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L’epidemia rischia di favorire l’economia criminale

© Silvia Nesso - Flickr

Le mafie dispongono di ingenti capitali e sono pronte per approfittare della crisi causata dal Coronavirus. Non dobbiamo permetterlo. La rubrica di Pierpaolo Romani (Avviso Pubblico)

Tratto da Altreconomia 226 — Maggio 2020

In queste settimane, le sirene sono suonate davanti agli ospedali e alle case di riposo per testimoniare vicinanza e stima a medici, infermieri e personale non sanitario per lo straordinario lavoro che stanno portando avanti nell’affrontare l’emergenza Coronavirus. Queste sirene non sono state le uniche. Altre, metaforicamente, ne sono suonate. Sono state quelle dei nostri servizi di sicurezza che, alla fine di marzo, hanno inviato una nota alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per allertare che l’Italia sta correndo un rischio concreto: l’espansione delle mafie nei territori e nell’economia. Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha prontamente allertato tutti i questori e i prefetti e al Viminale è stata attivata una cabina di regia composta dai rappresentanti di tutte le forze di polizia e del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, aperta alla collaborazione di enti e organismi, pubblici e privati, che siano in grado di fornire un apporto qualificato.

La storia ci ha insegnato che nei momenti di emergenza la criminalità mafiosa e dei colletti bianchi cerca sempre di approfittarne per fare affari e condizionare la vita politica, economica e sociale del Paese. È successo, ad esempio, con il terremoto dell’Irpinia del 1980 che ha visto la camorra campana diventare impresa criminale capace di impadronirsi, con la corruzione e la complicità di pezzi della classe politica, di ingenti capitali pubblici stanziati per la ricostruzione. Tutto questo non deve più ripetersi. I nostri apparati investigativi, la nostra magistratura e anche il mondo dell’associazionismo, dei sindacati e delle categorie del mondo produttivo, oggi dispongono di un patrimonio di conoscenze del fenomeno mafioso decisamente superiore rispetto a quello di trent’anni fa.

105.789 sono le segnalazioni di operazioni sospette (SOS), ricevute nel 2019 dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia (+ 7,9% rispetto al 2018). Gli importi delle operazioni segnalate hanno superato i 49 miliardi di euro. Le SOS sono un indicatore di riciclaggio di denaro illecito

Il lockdown stabilito dal Governo per impedire il diffondersi del virus ha imposto la chiusura di tutte le attività produttive, commerciali, culturali e del Terzo Settore considerate non essenziali. Sono state chiuse scuole e università. Questo ha generato, e genererà purtroppo anche in futuro, la perdita di migliaia di posti di lavoro, la riduzione dei salari, una diffusa crisi di liquidità, l’aumento della povertà, della paura e della tensione sociale. In questo drammatico scenario, i mafiosi si sono mobilitati immediatamente. Al Sud, per esempio, hanno attivato il welfare criminale distribuendo pacchi di pasta, di zucchero e mascherine alle famiglie in difficoltà con l’obiettivo di acquisire quel consenso sociale vitale come l’acqua per i pesci. Non si è fermato il mercato della droga. Le piazze dello spaccio sono state sostituite da consegne a domicilio o davanti ai supermercati. Questo anche nelle regioni centro-settentrionali. Tuttavia, la vera partita si gioca nel campo economico. Nell’emergenza, i mafiosi godono di un vantaggio: dispongono di ingenti capitali liquidi con i quali possono permettersi di operare come un sistema bancario parallelo a quello ufficiale. Da una parte, la criminalità mafiosa può prestare denaro a imprenditori e famiglie in difficoltà. Dall’altra, i boss possono investire nell’acquisto di attività che certi imprenditori, impauriti dallo scenario attuale e futuro, possono decidere di vendere a prezzi inferiori rispetto a quelli di mercato.

Il futuro non sarà affatto semplice da affrontare. Tuttavia, una cosa deve essere chiara: la ripartenza e il rilancio della nostra società e della nostra economia devono avvenire senza lasciare spazio a mafiosi e corrotti e devono essere ancorate ai principi di legalità, corresponsabilità e trasparenza.

Pierpaolo Romani è coordinatore nazionale di “Avviso pubblico, enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie

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