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I braccianti escono dall’invisibilità grazie alla “Scuola dei popoli”

Una lezione di italiano della “Scuola dei popoli”. Sono 130 le persone che da inizio anno si sono avvicinate ai corsi promossi dalla Cgil di Ragusa © Cgil Ragusa

Oltre 80 alunni frequentano ad Acate (RG) i corsi di italiano promossi da inizio gennaio dalla Cgil. Intanto anche per i figli dei lavoratori della Fascia Trasformata aumentano le possibilità. In un contesto di sfruttamento l’istruzione è decisiva

Tratto da Altreconomia 271 — Giugno 2024

Un luogo di incontro tra le diverse comunità ma anche, e soprattutto, un mezzo attraverso il quale dare strumenti concreti alle persone straniere per alzare la propria voce. Con questi obiettivi da inizio gennaio ha aperto ad Acate, in provincia di Ragusa, la “Scuola dei popoli” promossa dalle federazioni della Cgil locale, che si occupano di agroindustria (Flai) e della conoscenza (Flc). Siamo nel cuore della cosiddetta Fascia trasformata: più di 5.200 aziende che impegnano circa 28mila braccianti (15mila italiani e 12.700 stranieri) spesso in condizioni di sfruttamento. “Non conoscere la lingua aumenta la vulnerabilità -spiega Anita Giavatto della Cgil di Ragusa-. Una scuola di italiano può sembrare distante dal nostro mandato come sindacato ma non è così. È una via efficace per aiutare le persone a pretendere i propri diritti”.

Un’iniziativa dal basso che, come spesso succede in questo territorio in cui si produce gran parte della frutta e della verdura che arriva sulle nostre tavole, colma le lacune delle istituzioni. Ad Acate, infatti, fino a oggi non è mai stata aperta una sede dei Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (Cpia). Così, la “Scuola dei popoli” è diventata un polmone fondamentale. E la risposta in termini di presenze lo dimostra. “Non ci aspettavamo un’adesione così alta anche se era chiaro che il bisogno c’era”, riprende Giavatto. In media novanta persone si presentano ogni giovedì nel tardo pomeriggio nei locali del Castello dei Principi di Biscari, messi a disposizione dal Comune di Acate, formando due classi, di nazionalità mista (dalla Tunisia al Bangladesh passando per Mali e Senegal), divise in base al livello di partenza di conoscenza della lingua. “Durante il primo incontro abbiamo somministrato un test di posizionamento per individuare dei macrogruppi in base al livello -spiega Marta Guastella, insegnante volontaria presso la scuola-. L’entusiasmo dei partecipanti è stato travolgente: frequentano con costanza le lezioni nonostante giornate di lavoro sfiancanti”.

Per facilitare la conciliazione con l’impegno nelle serre, la scuola come detto si svolge nel tardo pomeriggio per circa un’ora e mezza. “Abbiamo pensato a dei moduli didattici adeguati che potessero essere più efficaci possibile”, aggiunge Guastella. Con lei, altri dieci tra volontari e volontarie tengono le lezioni con una presenza fissa di almeno cinque insegnanti ogni giovedì. Senza la presenza di mediatori culturali. “Sarebbe impossibile averli -riprende l’insegnante- sia per il contesto classe plurilingue sia perché riteniamo più proficuo, da un punto di vista didattico, l’utilizzo esclusivo della lingua italiana che rappresenta uno strumento di contatto, anche tra le diverse comunità linguistiche straniere presenti sul territorio”.

Le lezioni di italiano diventano così una doppia opportunità per costruire occasioni di incontro e relazioni che possono diventare preziose anche per altri momenti. “L’emersione del lavoro nero in questo territorio è complessa -spiega Giavatto-. E la lingua ti permette di capire e confrontarti, di leggere una busta paga così come chiedere quotidianamente conto di ciò che ti spetta”. La “Scuola dei popoli” diventa così un pretesto per avvicinarsi al “mondo invisibile” dei braccianti, che potranno partecipare anche ad appuntamenti dedicati specificamente ai temi dei diritti sul lavoro.

Sono oltre 130 persone, sia uomini sia donne, che si sono avvicinate in pochi mesi al corso di italiano e da settembre 2024 l’ufficio scolastico territoriale ha previsto l’apertura di una sede del Cpia. “Ma noi continueremo con la nostra attività -riprende Giavatto- perché siamo consapevoli che è importantissima, sia per chi magari ha un livello di italiano più basso sia come strumento di incontro e potenziamento per chi frequenterà la scuola pubblica. Vogliamo attivare i corsi anche in altri luoghi del ragusano”.

Tra questi c’è anche Marina di Acate, piccola cittadina che si affaccia sul mare e sul cui territorio si estendono per chilometri bianchi teloni di plastica che ricoprono le serre. L’accesso ai servizi di base è difficilissimo: il supermercato e la scuola, come racconta Save the children nel rapporto “Piccoli schiavi invisibili”, sono distanti 12 chilometri (ad Acate) da percorrere a piedi o in bicicletta. “Da dieci anni facciamo presente alle istituzioni che i figli e le figlie dei braccianti non possono andare a scuola e c’è un tasso elevato di lavoro minorile e abbandono scolastico -racconta Vincenzo La Monica, responsabile del Progetto Presidio della Caritas di Ragusa-. Non era solo la mancanza di volontà dei genitori ma anche l’assenza di scuole e trasporti gratuiti verso Vittoria e Acate”. Finalmente dal settembre 2023 è stata aperta una scuola dell’infanzia, per bambini da tre a sei anni che si svolge temporaneamente nel centro “Orizzonti a colori”, un’oasi felice, in mezzo alle serre, in cui Save the Children, Emergency e Tetti colorati offrono diversi servizi a lavoratori e lavoratrici, dall’orientamento sociale e legale alle cure mediche.

Un’attività nella scuola dell’infanzia aperta a Marina di Acate (RG) nello spazio “Orizzonti a colori” gestito, tra gli altri, dalla Caritas di Ragusa © Caritas Ragusa

Dal lunedì al venerdì circa 25 bambini, soprattutto di origine romena, marocchina e albanese frequentano il centro in attesa che il Comune individui i locali definitivi in cui svolgere l’attività. E qualcosa si muove anche per i più grandi. “Dal prossimo anno dovrebbero esserci ulteriori riduzioni per il pagamento del biglietto per il pulmino che porta ad Acate -riprende La Monica-. Mentre continua a mancare un servizio adeguato per chi frequenta le scuole superiori: fino a oggi abbiamo coperto noi il trasporto attraverso un nostro mezzo. Ma non riusciamo a soddisfare tutte le richieste e continuiamo a chiedere alle istituzioni una soluzione che sia anche duratura”. Nel frattempo, la società civile continua a costruire una via d’uscita dallo sfruttamento. Partendo anche dai banchi di scuola.

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