Diritti / Reportage
Dalla parte giusta del mare. Le storie di chi aiuta i migranti in Grecia
L’esperto di logistica, il giardiniere, l’architetto o il direttore di marketing. Così i volontari comuni hanno raggiunto la frontiera europea. Ecco i loro volti e le loro storie
Quando nell’ottobre 2016 le autorità francesi hanno sgomberato la jungle di Calais -l’enorme accampamento spontaneo sulla costa Nord della Francia-, numerose associazioni di volontari che erano impegnate lì a favore di migranti e richiedenti asilo (tra le 6mila e le 10mila persone) hanno deciso di focalizzare le loro energie nel Paese in cui la situazione dei migranti era più critica: la Grecia. Tra loro anche Alex, ventitreenne di Plymouth (Regno Unito), che ha accettato l’invito dell’Ong inglese Help Refugees (helprefugees.org) a occuparsi della gestione di un magazzino di stoccaggio alla periferia di Salonicco, nel Nord-Est della Grecia.
È in un’ex-fabbrica di materassi a una decina di chilometri dal centro città, che Alex ha gestito per un anno e mezzo, dall’inizio del 2017, un andirivieni di prodotti destinati ai migranti, coordinando allo stesso tempo le attività dei volontari che si mettevano a disposizione per aiutare. I beni, donati o acquistati, venivano numerati e divisi in diverse categorie: vestiti, scarpe, prodotti igienici, prodotti alimentari a lunga conservazione. Nel 2017 le spedizioni sono state soprattutto verso le isole dell’Egeo, ma le richieste continuano ad arrivare anche dalla terraferma, sia durante lo scorso inverno, sia negli ultimi mesi in cui numerose persone sono state trasferite dalle isole. “Gestire un magazzino, che era in parte ciò che facevo anche in Francia, è un lavoro manuale un po’ faticoso che al tempo stesso richiede competenze logistiche -spiega Alex, che a maggio è partito per Lesbo-. Molti volontari arrivano e scoprono che è un lavoro poco emozionante e che non avranno interazione con i rifugiati dei campi, eppure quella di stoccaggio e invio è una delle attività più importanti per aiutare queste persone”.
Durante i suoi diciotto mesi a Salonicco, Alex ha avuto sempre parecchio da fare. E ha avuto modo di confrontarsi quasi ogni settimana con gruppi di nuovi volontari che -da ogni parte d’Europa- si sono spinti fino in Grecia per portare aiuto e solidarietà concreta ai richiedenti asilo e rifugiati bloccati nel Paese.
Sebbene gli aggiornamenti sulla situazione dei migranti in Grecia siano scomparsi dalle prime pagine dei quotidiani internazionali, la situazione resta complicata. A fine 2017, il Paese accoglie circa 84mila tra richiedenti asilo e rifugiati, soprattutto ad Atene e nei centri d’accoglienza gestiti dal Governo nelle regioni settentrionali.
Il contestato accordo raggiunto tra l’Unione europea e la Turchia nel marzo 2016 per fermare i flussi di migranti e richiedenti asilo non è riuscito ad azzerare le partenze: nei primi sei mesi di quest’anno l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr – unhcr.org/greece) ha censito l’arrivo di 13.120 persone via mare, che dalla Turchia (dove i rifugiati sono quasi 3,5 milioni) hanno raggiunto le isole di Lesbo (in 6.939), Chio (in 1.528) e Samos (in 2.858). Bambini e minori non accompagnati rappresentano il 38% degli arrivi, le donne il 23%. I siriani sono la prima nazionalità (il 42,7% del totale), seguiti da iracheni (23,3%) e afghani (11%). Nello stesso periodo, inoltre, più di 7mila profughi hanno raggiunto la Grecia via terra, attraversando il confine che separa l’Europa dalla Turchia nei pressi del fiume Evros. Ai nuovi arrivi, si sommano le migliaia di persone giunte in Grecia durante le grandi ondate di sbarchi dell’estate 2015 (856mila gli arrivi censiti quell’anno da Unhcr) e rimaste poi intrappolate nel Paese a seguito della chiusura della “Rotta Balcanica” nei primi mesi del 2016. Lo smantellamento del campo di Idomeni -baraccopoli informale nata per accogliere i richiedenti asilo che volevano varcare il confine con la vicina Macedonia- nel maggio 2016 ha costretto oltre 8mila persone a cercare accoglienza nei campi nel Nord-Est del Paese.
1.699 le morti accertate di migranti che hanno tentato di raggiungere le coste greche attraverso il Mediterraneo dal 2014 al 2017
Gema, che ha quasi 42 anni, aveva deciso di lasciare il suo lavoro come giardiniere a Madrid e raggiungere la Grecia dopo aver sentito le notizie che arrivavano proprio dal confine greco-macedone nei primi mesi del 2016. Dopo l’atterraggio ad Atene, aveva subito iniziato a lavorare a Idomeni e quando il campo è stato sgomberato, la sua associazione assieme a molte altre si è trasferita a Polikastro, una cittadina poco distante da Salonicco: “Avevano chiuso uno dei campi peggiori che abbia mai visto, ma il Nord della Grecia brulicava di altre situazioni d’emergenza, nell’area attorno a Salonicco c’erano una ventina di campi in condizioni altrettanto pessime”.
“La cosa peggiore, quando si finisce sulla strada molto giovani, è il rischio di continuare a vivere di sola carità e assistenzialismo, perché non si è avuto il tempo di costruire alcun sogno” – Gema
Trascorso un periodo nel campo militare di Patras, sul monte Olimpo, Gema si è spostata a Salonicco dove, per più di un anno, è stata coordinatrice di una cucina sociale a base volontaria che prepara pasti caldi due volte al giorno e li distribuisce ai migranti di strada: centinaia di persone non inserite nel circuito ufficiale dei campi profughi, che vivono perlopiù in edifici in stato di abbandono. I migranti senzatetto sono prevalentemente pakistani: portano comunque avanti le pratiche burocratiche per la richiesta d’asilo politico, pur con la consapevolezza che la loro domanda verrà rigettata. Secondo gli ultimi dati disponibili, forniti dal “Greek Council for refugees” ed elaborati dalla rete europea “European council in refugees and exiles” (ecre.org) il 97,8% delle domande d’asilo presentate dai pakistani nel 2017 sono state respinte. Al contrario, il 99,5% dei siriani ha visto accolta la propria domanda d’asilo, lo stesso vale per il 58% degli iraniani 56,7% degli iracheni, il 54,9% degli afghani. Mentre tra le nazionalità che hanno avuto il tasso più alto di respingimenti spiccano (oltre ai pakistani) i bengalesi (96,7%). Complessivamente, nel 2017 sono state presentate in Grecia 58.661 domande d’asilo. Il 41% dei richiedenti ha ottenuto lo status di rifugiato, mentre il 54% ha avuto esito negativo.
“La cosa peggiore, quando si finisce sulla strada molto giovani, è il rischio di continuare a vivere di sola carità e assistenzialismo, perché non si è avuto il tempo di costruire alcun sogno”, racconta Gema, che, sempre sostenendosi con donazioni raccolte online, coordina da qualche mese una piccola associazione. “Oli Mazi” (“Tutti insieme” in greco) aiuta alcuni migranti di strada a vivere più dignitosamente, offrendo loro un alloggio e sostegno in cambio di un impegno quotidiano in attività sociali, come punto di partenza per diventare indipendenti economicamente.
Per far fronte ai flussi crescenti di migranti in arrivo nel Paese, lo scorso giugno le autorità di Atene hanno deciso di riattivare centri d’accoglienza che erano stati inizialmente aperti all’apice della crisi migratoria del 2015 e successivamente chiusi. Verranno così riaperti i campi di Malakasa ed Elefsina, vicino ad Atene, il campo di Vagiochori, vicino a Salonicco. Complessivamente, il numero di centri d’accoglienza nella Grecia continentale arriverà nei prossimi mesi a quota 25.
“Filoxenia” (filoxenia-intl.org) è un’associazione fondata a Salonicco nel luglio 2016 da un gruppo di persone greche che si erano incontrate all’inizio di quell’anno nel campo di Idomeni. Oltre alla gestione di un centro ricreativo, offre un’abitazione e segue alcuni casi particolarmente delicati di rifugiati siriani o iracheni, in attesa di ricongiungimento familiare in un altro Paese europeo. Una dei membri è Mara, architetto quasi trentenne di Atene, che dopo aver lavorato in uno studio a Londra è tornata in Grecia ed è stata coinvolta nel progetto, per il quale erano utili le sue conoscenze in materia di housing sociale: l’associazione, infatti, è stata la prima della zona -fuori dal circuito ufficiale delle grosse ong- a fornire appartamenti puliti e arredati ai rifugiati.
“Le persone che alloggiano qui stanno portando avanti le loro pratiche burocratiche e, se avranno fortuna, non resteranno in Grecia. Noi vogliamo farli sentire a casa e aiutarli perché questo non diventi solo un momento di passaggio difficile, ma una fase degna della loro vita. Dopo che queste saranno partite, ce ne saranno delle altre, probabilmente meno fortunate in termini di possibilità di andarsene da qui. Orientarsi a livello giuridico e a livello sanitario in un Paese come la Grecia non è facile”, spiega Mara. Da settembre 2016 a oggi, l’associazione ha dato una casa a 130 persone.
Avere un tetto sopra la testa, però, non basta. Inoltre gli appartamenti in cui vivono i rifugiati (che siano gestiti dall’Unhcr, da Ong o da piccole associazioni come “Filoxenia”) sono spesso collocati, per ragioni di disponibilità o di costi, nelle periferie della città o addirittura in Paesini limitrofi. Una situazione che obbliga i migranti a vivere in una condizione di isolamento.
Per questo motivo, i volontari di “Filoxenia” hanno affiancato al programma di housing, una serie di servizi: una clinica medica in collaborazione con gli operatori di “Médicins du monde”, classi di doposcuola per i bambini che vanno a scuola, attività di intrattenimento, un servizio legale. Ai richiedenti asilo e rifugiati, infatti, servono supporto legale e informazioni su come affrontare e risolvere piccoli e grandi problemi quotidiani. “Essere in contatto con studi legali locali aiuta molto, così come conoscere la prassi per avere un certificato medico in un ospedale pubblico o sapere dove altro sia possibile rivolgersi -spiega Mara-. Interagiamo con una rete di servizi locali per dare supporto a queste persone, quando necessario prendiamo in carico le spese grazie a donazioni private, con cui sosteniamo tutta l’attività dell’associazione”.
“Le persone che alloggiano qui, se avranno fortuna, non resteranno in Grecia. Vogliamo farli sentire a casa e aiutarli perché questo non diventi solo un momento di passaggio difficile, ma una fase degna della loro vita” – Mara
Sven, trentenne di Dusseldorf, è arrivato in Grecia nel 2017, seguendo un sacco di vecchi vestiti. “Quando un amico mi ha chiesto di donare abiti per i rifugiati che erano arrivati in Germania ho accettato -spiega-. Non sapevo molto di quello che stava succedendo, così ho deciso di andare a vedere con i miei occhi dove venivano portati quei sacchi. Da lì, la mia vita ha preso un’altra piega”.
Il ragazzo ha lasciato il lavoro come direttore marketing di un’importante casa editrice tedesca e una vita di benessere per fondare una piccola associazione di volontari a Salonicco.
Seguendo alcuni casi molto vulnerabili di migranti, soprattutto siriani, Sven è entrato in contatto con situazioni critiche. Oltre a organizzare attività educative, come lezioni di tedesco e inglese, o programmi ricreativi, il suo compito è stato quello di assistere nell’iter burocratico di richiesta d’asilo o di ricongiungimento familiare, sempre in collaborazione con associazioni di legali. Le frustrazioni, per i diretti interessati e per chi li assiste, non sono state poche: i tempi di attesa di questi procedimenti sono sempre molto lunghi e gli esiti spesso inaspettati.
“Ci sono stati periodi in cui ho lavorato 18 ore al giorno, non lo dico per vantarmi ma perché questo è indice di quanta esigenza ci sia di assistere queste persone, che si trovano in una situazione di limbo molto stressante e a cui non viene data alcuna certezza -riflette Sven-. E la chiusura del programma di ricollocamento dalla Grecia verso altri Paesi dell’Unione Europea, nel settembre 2017, ha peggiorato la situazione”. L’ambizioso piano di ricollocamento, lanciato nel settembre 2015 dal Consiglio europeo, è stato però un fallimento: su 40mila trasferimenti previsti dalla Grecia verso il resto d’Europa, a giungo 2018 erano solo 22mila quelli andati a buon fine.
1.630 i migranti rimandati in Turchia dalla Grecia dall’entrata in vigore dell’accordo tra Ue e il Paese governato da Recep Tayyip Erdoğan (marzo 2016)
“Helping Hands for Greece” (helpinghands4greece.wordpress.com) l’associazione coordinata da Sven fino ad inizio marzo, prima della sua partenza per Larissa (un campo che ospita circa 1100 rifugiati vicino all’omonima città), si è sempre sostenuta con donazioni online provenienti principalmente dalla Germania e continua ad operare a Salonicco, grazie a una squadra di volontari che continuano l’impegno del suo fondatore. (Ha contribuito Ilaria Sesana)
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