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Diritti / Intervista

“Gli impatti umanitari delle armi nucleari smontano la retorica della deterrenza”

Il 25 luglio del 1946, durante una serie di test nucleari denominata Operation Crossroads, le forze armate degli Stati Uniti fecero detonare la testata nucleare "Baker" dalla potenza di 23 kilotoni nell'atollo Bikini, situato nell'arcipelago delle Isole Marshall. In totale si svolsero 67 test nucleari, con gravi conseguenze per la popolazione delle isole © dipartimento di Difesa degli Stati Uniti, Pubblico dominio

Gli oltre duemila test atomici svolti tra il 1945 e il 2017 hanno causato gravi contaminazioni ambientali ed esposto le comunità colpite ad alti livelli di radioattività, anche a grandi distanze. La potenza esplosiva combinata dei circa 500 test atmosferici è stata pari a 29mila bombe di Hiroshima. Ma il mito del riarmo resiste e drena risorse. Intervista a Tim Wright, tra i massimi esperti di disarmo nucleare

Gli arsenali nucleari e il pericolo che questi pongono per l’umanità vengono troppo spesso raccontati nei termini banalizzanti e astratti della politica. Un elemento invece cruciale per comprenderne la portata è quello dell’impatto umanitario, sia di un possibile utilizzo in conflitto di testate nucleari, sia di tutta la fase del loro sviluppo.

Ne abbiamo parlato con Tim Wright, tra i massimi esperti di disarmo nucleare che per la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (Ican) coordina gli sforzi per l’universalizzazione del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw).  

Wright, pochi giorni fa (il 29 agosto) si è celebrata la Giornata internazionale contro gli esperimenti nucleari, un aspetto che normalmente viene dimenticato e sottovalutato quando si parla di armi nucleari. Quanti ce ne sono stati? Quali regioni hanno colpito e con quali conseguenze?
TW Ci sono stati più di duemila test nucleari. Il primo è stato effettuato nel Nuovo Messico nel 1945, poche settimane prima dei bombardamenti atomici statunitensi di Hiroshima e Nagasaki. Il più recente -e si spera l’ultimo- si è svolto in Corea del Nord nel 2017. La maggior parte degli Stati dotati di armi nucleari ha smesso di condurre test su larga scala negli anni Novanta, quando è stato negoziato il Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari. Tuttavia, gli esperimenti subcritici -quelli cioè che non comportano una reazione a catena- sono continuati e ora si teme che i test su larga scala possano riprendere, visto l’acuirsi delle tensioni tra Stati Uniti, Russia e Cina. Dobbiamo fare in modo che ciò non avvenga.
E d
obbiamo anche lavorare per affrontare il gigantesco danno che questi esperimenti hanno causato a livello globale, che, come avete giustamente notato, è troppo spesso dimenticato e sottovalutato. I circa 500 test nucleari atmosferici sono stati particolarmente devastanti dal punto di vista della salute pubblica. La loro potenza esplosiva combinata è stata equivalente a 29mila bombe di Hiroshima. Questi esperimenti tossici di distruzione di massa hanno provocato epidemie di tumori e altre malattie croniche, e vaste aree rimangono radioattive e non sicure per l’abitare, anche decenni dopo la chiusura dei siti. I test nucleari sono stati condotti in Algeria, Australia, Cina, India, Kazakistan, Kiribati, Ma’ohi Nui (Polinesia francese), Isole Marshall, Corea del Nord, Pakistan, Russia, Turkmenistan, Ucraina, Stati Uniti e Uzbekistan. Ma il fallout radioattivo ha superato i confini nazionali e le conseguenze sono state globali. 

Oltre al fatto che si conosce poco dei test, non si parla mai delle persone che vivono nelle aree vicine ai siti di sperimentazione: per questo Ican ha prodotto strumenti informativi che evidenziano anche la nuova capacità di mobilitazione dei cosiddetti downwinders nucleari”. Quali sono le loro richieste? E come possono aiutare il movimento per il disarmo nucleare?
TW I sopravvissuti ai test nucleari chiedono verità, giustizia e assistenza. Sono stati commessi gravi danni contro di loro ma i responsabili non hanno mai chiesto scusa, né tantomeno sono stati chiamati a risponderne. In alcuni casi, i governi continuano a negare ai sopravvissuti le cartelle cliniche e altre informazioni che li aiuterebbero a comprendere le conseguenze dei test sulla salute. Alcuni chiedono un risarcimento; altri che le loro comunità dispongano di risorse migliori per affrontare il peso dei tumori attraverso le generazioni, o che venga effettuata un’adeguata bonifica degli ex siti nucleari.
Nelle Isole Marshall, ad esempio, dove gli Stati Uniti hanno condotto 67 test, le risorse disponibili per il trattamento dei tumori sono tristemente inadeguate. Come ha rilevato il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite nel 2022, molti cittadini delle Marshall sono costretti a recarsi all’estero per curarsi. Nel Pacifico, come altrove, i bisogni fondamentali dei sopravvissuti ai test nucleari non sono soddisfatti. Ma stiamo cercando di cambiare questa situazione. Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, entrato in vigore nel 2021, ha stabilito un quadro per l’assistenza alle vittime e la bonifica degli ambienti contaminati. La nostra sfida è ora quella di rendere operative queste importanti disposizioni. 

Agosto è come sempre anche il mese in cui si commemorano i devastanti bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki e, ancora una volta, la Campagna internazionale ha voluto sottolineare l’impatto umanitario subito dalle popolazioni. Perché è importante partire da questo aspetto per scardinare il sistema politico-strategico basato sulle armi nucleari e sulle false premesse e promesse di sicurezza e deterrenza?
TW In gran parte del mondo occidentale i bombardamenti atomici sono ancora visti come giustificati, come necessari per porre fine alla guerra. Questa propaganda viene ripetuta continuamente. E ha permesso che la corsa agli armamenti nucleari continuasse. Per cambiare l’atteggiamento verso i bombardamenti -e verso le armi nucleari in generale- dobbiamo continuare a informare l’opinione pubblica della brutale realtà di ciò che è accaduto. Dobbiamo condividere le storie delle centinaia di migliaia di civili che sono stati uccisi e feriti in questi orribili attacchi. Troppo spesso nei media le armi nucleari vengono discusse in termini molto astratti, senza alcun riferimento alle loro conseguenze sulle persone e sull’ambiente. E i governi parlano di deterrenza nucleare”, piuttosto che di armi, per nascondere la terribile verità: si tratta di strumenti progettati per incenerire in un attimo un numero elevatissimo di persone. 

Tim Wright © Ican su Flickr

Tra gli impatti umanitari più negativi e odiosi, e ancora una volta dimenticati, dei bombardamenti atomici c’è sicuramente quello sui bambini. Migliaia di loro hanno subito conseguenze catastrofiche nei due bombardamenti giapponesi. Ican ha voluto accendere i riflettori su questo aspetto con un recente rapporto: che cosa ci dicono i dati raccolti?
TW Abbiamo scoperto che i bambini hanno sofferto per i bombardamenti atomici in modo sproporzionato rispetto al resto della popolazione, poiché sono molto più vulnerabili ai danni delle radiazioni ionizzanti. Hanno anche molte più probabilità degli adulti di subire lesioni mortali a causa del calore e degli effetti dell’esplosione nucleare. Inoltre, il fatto che i bambini dipendano dagli adulti per la loro sopravvivenza li espone a un rischio maggiore di morte e di difficoltà in seguito a un attacco nucleare, con la distruzione dei sistemi di supporto.
Si stima che a Hiroshima e Nagasaki siano stati uccisi più di 38mila bambini. Quelli che, per caso, sono scampati alla morte hanno portato con sé gravi cicatrici fisiche e psicologiche per tutta la vita. Migliaia di bambini persero uno o entrambi i genitori, così come i fratelli. Anche molti di quelli che si trovavano nel grembo delle madri al momento dei bombardamenti atomici sono stati danneggiati a causa dell’esposizione alle radiazioni ionizzanti. Avevano un rischio maggiore di morire subito dopo la nascita o di soffrire di anomalie congenite come danni cerebrali e microcefalia, oltre che di tumori e altre malattie più avanti negli anni. 

Il monumento a Hiroshima che ricorda le vittime dell’esplosione nucleare. Secondo recenti stime più di 38mila bambini rimasero uccisi dalle due bombe atomiche © Skaterlunatic – Unsplash

Come ho sostenuto nel rapporto, queste terribili realtà dovrebbero avere profonde implicazioni per le politiche dei Paesi che attualmente possiedono armi nucleari o che ne sostengono il mantenimento nell’ambito di alleanze militari. Dovrebbero anche spingere le organizzazioni che si dedicano alla protezione dei bambini e alla promozione dei loro diritti a lavorare per affrontare la grave minaccia globale rappresentata dalle armi nucleari. 

Negli ultimi due anni e mezzo, a partire dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ma anche da alcune dichiarazioni di ministri del governo israeliano nel contesto dell’azione militare su Gaza, sono tornate le minacce esplicite di armi nucleari. E tutti gli Stati con arsenali li stanno modernizzando, aumentando le spese. Siamo davvero di fronte a una nuova era di minaccia nucleare esistenziale e totale? Quali sono i maggiori pericoli che vede? E come possiamo contribuire a cambiare questa prospettiva negativa?
TW I rischi nucleari sembrano effettivamente in aumento, il che dovrebbe essere motivo di grande preoccupazione per tutti noi, in qualsiasi parte del mondo viviamo e qualunque sia il nostro orientamento politico. Senza eccezioni, gli Stati dotati di armi nucleari agiscono in modo sconsiderato e pericoloso, e tra loro non ci sono discussioni per far progredire il disarmo. Tutto si muove nella direzione opposta: verso un mondo con più armi nucleari, non con meno. Dobbiamo intensificare i nostri sforzi per stigmatizzare le armi nucleari, anche concentrandoci sulle conseguenze umanitarie del loro uso e dei loro test. E dobbiamo sfidare i doppi standard che ci impediscono di andare avanti. Ogni Paese che possiede queste armi o le ospita sul proprio territorio contribuisce al rischio nucleare. Il problema non è solo la Russia, la Cina o la Corea del Nord. Come ha detto l’ex segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon: “Non ci sono mani giuste per armi sbagliate”.
Dobbiamo anche continuare a sostenere il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, che offre un chiaro percorso da seguire. È la nostra migliore speranza di ottenere un cambiamento significativo. Ogni Paese dovrebbe aderirvi senza indugio. Non ci sono scuse. È importante che le posizioni nazionali si basino sulla volontà del popolo e non siano dettate da potenze straniere o organizzazioni sovranazionali. Il mio timore più grande è che un giorno queste armi terribilmente distruttive vengano usate di nuovo e che il bilancio delle vittime sia di ordini di grandezza superiore a quello di Hiroshima e Nagasaki. Ci si chiederà perché non si è fatto di più per il disarmo. 

Francesco Vignarca è il coordinatore delle campagne della Rete italiana pace e disarmo, promotrice con Senzatomica della campagna “Italia, ripensaci”. Il suo ultimo libro è “Disarmo nucleare” (Altreconomia, 2023)

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