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Gli effetti del colpo di Stato in Niger sui richiedenti asilo e sfollati interni

© IOM

A fine luglio il governo del Paese è stato rovesciato a seguito di un golpe militare. Una situazione che aggrava le già precarie condizioni di almeno 700mila persone tra rifugiati e sfollati interni. I meccanismi di evacuazione e di rimpatrio delle agenzie internazionali hanno subito contraccolpi. La testimonianza di Alarm phone Sahara

Il colpo di Stato in Niger del 26 luglio scorso è stato presentato dagli osservatori occidentali come un duro schiaffo agli Stati Uniti e all’Unione europea -Francia in testa- che rischierebbero così di perdere un partner fondamentale nel Sahel in tema di approvvigionamento di uranio e lotta al terrorismo jihadista che imperversa nella regione. Secondo il Global terrorism index, infatti, il Sahel nel 2022 ha registrato il 43% di tutti i morti per terrorismo nel mondo e tre Paesi dell’area -Burkina Faso, Mali e proprio il Niger- sono tra i dieci più colpiti dalle violenze. 

Il Paese, tuttavia, ha rappresentato negli ultimi anni un riferimento strategico anche per un’altra delle ossessioni europee: l’esternalizzazione delle frontiere e la “gestione” dei flussi migratori. È su questo “capitolo” che l’Ue, soprattutto dal 2015, ha investito notevoli risorse attraverso il Fondo fiduciario europeo per l’Africa (Eutf) e la Missione internazionale Eucap Sahel Niger; seguita dall’Italia con la Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (Misin) e la Strategia italiana in Niger per la gestione delle migrazioni elaborata nel 2020 dalla Farnesina insieme ad alcune agenzie delle Nazioni unite. Per la sua posizione di crocevia che lo vede condividere quasi seimila chilometri di confine con sette Stati, il Paese è al centro della maggior parte delle rotte migratorie della regione e solo nella prima metà del 2023 è stato attraversato da oltre 60mila persone. 

Transitanti che oggi più che mai si ritrovano a vivere un momento di estrema vulnerabilità e insicurezza. Le entrate economiche del Niger derivano per circa il 50% dagli aiuti umanitari che a partire dal 26 luglio sono stati “congelati” dai donatori, a questo si aggiungono le sanzioni e le restrizioni sulla circolazione imposte dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas). Circostanze che hanno determinato un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e delle materie prime che pesa sulla popolazione locale ma anche sui migranti e sulle organizzazioni che li assistono. Inoltre ad agosto si è registrato un forte aumento dei violenti attacchi dei gruppi armati, in particolare vicino al confine con Mali e Burkina Faso, che hanno causato altri 20mila nuovi sfollati interni e messo ancora più a rischio la popolazione migrante spesso oggetto di violenze e soprusi da parte di queste bande criminali. 

“Questi fattori hanno peggiorato le già disastrose prospettive umanitarie delle popolazioni vulnerabili, in particolare sfollati interni, rifugiati, richiedenti asilo e comunità ospitanti -ha denunciato l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) in una comunicazione ufficiale il 29 agosto-. Il Niger attualmente dà rifugio a 700mila sfollati: 350mila rifugiati e richiedenti asilo e 350mila sfollati interni. Inoltre, continuano i movimenti intorno ai confini del Paese, anche se su scala modesta, con più di 2.500 persone provenienti da Nigeria, Mali e Burkina Faso che hanno chiesto asilo in Niger nelle prime due settimane di agosto. Non sono stati segnalati di recente grandi spostamenti di popolazione dal Niger verso i Paesi limitrofi”.

L’Unhcr è presente nel Paese anche per dare supporto a richiedenti asilo e rifugiati evacuati dalla Libia tramite l’Emergency transit mechanism (Etm), uno strumento attivo dal 2017 che ha offerto protezione nel corso degli anni a 4.242 persone. “Attualmente circa 600 rifugiati sono ospitati nel campo di Hamdallaye vicino a Niamey, che è alla sua massima capacità. Tra loro, cento sono in attesa di partire verso Paesi terzi ma sono al momento sono bloccati dalla chiusura dello spazio aereo del Niger, altri 275 sono in attesa di una decisione da parte dei Paesi di reinsediamento o i loro casi sono in fase di valutazione -continua l’Unhcr-. Prima del colpo di Stato del 26 luglio, era previsto un volo Etm dalla Libia per il quarto trimestre. Siamo in attesa dell’approvazione delle autorità per il trasferimento e continueremo a monitorare le condizioni per determinare la fattibilità dell’ingresso di nuovi rifugiati Etm nel Paese”. 

Anche il lavoro di un’altra Agenzia internazionale è diventato molto complicato a partire dal colpo di Stato. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) il 18 agosto ha lanciato l’allarme e lo ha ribadito il primo settembre: è urgente aprire i corridoi umanitari per evacuare i migranti bloccati in Niger, la maggior parte dei quali è “ospitata” in centri sovraffollati in attesa del “rimpatrio volontario”. Dal 2015 infatti l’Oim porta avanti con il supporto economico di Ue e Stati membri dei programmi di Rimpatrio volontario assistito e alla reintegrazione (Avrr) all’interno del Migration response and resource mechanism (Mrrm), che tra il 2016 e il luglio 2019 hanno coinvolto nel ritorno al proprio Paese d’origine oltre 50mila persone. L’organizzazione avrebbe attualmente in carico circa cinquemila migranti nei sette centri di transito che gestisce tra la regione di Agadez e quella di Niamey, dove fornisce assistenza umanitaria (alloggio, cibo, assistenza sanitaria) e supporto, appunto, nel rimpatrio volontario nei Paesi di origine. Al momento però la capacità di questi centri è sovraccarica e ci sarebbero 1.400 persone senza alcun tipo di assistenza fuori dai campi, oltre a 710mila persone -tra rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni- sfollate.

“La recente chiusura delle frontiere e dello spazio aereo ha aggravato le difficoltà dei migranti bloccati e ha ostacolato le operazioni di rimpatrio volontario assistito dell’Oim. In dieci giorni sono state cancellate o rinviate diverse partenze destinate a facilitare il rimpatrio volontario di oltre mille migranti, principalmente diretti in Mali e in Guinea -spiega in una nota l’Agenzia-. L’Oim rimane impegnata a fornire i servizi essenziali ai migranti nei suoi centri, ma l’attuale estremo sovraffollamento fa temere per la salute e la sicurezza dei migranti e per la capacità dell’Organizzazione di fornire assistenza salvavita”. 

“Il colpo di Stato in Niger non fa che aggravare la già critica condizione dei migranti presenti nel Pese e come osservatore non posso che temere il peggio -spiega ad Altreconomia Azizou Chehou, attivista di Alarm phone Sahara e Jeunesse nigérienne au service du développement durable, due organizzazioni attive nel Paese-. Le condizioni abitative, alimentari e sanitarie sono deplorevoli e oltre al numero di persone già registrate per partire verso i loro Paesi d’origine, sono previste altre ondate che non faranno altro che aumentare le necessità di base. Alcune persone stanno organizzando in autonomia il proprio viaggio con trasferimenti di denaro dai parenti ma è improbabile che questo funzioni viste le sanzioni, incluse quelle sui trasferimenti di denaro, adottate dall’Ecowas. Anche il sovraffollamento dei campi dell’Oim è semplicemente una conseguenza logica delle misure congiunte adottate dall’Ecowas e dai politici occidentali”.

Preoccupazioni espresse anche dalle agenzie Onu presenti nel Paese. “Le operazioni dell’Oim sono attualmente condizionate da finanziamenti limitati che richiedono un’allocazione strategica per rafforzare i servizi per i migranti all’interno dei centri di transito e per sostenere le comunità ospitanti vulnerabili. L’Organizzazione sottolinea l’importanza della collaborazione internazionale e del sostegno finanziario per evitare che la situazione degeneri in una vera e propria crisi umanitaria e per affrontare efficacemente i bisogni immediati e urgenti dei migranti e delle popolazioni sfollate, salvaguardando la loro sicurezza e dignità”, scrive l’Oim, a cui fa eco l’Unhcr. “Data la rapida crescita dei bisogni, l’Alto commissariato chiede a tutti gli attori della regione e non solo di garantire un’assistenza continua e salvavita in Niger. Attualmente, l’Unhcr ha ricevuto solo il 39% dei 135,7 milioni di dollari necessari per sostenere le attività umanitarie di quest’anno. Il fabbisogno di fondi è destinato ad aumentare se la crisi si aggraverà nei prossimi mesi”. 

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