, aveva detto la direttrice generale del Wto al suo debutto, sulla proposta di sospensione dei brevetti. Eppure, nella estenuante dilazione del processo, nel tedioso attendismo che non cede affatto alle ragioni di soluzioni previste dalla stessa Wto, si incrosta sottotraccia la scelta del mantenimento dell’ordine delle cose. Spacciato con la formula della “terza via” lanciata dalla stessa Okonjo-Iweala, si tratta della cooperazione con le case farmaceutiche nel quadro del Wto per assicurare l’aumento della produzione dei vaccini, soprattutto nelle economie emergenti e nei Paesi in via di sviluppo. Si consolida dunque il modello delle partnership con “big pharma” a cui la politica internazionale resta subalterna, con più licenze volontarie e più Wto.
Lo sanno tutti che le regole internazionali sulla protezione della proprietà intellettuale dei farmaci collidono fragorosamente con il diritto alla salute. Ma il mondo occidentale che detiene le tecnologie e il controllo della scienza medica -per paradosso, colpito più duramente da Covid-19- potrà proseguire con l’ipocrita retorica del vaccino bene comune, pur di non condividere nessuna conoscenza. Ovvero, dettando le condizioni severe di ogni condivisione.
Nicoletta Dentico è giornalista ed esperta di diritto alla salute. Già direttrice di Medici Senza Frontiere, dirige il programma di salute globale di Society for International Development
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