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Il valore delle farmacie comunali: presidi al servizio del welfare

Farmacia comunale di via Alcuino

Delle oltre 18.500 farmacie italiane, quelle comunali sono rimaste meno del 10%. Ma il loro contributo è determinante per la crescita del benessere sociale delle città. Il caso delle “Farmacie Comunali Riunite” di Reggio Emilia

Tratto da Altreconomia 199 — Dicembre 2017

C’è una mostra “senza barriere”, a Palazzo Magnani di Reggio Emilia. Un percorso espositivo fruibile anche da persone con disabilità fisiche e psichiche, grazie all’affiancamento di personale specializzato, perché “l’arte sia via di accesso privilegiata al benessere di tutte le persone”. L’accessibilità della mostra “Kandinsky→Cage. Musica e Spirituale nell’Arte” è un tassello del più ampio progetto dell’amministrazione comunale “Reggio Emilia città senza barriere” (cittasenzabarriere.re.it), portato avanti dall’azienda speciale “Farmacie Comunali Riunite”.

Reggio Emilia, infatti, ha una storia unica nella gestione delle farmacie al servizio della comunità. È qui che nel 1903 è stata fondata la prima farmacia comunale d’Italia. “La municipalizzazione del servizio farmaceutico aveva una finalità ben precisa: somministrare gratuitamente farmaci alle fasce più deboli della popolazione”, racconta Annalisa Rabitti, presidente dal 2015 dell’azienda speciale controllata al 100% dal Comune di Reggio Emilia, “Farmacie Comunali Riunite” (Fcr, fcr.re.it). La municipalizzata fondata nel 1947 è stata trasformata nel 1993 in azienda speciale pluriservizi, per poter svolgere funzioni complementari alla distribuzione dei farmaci. “Con lo sviluppo aziendale, le ‘Farmacie Comunali Riunite’ hanno assunto un ruolo determinante per la crescita del benessere sociale della città -spiega Rabitti-. Come dice il nostro slogan: ‘Noi ci siamo per tutti’”. L’azienda, infatti, è a tutti gli effetti uno degli strumenti delle politiche sociali del Comune di Reggio Emilia, poiché reinveste parte degli utili nel territorio e garantisce numerosi servizi dedicati alla “cura dei cittadini, in particolare delle fasce più deboli come gli anziani, i disabili o i minori stranieri non accompagnati”.

Il bilancio 2016 delle “Farmacie Comunali Riunite” ha chiuso con un risultato positivo di 24.314 euro e un fatturato di 37 milioni di euro, in crescita nonostante la diminuzione del 3% della spesa farmaceutica nella Provincia di Reggio Emilia. 11.200.000 euro di ricavi (in media 400mila euro per ciascuna delle 28 farmacie) sono stati destinati al welfare della città, in attività di sostegno ai cittadini più fragili, incontri di sensibilizzazione e formazione, attività di sportello sociale e lo sviluppo del progetto “Reggio Emilia città senza barriere”. A partire dalla convinzione che le differenze siano una risorsa culturale, questo progetto ha il doppio obbiettivo di “superare le barriere architettoniche presenti in città, agevolando la mobilità di persone con disabilità, e infrangere le barriere di natura culturale, che sono spesso la prima causa di emarginazione sociale”, spiega la presidente Rabitti, che coordina il progetto. “Reggio Emilia città senza barriere” si sviluppa in modo partecipativo in nove tavoli di lavoro tematici (mobilità, barriere architettoniche, formazione, accoglienza, educazione e percorsi di vita, lavoro, sfide, anima, disabilità come risorsa) con le associazioni del territorio, che condividono idee ed elaborano iniziative da realizzare durante l’arco dell’anno.

Sono 25, su 36 nel Comune di Reggio Emilia, le farmacie gestite dall’azienda speciale, più una parafarmacia e due farmacie in provincia gestite in concessione; 1.800 i clienti complessivi e 140 i dipendenti pubblici impiegati nelle farmacie e altri 120 nelle diverse attività di “Farmacie Comunali Riunite”. Il bilancio positivo dell’azienda speciale si deve alla sua dinamicità e alla pluralità dei servizi offerti, spiega Rabitti. “Seguiamo la distribuzione intermedia dei medicinali anche a clienti privati, tra cui altre farmacie del territorio, con cui abbiamo una relazione positiva, e forniamo un servizio di informazione e documentazione scientifica ai clienti”, dice. Inoltre, dagli anni Duemila, l’azienda ha sviluppato il sito saninforma.it per il commercio elettronico dei farmaci alle aziende e ai consumatori finali e, in collaborazione con il Comune e l’Ipab, ha inaugurato la casa per anziani non autosufficienti “Villa Le mimose”. Si previene così, secondo Rabitti, la perdita dell’identità sanitaria delle farmacie, riportando al centro il ruolo del farmacista e l’ascolto dei bisogni degli abitanti. “Per la storia centenaria delle ‘Farmacie Comunali Riunite’, a Reggio Emilia c’è un legame forte con le farmacie pubbliche e riscontriamo che molti dei nostri comportamenti nel servizio hanno influenzato positivamente anche le farmacie concorrenti, in particolare nell’adesione comune a campagne informative sulla prevenzione, la salute e l’uso dei medicinali”.

Su 18.549 farmacie presenti sul territorio nazionale, le farmacie comunali rappresentano -secondo i dati Assofarm, (l’associazione delle aziende e servizi socio-farmaceutici comunali, assofarm.it)- quasi il 9% (1.656) del totale, per la maggior parte (1.136 farmacie) concentrate nel Centro-Nord Italia.

“Con lo sviluppo aziendale, le ‘Farmacie Comunali Riunite’ hanno assunto un ruolo determinante per la crescita del benessere sociale della città” (Annalisa Rabitti)

Oltre a queste, un ruolo importante lo gioca Admenta Italia, una società per azioni con sede a Bentivoglio (BO), che sta dietro al marchio “LloydsFarmacia e a “Farmacia Comunale. Se risaliamo la filiera di queste “farmacie comunali” troviamo un colosso globale del settore farmaceutico: Admenta Italia, infatti, è la holding italiana del gruppo tedesco McKesson Europe AG, che fino allo scorso ottobre si chiamava Celesio AG. McKesson Europe -controllata a sua volta dalla multinazionale americana McKesson Corporation- è un gruppo attivo in 13 Paesi europei, con 39mila dipendenti, 2.100 farmacie di proprietà e 300 in gestione.

In Italia, Admenta, con un fatturato di 23 milioni di euro nel 2017, 11 milioni e 200mila euro di ricavi e 73 addetti, detiene una quota di maggioranza delle società di gestione di 168 “farmacie comunali” in 26 Comuni. Sono AFM Spa di Bentivoglio (BO, 79,9%); AFM Cremona Spa (77,8%) e per l’80% l’Azienda Farmacie Milanesi Spa, Far.co.san Spa di San Giovanni Valdarno (AR), Farmacie di Parma Spa, Farmacie Pratesi Pratofarma Spa e Lissone Farmacie Spa, in provincia di Monza e Brianza; oltre al 100% della società FarmAlvarion srl e a 27 farmacie Lloyds.

Tra gli attori privati più rilevanti c’è Admenta Italia, società per azioni con sede a Bentivoglio (BO) che controlla i marchi “LloydsFarmacia” e “Farmacia Comunale”

Ma quante risorse delle farmacie comunali italiane sono reinvestite in sistemi di welfare locale come avviene a Reggio Emilia? Secondo Venanzio Gizzi, presidente di Assofarm e dell’“Unione europea delle farmacie sociali” -l’Uefs, che conta 2.300 farmacie e una decina di grossisti tra Belgio, Francia, Italia, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito e Svizzera- “negli ultimi due anni sono stati reinvestiti nei Comuni circa 150 milioni di euro provenienti dalle farmacie comunali italiane (una media di 90mila euro l’una, ndr), oltre a 4 milioni di risorse immateriali investite nella prevenzione e nella formazione ai cittadini”. Al di là di questo contributo al welfare dei Comuni, Gizzi insiste sull’importanza delle farmacie comunali come spazio di primo ascolto del cittadino e del ruolo relazionale del farmacista. “Le farmacie sono i presidi sanitari più vicini ai cittadini, dove trovare con orari continuati un operatore della salute con cui confrontarsi. Valorizzando la loro funzione ed emancipando il ruolo del farmacista dal venditore di prodotti avremo un ritorno in termini di salute e una potenziale diminuzione dei ricoveri, con un risparmio per il Sistema sanitario nazionale”, sostiene Gizzi. L’esperienza a cui Assofarm guarda in questo momento è quella del “farmacista di famiglia”, una figura professionale scelta liberamente dal paziente affetto da malattia cronica, che prenderà direttamente in carico la sua terapia farmacologica. Il modello per Assofarm è il Belgio, “perché più di ogni altro Paese incentra il ruolo del farmacista nel rapporto consulenziale con il paziente” e sta per trovare in Italia una prima sperimentazione in collaborazione con la Usl Toscana Sud Est.

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