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Il Covid-19 non ferma i processi contro i crimini di guerra

Il report dell’ong Trial International fotografa l’andamento dei procedimenti basati sulla giurisdizione universale: nel 2020 si sono aperti 18 nuovi processi e 144 sospettati sono stati portati davanti alla giustizia

Immagini delle vittime del genocidio avvenuto in Rwanda nel 1994 esposte al "Kigali Genocide Memorial Centre" © Andy Wallace via Flickr

Il Covid-19 non ha fermato l’attività degli inquirenti che indagano su crimini di guerra, crimini contro l’umanità, tortura e genocidio sulla base del principio della giurisdizione universale. Nonostante le difficoltà causate dalla pandemia, gli ostacoli nel condurre le indagini sul campo e nell’organizzare i processi, nel corso del 2020 si sono aperti almeno 18 nuovi processi e 144 sospettati sono stati portati davanti alla giustizia.

È quanto emerge dall’edizione 2021 dell’Univeral Jurisdiction Annual Review pubblicata dall’Ong Trial International che, come spiegano gli stessi autori del report, “si concentra solo sui casi più importanti, in cui i giudici o i procuratori hanno iniziato a indagare i crimini internazionale più gravi”. Non si tratta quindi di un’analisi di tutti i ricorsi presentati da vittime, avvocati e organizzazioni non governative sulla base del principio della giurisdizione universale, ma si concentra su quei casi che nel corso del 2020 hanno registrato progressi giudiziari significativi.

Quello della giurisdizione universale è un principio del diritto internazionale basato sull’idea che alcune norme internazionali siano talmente rilevanti da valere per tutti gli stati del mondo. E che, di conseguenza, tutti gli Stati debbano impegnarsi per sanzionare gravi violazioni del diritto internazionale come genocidio, tortura, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. In base al principio della giuristizione universale, gli autori di questi crimini possono essere processati in Paesi diversi dal proprio, anche se le vittime non sono cittadini del Paese in cui si svolge il processo.

Tra i casi di maggior rilievo del 2020 riportato nel report di Trial International spiccano il processo in corso a Coblenza, in Germania, che vede sul banco degli imputati due ufficiali dell’intelligence siriana, l’arresto in Francia di Roger Lumbala, accusato di genocidio in Congo e l’apertura del processo in Svizzera contro Alieu Kosiah, accusato di crimini di guerra e di aver reclutato bambini soldato durante la guerra civile in Liberia.

“Anche se la pandemia ha avuto un impatto sui casi di giurisdizione universale, si è trattato più di una riorganizzazione che di un’interruzione alle attività. L’iter di molti casi non si è fermato e nuovi sospettati sono stati portati davanti alla giustizia -si legge nel report-. Nemmeno una crisi sanitaria globale è stata in grado di fermare il ricorso alla giurisdizione universale. A riprova, se ce ne fosse bisogno, della solidità dei processi compiuti negli anni precedenti”-

“Fatta eccezione per le prime settimane della scorsa primavera, quando tutto il mondo è stato preso alla sprovvista, l’intera comunità giudiziaria è stata in grado di adattarsi rapidamente -commenta Valérie Paulet consulente legale di Trial International-. Magistrati, giudici e Ong hanno agito velocemente e hanno messo a punto soluzioni creative per continuare il proprio lavoro”. Il settore che ha maggiormente risentito delle limitazioni imposte dal Covid-19 è stato quello delle indagini sul campo, che richiedono una libertà di movimento difficile da conciliare con le norme imposte in molti Paesi per limitare la diffusione del virus. Per contro, la possibilità di organizzare meeting virtuali (grazie all’utilizzo di piattaforme digitali) ha offerto a vittime e testimoni la possibilità di parlare con gli inquirenti dalla propria abitazione, riducendo il rischio di essere scoperti o seguiti.

Nel corso del 2020, il processo che ha maggiormente attirato l’attenzione dei media è sicuramente quello che si è aperto a Coblenza, in Germania, contro due funzionari dell’intelligence militare siriana e che rappresenta il primo procedimento a livello mondiale volto ad accertare il sistema delle torture di Stato in Siria. Il 24 febbraio 2021, Eyad al Gharib è stato condannato a quattro anni e mezzo di carcere per il suo ruolo nell’arresto e nel trasferimento dei prigionieri del regime nei centri di detenzione e interrogatorio gestiti dal governo di Assad. Proseguirà invece per buona parte del 2021 il processo contro l’altro imputato, Anwar Raslan, la cui sentenza è attesa per il mese di ottobre.

Ma il 2020 è stato un anno importante per la giurisdizione universale anche per un altro processo: quello che si è aperto il 3 dicembre a Bellinzona in Svizzera nei confronti di Alieu Kosiah, ex comandante di un gruppo ribelle che ha combattuto durante la guerra civile in Liberia. Kosiah è accusato, tra le altre cose, di crimini di guerra, di aver partecipato o ordinato l’omicidio di civili, di stupro e di aver reclutato bambini soldato tra marzo 1993 e la fine del 1995. Il procedimento contro di lui si è aperto nell’estate del 2014 quando sette cittadini liberiani hanno presentato una denuncia contro Kosiah, grazie al supporto dell’Ong svizzera “Civitas Maxima”, che è stato arrestato nel novembre 2014.

Sempre a dicembre 2020 a Parigi è stato arrestato Roger Lumbala: ex leader del “Rassemblement congolaise pour la démocratie national” è accusato di complicità in crimini contro l’umanità commessi nella Repubblica Democratica del Congo tra il 2000 e il 2003.

Gli inquirenti e i tribunali belgi sono molto attivi riguardo i casi di giurisdizione universale che riguardano i massacri commessi in Rwanda nel 1994. La Corte suprema di Bruxelles ha confermato la condanna a 25 anni di carcere nei confronti di Fabien Neretsé per genocidio e per l’uccisione di una cittadina belga. A settembre 2020 altri tre cittadini ruandesi (Pierre Basabose, imprenditore vicino al governo di Kigali; Séraphin Twahirwa, leader della milizia interahamwe; Christophe Ndangali, insegnante e intellettuale) sono stati incriminati per gravi crimini contro l’umanità. Due di loro attualmente si trovano in carcere in attesa dell’inizio del processo.

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