Diritti / Reportage
Così la cooperazione internazionale tesse relazioni alla pari tra enti locali
Attivando con i propri omologhi in altri Paesi progetti legati allo sviluppo del territorio, Comuni, Province e Regioni sono gli attori della “cooperazione decentrata”. Ecco chi si sta muovendo, dal Mozambico alla Bolivia
A Betlemme, oggi, il centro storico è ricostruito in 3D. Non è un’attrazione turistica ma un innovativo sistema di gestione del territorio realizzato nella città palestinese grazie al supporto del Comune di Pavia. Con l’Università, la Provincia e l’Anci Lombardia, infatti, l’ente locale sta portando avanti un progetto che prevede anche la creazione di un database per il censimento urbano e il riordino dell’archivio municipale a partire dalle pratiche catastali ed edilizie, in stretta collaborazione con i tecnici di altri comuni italiani coinvolti. È un esempio plastico della “cooperazione decentrata”.
“Queste due parole -spiega Paolo Taraborelli, responsabile Progetti della Ong bresciana Scaip– includono progetti svolti dagli enti locali insieme a omologhi di altri Paesi attraverso lo scambio di pratiche, valorizzando le specifiche competenze delle autonomie italiane. I temi cari alla cooperazione decentrata, a differenza di quelli promossi tradizionalmente dalle organizzazioni non governative, sono quelli tipici delle amministrazioni locali: gestione del territorio, implementazione di servizi per i cittadini, organizzazione del catasto e dell’anagrafe, all’interno di una relazione, quella instaurata tra due enti, che sicuramente è diversa da quella che può esserci tra un soggetto della società civile e un ente pubblico di un Paese terzo”.
Una possibilità di crescita e di sviluppo tra territori “alla pari”, come la definisce Antonio Ragonesi, responsabile della Cooperazione decentrata e Politiche internazionali dell’Associazione nazionale dei comuni italiani. Comuni, Province e Regioni sono entrati a pieno titolo tra i “soggetti del sistema della cooperazione allo sviluppo” sei anni fa con la legge di riforma del settore 125/2014 (vedi Ae 163), e da allora possono contare anche su risorse destinate specificamente alla cooperazione decentrata. Qualche anno dopo questa previsione, nel giugno 2017, l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), ente istituito dalla riforma che opera ad hoc in seno al ministero degli Esteri, ha pubblicato il primo avviso per la “concessione di contributi alle iniziative presentate dagli enti territoriali” dal valore di circa 10 milioni di euro. E a dicembre dello scorso anno è stato bandito il secondo, con scadenza il 25 marzo 2020, che metterà a disposizione della cooperazione decentrata 15 milioni di euro.
I temi della cooperazione decentrata, a differenza di quelli promossi dalle organizzazioni non governative, sono tipici delle amministrazioni locali
A secondo bando ancora “aperto”, è possibile fare un bilancio del primo. Dalla Sardegna al Veneto, infatti, sono stati presentati 53 progetti nel 2017 e 16 hanno ottenuto il finanziamento per promuovere azioni di cooperazione allo sviluppo. In alcuni casi è stata un’occasione per dare continuità a relazioni che affondano le proprie radici nel tempo. Il Comune di Reggio Emilia, ad esempio, ha un rapporto speciale con la città di Pemba, in Mozambico, che risale all’inizio degli anni Settanta. Quando è stato pubblicato il primo avviso dell’Aics è stato quindi spontaneo pensare a un progetto da portare avanti insieme ai “gemelli” di sempre. Così è nato “Particidade”, studiato insieme al Comune di Milano e alla Regione Emilia-Romagna. “È un progetto che insiste su tre aree di lavoro: l’educazione, la pianificazione e la rigenerazione urbana, la formazione professionale e l’imprenditoria giovanile”, spiega Stefano Cigarini della Fondazione E35 del Comune di Reggio Emilia.
Per l’azione dedicata all’educazione sono stati realizzati percorsi di formazione in Mozambico con tecnici comunali e insegnanti italiani che hanno portato alla nascita di servizi municipali pilota nelle città di Pemba e Maputo: ad esempio, attività educative extra-curricolari il pomeriggio nei momenti in cui le scuole sono chiuse o in biblioteca. Per quanto riguarda invece l’urbanistica, si svolgerà a Pemba dal 17 al 21 febbraio un workshop -il secondo- sul tema della rigenerazione e pianificazione al quale parteciperanno i funzionari del Comune di Reggio Emilia insieme agli omologhi dei municipi mozambicani. Obiettivo: realizzare un lavoro pratico di pianificazione e rigenerazione di alcuni quartieri dal quale potranno uscire linee guida utili per lo sviluppo urbano “sostenibile” che dovranno poi essere approvate dai consigli municipali. “Uno dei nostri scopi è coinvolgere il più possibile i dipendenti del comune nei progetti internazionali perché questo porta motivazione, stimoli e curiosità -sottolinea Cigarini-. I progetti prevedono che i tecnici italiani vadano a fare formazione ai partner ma il contesto è talmente diverso che funzionari e dirigenti si devono mettere completamente in gioco: quello che si crea è un vero dialogo, dunque, più che una ‘formazione’”.
Anche il Comune di Foligno (PG) ha ottenuto dal bando Aics poco più di 50mila euro per realizzare un progetto di economia comunitaria e inclusiva nelle città di Tiquipaya e Sacaba in Bolivia. “Eco.com” è stato promosso da otto Comuni umbri col supporto tecnico di Felcos Umbria, una rete di enti locali della Regione, e mira a promuovere lo sviluppo economico dei territori boliviani coinvolti. Michele Mommi, responsabile di progetto, ne racconta l’operato: “L’obiettivo è rafforzare le capacità di produzione, gestione e commercializzazione dei piccoli produttori in vari settori, dalla floricultura all’artigianato. Abbiamo così selezionato dieci realtà che stanno partecipando a un corso di formazione e che potranno implementare la propria attività grazie a un fondo co-finanziato al 50% dai comuni boliviani e dall’Aics. Parallelamente stiamo operando per migliorare la capacità dei comuni partner di promuovere politiche e servizi orientati allo sviluppo dell’economia comunitaria, attraverso seminari di formazione rivolti ai tecnici a cui hanno partecipato esperti dei municipi umbri e boliviani”. Ci saranno anche due forum internazionali -uno in Bolivia ad aprile e uno in Italia a giugno- che si concentreranno sullo scambio di pratiche e sull’incontro di esperienze concrete di economia sociale. “Gli enti locali hanno avuto un ruolo importantissimo partecipando attivamente alla gestione e al finanziamento del progetto: puntiamo molto sulla sostenibilità delle azioni e il coinvolgimento dei comuni è fondamentale in termini di acquisizioni di competenze, di scambio di pratiche, di confronto”.
La cooperazione decentrata sembra rappresentare un’opportunità di crescita per gli enti locali italiani e per quelli degli altri Paesi ma non è ancora accessibile a tutti. “Nonostante le possibilità messe a disposizione dall’Aics, sono pochi i comuni che hanno personale, uffici e risorse da dedicare a queste aree d’intervento e il rischio è che non ci siano le competenze per raccogliere lo stimolo offerto dalla riforma”, riflette Taraborelli di Scaip. E forse ancora non ci sono state sufficienti occasioni di coinvolgimento di nuovi soggetti, di chi non ha esperienza ma potrebbe invece avere interesse a proporsi. “Sarebbe necessario che l’Aics conducesse un’azione più decisa per offrire la possibilità ai comuni di attrezzarsi e cogliere queste opportunità”, aggiunge Ragonesi dell’Anci. Ma le risorse, nonostante la legge 125, restano limitate.
Lo sa bene Giorgio Garelli, responsabile del settore Attività di cooperazione allo sviluppo della Regione Piemonte, un soggetto attivo in questo campo dagli anni Novanta. Operando in particolare in Africa, ha promosso mille progetti investendo oltre 20 milioni di euro, a cui il territorio ne ha aggiunti altrettanti, e nel 2017 ha ottenuto un finanziamento di circa 750mila euro dal bando Aics per promuovere con la Regione Toscana un progetto dedicato al lavoro giovanile in Burkina Faso, in partenariato con sei comuni piemontesi e toscani ed altrettanti burkinabè. “Dei quattro miliardi di euro che vengono a vario titolo stanziati per la cooperazione allo sviluppo dallo Stato, all’Agenzia ne va il 10% e di questa parte solo 15 milioni in due anni e mezzo vengono investiti per la cooperazione decentrata. Rappresentiamo quindi lo 0,2% del budget della cooperazione internazionale italiana e per poterlo utilizzare incontriamo vincoli che rendono il tutto molto complicato”.
I rappresentanti degli enti locali incontrati, però, non hanno intenzione di lasciarsi sfuggire la seconda occasione predisposta dall’Aics. “Questi progetti esaltano il ruolo del comune perché non solo mettono in campo le competenze della macchina amministrativa, tecnica e politica, ma portano con sé visione e approccio culturale allo sviluppo: il comune è l’animatore di politiche che coinvolgono il territorio -sottolinea Massimo Porzi, direttore di Felcos Umbria-. La cooperazione decentrata permette alle istituzioni che sono più vicine ai cittadini di scambiare esperienze e di essere protagoniste di processi di sviluppo concreto”.
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