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Distruzione dell’Amazzonia, nuove prove contro Bolsonaro

Jair Messias Bolsonaro è presidente del Brasile dal primo gennaio 2019 © celsopupo, depositphoto

A metà maggio un gruppo di giuristi legati all’Ong austriaca AllRise ha depositato presso la Corte penale internazionale dell’Aia nuove prove contro il presidente del Brasile, accusato di crimini contro l’umanità legati alla distruzione dell’Amazzonia. L’appello per dar impulso alle indagini

Un gruppo di giuristi legati all’Ong austriaca AllRise ha depositato il 10 maggio presso la Corte penale internazionale dell’Aia (Cpi) nuove prove contro Jair Bolsonaro, presidente del Brasile, accusato di crimini contro l’umanità legati alla distruzione dell’Amazzonia. Le nuove prove mettono in luce come da ottobre 2021 -data a cui risale la prima denuncia, cui questo nuovo dossier va ad aggiungersi- siano aumentate la deforestazione illegale e le attività minerarie nella foresta. Oltre a integrare le evidenze della prima denuncia, il nuovo documento serve anche come richiamo alla Corte per agire in fretta e avviare un’indagine preliminare sulla base delle diverse denunce mosse contro Bolsonaro e la sua amministrazione, che già si trovano negli uffici del procuratore capo della Cpi, Karim A.A. Khan.

In una lettera aperta indirizzata al procuratore Khan e consegnata insieme al nuovo dossier, gli avvocati dello studio legale internazionale Bourdon & Associates, insieme ad AllRise, Deutsche umwelthilfe e Avaaz, ricordano al procuratore Khan che tra novembre 2019 e ottobre 2021, la Corte penale internazionale ha già ricevuto quattro denunce contro il presidente, ma che solo due di queste hanno avuto una risposta. Secondo i legali, “pur riferendosi a crimini diversi, questi erano in realtà legati da una radice comune, ossia l’incessante devastazione dell’Amazzonia”.

Nel documento, inoltre, i firmatari prendono atto dall’estremo carico di lavoro della Cpi, a cui si somma quello legato alla guerra di aggressione ai danni dell’Ucraina. Pur valutando positivamente e riconoscendo l’importanza dell’apertura di un’indagine sui crimini commessi nel Paese est europeo, “riteniamo che questa non debba limitare l’ordine del giorno ad aprire e gestire altre indagini, altrettanto urgenti ed essenziali per la comunità internazionale”. Nella lettera, inoltre i legali e gli attivisti evidenziando come la distruzione della foresta amazzonica abbia un impatto diretto sulle popolazioni indigene che si prendono cura e vivono in queste zone da secoli: “A causa dell’ineguagliabile importanza di queste foreste per il clima globale, le conseguenze della loro distruzione interessano tutta l’umanità”, sottolineano.

La distruzione dell’Amazzonia ormai si vede a occhio nudo. Secondo i dati pubblicati dall’Agenzia di ricerca spaziale brasiliana (Inpe), nei primi due mesi del 2022, la deforestazione ha interessato un’area tre volte maggiore rispetto a quella dello stesso periodo nel 2021. E le ultime prove presentate da AllRise evidenziano l’aumento della deforestazione. In reazione al più recente rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) pubblicato il 4 aprile, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres ha affermato che “alcuni leader di governo e imprenditori dicono una cosa, ma ne fanno un’altra. Stanno mentendo”. Analogamente, anche i firmatari delle lettera affermano che “Bolsonaro mente”.

L’urgenza di avviare un’indagine preliminare è evidente. Questa non è solo l’opinione di AllRise ma anche dei quasi un milione di firmatari che sostengono la petizione “Il Pianeta contro Bolsonaro”. Fra le due denunce che hanno avuto risposta e che sono state citate nella lettera inviata all’ufficio del procuratore Khan, c’è quella presentata nel novembre 2019 dalle associazioni Human rights advocacy collective (CADHu) e dalla Commissione Arns, che hanno accusato il presidente di gravi violazioni ai danni dell’ambiente e dei diritti delle popolazioni indigene. Nel 2020 la Cpi ha deciso di esaminare il documento per valutare se, sulla base dei dati forniti in merito ai presunti crimini, sia possibile giustificare l’apertura di un’indagine preliminare.

La Corte penale internazionale ha giurisdizione in 120 Paesi e processa le persone accusate di genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità oltre a coloro che si sono resi responsabili di crimini di aggressione, una fattispecie penale entrata in vigore nel 2017. Istituita dallo Statuto di Roma nel luglio 1998 ed è entrata in funzione nel luglio 2002. Il Brasile è uno dei Paesi che hanno ratificato la carta istitutiva della Cpi e qualora quest’ultima portasse avanti le accuse Bolsonaro potrebbe diventare il primo presidente brasiliano a essere imputato all’Aia.

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