Ambiente / Attualità
Gli impatti dell’ovovia di Trieste, tra il Pnrr e le proposte alternative dei comitati
Il Comune vuole realizzare una cabinovia metropolitana tra il Porto Vecchio, in centro, e l’altopiano del Carso. Un intervento di “sviluppo e potenziamento del trasporto rapido di massa” finanziato con 48 milioni di euro del Pnrr. Ma i comitati evidenziano la scarsa integrazione con la rete esistente, i rischi ambientali e la fragilità economica
Il Comune di Trieste vuole realizzare una cabinovia per collegare il Porto vecchio della città al Carso grazie alle risorse -48 milioni di euro- messe a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ma il progetto è da tempo oggetto di critiche da parte del comitato “No ovovia” che conta sull’adesione di oltre 30 associazioni e realtà ambientaliste locali. Insostenibilità economica dell’opera (che secondo le stime del comitato farebbe perdere alla città circa 100 milioni di euro in 40 anni), incapacità dell’ovovia di integrarsi con il trasporto pubblico locale e rischio idrogeologico sono solo alcune delle ragioni di chi si oppone. Ma la più rilevante è l’infrazione al decreto ministeriale del 2007 “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (Zsc) e a Zone di protezione speciale (Zps)” che, tra le altre cose, vieta l’installazione di impianti a fune nelle aree inserite nella Rete Natura 2000. Se realizzato, il progetto della cabinovia ne andrebbe invece a toccare ben due: la Zona di protezione speciale Aree carsiche della Venezia-Giulia e la Zona speciale di conservazione Carso triestino.
“La Rete Natura 2000 è stata istituita in base alla Direttiva europea ‘Habitat’ del 1992, recepita dal nostro governo -spiega ad Altreconomia l’architetto Willam Starc del comitato ‘No ovovia’- quindi ci ha sorpreso che l’Amministrazione comunale e i tecnici non ne fossero a conoscenza o l’avessero ignorata. Il pronunciamento dell’Avvocatura generale dello Stato per un impianto analogo (quello sullo Stelvio, ndr) sul punto è inequivocabile”. Il rischio di infrazione fa aumentare la preoccupazione di molti cittadini triestini, che sono scesi in piazza il 17 giugno scorso, spinti dal timore che l’amministrazione perda tempo prezioso per rincorrere un progetto irrealizzabile facendo così sfumare l’opportunità per la città di scommettere invece su un trasporto pubblico diffuso e sostenibile.
Il comitato ricorda inoltre che “dei 22 progetti finanziati dal Bando per il trasporto pubblico rapido di massa del Pnrr solo quello di Trieste è per un’ovovia”. E che “tutte le altre città hanno chiesto e ottenuto finanziamenti anche quattro volte maggiori per tram, filobus elettrici, Bus rapid transir (autobus che viaggiano su corsie preferenziali, ndr) e metropolitane”. La controproposta del comitato punta proprio sull’ipotesi del tram-treno, meno impattante e più agevole per i cittadini: “Siamo per una moderna linea che attraversi il Porto Vecchio e lo colleghi con il centro città lungo la riva del mare. Su questo vorremmo un confronto con il Comune”, dice Federico Zadnich, anche lui contrario all’intervento.
L’incontro auspicato, a oggi, non c’è ancora stato nonostante i tentativi messi in atto dalle associazioni. Inoltre lo scorso maggio il Comune ha anche bocciato la richiesta di referendum sulla cabinovia promossa dal comitato, che in poco tempo era riuscito a raccogliere le firme necessarie. Secondo la commissione dei garanti nominata dall’Amministrazione, infatti, poiché si tratta di una questione nazionale e di un finanziamento legato al Pnrr, l’amministrazione locale “non ha competenza esclusiva in materia”.
“Un collegamento fra la città e il Carso esiste già: è il tram di Opicina -ricorda Mario Mearelli, del Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste, che aderisce al coordinamento a sostegno del comitato- che però non è stato ancora riattivato dopo l’incidente dell’agosto 2016. Con l’ovovia non si farebbe che puntare su un progetto per lo più turistico, la cui stazione sarebbe raggiungibile solo in automobile, senza risolvere i problemi di traffico, ingorgo dei pochi parcheggi disponibili e inquinamento dell’aria. Stupisce e preoccupa che su un argomento così sensibile per la cittadinanza non si sia tenuto conto dell’importante risposta in termini di partecipazione data dalla cittadinanza alla richiesta di referendum”.
Il 2 luglio il comitato ha inoltre discusso alcune richieste di approfondimenti che la Regione Friuli-Venezia Giulia, Arpa e Sovrintendenza hanno inviato al Comune nell’ambito della Valutazione ambientale strategica (Vas). Documenti che conterrebbero rilievi critici su diversi punti, tra cui microclima, flora, fauna, aria e rumore, impatto paesaggistico e, di nuovo, sostenibilità economica dell’opera. “Alla luce dei documenti presentati -dice Starc- riteniamo che il Comune sia costretto finalmente a mettere in discussione il progetto e cercare una soluzione”.
L’amministrazione locale sembra però voler tirare dritto. “I pareri di vari enti sulla Vas di una variante urbanistica sono corretti e dovuti. E in fase di rapporto preliminare servono proprio a evidenziare le possibili criticità che vanno affrontate a approfondite in sede di rapporto ambientale. Ma estrapolare e farci conferenze stampa è profondamente sbagliato oltre che poco corretto essendo in una fase non pubblica e di procedura”, ribatte ad Altreconomia l’assessora alle Politiche del territorio, Sandra Savino. “Il parere espresso da Regione, Sovrintendenza e Arpa è un intervento soggetto a lettura da parte dei cittadini e associazioni -dice però Mearelli-. Tant’è che noi come movimenti abbiamo fatto l’accesso agli atti e li abbiamo visionati. Pareri che, peraltro, sono tutti molto critici”.
Interpellata sui punti “dolenti” relativi al disboscamento in una zona della Rete Natura 2000 per l’installazione dei piloni dell’ovovia e sul rischio idrogeologico che riguarda le aree a monte di Viale Miramare e fino alla stazione di Campo Romano, l’assessora Savino taglia corto: “Questa criticità va affrontata nell’ambito delle procedure ambientali in corso. In termini di rischio idrogeologico i tecnici incaricati sono abituati a costruire cabinovie su versanti franosi in montagna. Senza nessun problema: saranno i geologi incaricati a indicare ogni esigenza”.
Anche sulla proposta del tram sostenuta dal comitato l’assessore è negativa: “Sapete che un tram costa il doppio al chilometro rispetto alla cabinovia? E che ha ingenti costi di gestione? E che le dimensioni delle strade in città ci porterebbero ad avere un tram in fila con le auto? Inoltre non risolverebbe il collegamento tra il Carso e la città, né consentirebbe di alleggerire la pressione su viale Miramare per chi va in Porto Vecchio”. Al contrario, spiega l’assessore, la cabinovia avrebbe il vantaggio di “riuscire ad arrivare ‘volando’ in Porto Vecchio dove si svilupperanno oltre 1,5 milioni di metri cubi di edificato, che diventeranno generatori e attrattori di nuovi spostamenti che non è possibile riversare su viale Miramare che già oggi è in difficoltà”.
Ma anche sul tema del traffico c’è un dato interessante: “La Regione Friuli-Venezia Giulia sostiene che nell’ora di punta l’ovovia trainerebbe solo l’1,25% del traffico stesso -ricorda Zadnich-. Sul trasporto pubblico locale, dunque, il progetto avrebbe uno scarsissimo impatto”.
Anche sulla sostenibilità economica della cabinovia, però, l’assessora Savino non ha dubbi: “Il trasporto pubblico ha un costo per la collettività ma fornisce un servizio. Se ragioniamo come fa il Comitato, allora va evidenziato che la gestione dei bus della città di Trieste costa circa 42 milioni ogni anno alla collettività, quindi 1.600 milioni nelle ipotesi di quarant’anni di gestione. Perché non ci si preoccupa di questo quando si chiedono nuovi bus o tram?”. A supporto delle proprie ragioni, il fronte del No è forte di un dettagliato dossier tecnico prodotto dal comitato scientifico di supporto al Comitato promotore del referendum “No Ovovia” e datato maggio 2022 (qui il foto-inserimento del tracciato dell’ovovia sul tratto Park Bovedo – Campo romano).
La battaglia dei cittadini sembra insomma destinata a non concludersi in tempi brevi: “Abbiamo deciso di organizzare una serie di iniziative nei quartieri nelle prossime settimane -continua Starc- in modo da fare un’azione articolata e partecipativa che coinvolga tutte le parti della città. La prossima settimana probabilmente avremo una prima assemblea pubblica”. E nonostante il Comune cerchi lustro con l’ingaggio di archistar come Massimiliano Fuksas (che il 23 giugno scorso ha svelato i primi rendering della stazione di Porto Vecchio) restano ancora aperti tutti dubbi sull’effettiva congruenza del finanziamento al progetto cabinovia con gli obiettivi dichiarati nella presentazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza: “Per il benessere dei cittadini e lo sviluppo delle imprese nel rispetto dell’ambiente”.
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