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Altre Economie / Intervista

Consigli per un mondo “decrescente”. Intervista a Jason Hickel

© Greg Rosenke - Unsplash

Avviarci verso un’economia post-capitalista che tuteli il Pianeta e i diritti dei lavoratori è urgente. L’antropologo economico propone tre vie per cancellare quella “scarsità artificiale” da cui dipende il capitalismo e che porta le persone e le imprese ad adottare strategie di sfruttamento brutali e spesso violente. Lo abbiamo intervistato

“Credo che le narrazioni che si concentrano su questioni di potere e di giustizia, e sull’azione collettiva, siano spesso più efficaci rispetto a quelle focalizzate sul comportamento individuale e il senso di colpa”. L’antropologo economico Jason Hickel -professore presso l’Istituto di scienze e tecnologie ambientali dell’Università autonoma di Barcellona e collaboratore dell’International Inequalities Institute della London School of Economics- è intervenuto a distanza alla conferenza di Venezia “Decrescita: se non ora quando?” nella plenaria sulle “Nuove architetture sociali. Praticare la transizione attraverso nuove forme di condivisione, di comunità, di cooperazione e organizzazione sociale”. Nel suo intervento, che riprendiamo di seguito, ha fatto alcune proposte puntuali per avviarci verso un’economia post-capitalista, tutelando il Pianeta e i diritti dei lavoratori.

Jason, durante il tuo intervento hai parlato di tre soluzioni. La prima affronta il tema della produzione.
JH Esatto. Il consumo e il consumismo sono un effetto del sistema produttivo, non la sua causa. Quindi, invece di limitarci a dire, ad esempio, che dovremmo guidare meno, volare meno e mangiare meno carne -cose che restano comunque importanti- dovremmo soffermarci sul fatto che l’industria automobilistica, quella aerea e quella della carne stanno distruggendo la biosfera, e le vite umane, in nome dei profitti aziendali, e costruire un movimento per fermarli. Qualcuno potrebbe obiettare che un ridimensionamento delle forme di produzione porterebbe a una riduzione dei posti di lavoro. La risposta dal mio punto di vista sta nell’accorciare la settimana lavorativa e ripartire in modo più equo il lavoro necessario. Oltre a prevenire la disoccupazione, questo approccio ha dimostrato di avere ripercussioni positive anche sulla salute, sul benessere mentale e sulla parità di genere.

Restando sul tema del lavoro, seconda misura politica che proponi è l’introduzione di una garanzia pubblica del posto di lavoro, in modo democratico e con un salario di sussistenza.
JH Un programma di garanzia del lavoro, finanziato dallo Stato, garantirebbe a ciascuno di formarsi per partecipare ad altri progetti collettivi -organizzati e gestiti a livello comunitario- sui temi più importanti della nostra epoca: ad esempio, costruire capacità energetica rinnovabile, isolare le case, impegnarsi nel lavoro di cura, produrre cibo locale e rigenerare gli ecosistemi. Questa misura metterebbe fine alla disoccupazione, eliminando la questione dell’accesso ai mezzi di sussistenza. In secondo luogo, consentirebbe di migliorare i salari, gli orari di lavoro e gli standard lavorativi. Se si fissa la garanzia del posto di lavoro a un salario di sussistenza, con 30 ore alla settimana e la democrazia sul posto di lavoro, i datori di lavoro privati saranno costretti a seguirne l’esempio, altrimenti i lavoratori li abbandoneranno. Terzo, la garanzia del posto di lavoro fornirebbe un meccanismo per mobilitare la manodopera e realizzare obiettivi sociali ed ecologici urgenti.

Un terzo tema è quello dei servizi pubblici universali.
JH È un punto cruciale, poiché è evidente che i servizi pubblici sono il motore più importante del benessere sociale. Dobbiamo espandere i servizi pubblici essenziali: sanità, istruzione, alloggi, trasporti pubblici, energia, acqua, internet, cibo nutriente e molto altro. Dobbiamo mobilitare le forze produttive per garantire che tutti abbiano ciò di cui hanno bisogno per vivere una buona vita.

In che modo pensi che queste sole tre misure possano trasformare positivamente l’economia?
JH Sono politiche che assicurerebbero che le nostre risorse comuni e il nostro lavoro collettivo siano mobilitate per produrre per soddisfare i bisogni umani, prima di tutto. E migliorerebbero il potere contrattuale dei lavoratori, il che ridurrebbe a sua volta le disuguaglianze e renderebbe sempre più difficile l’accumulo di capitale da parte di pochi, avviandoci verso un’economia post-capitalista. C’è dell’altro: queste politiche aboliscono la scarsità artificiale da cui dipende il capitalismo. Non abbiamo altra scelta che lavorare e competere con gli altri per essere sempre più produttivi, produrre per il bene della crescita aziendale e dell’accumulo di capitale, per la sopravvivenza. Se falliamo, perdiamo i nostri mezzi di sostentamento, una paura che porta le persone e le imprese ad adottare strategie di sfruttamento brutali e spesso violente. Con i servizi pubblici universali e la garanzia di un posto di lavoro pubblico, invece, queste paure e costrizioni sarebbero eliminate e la produzione perseguirebbe valori sociali, piuttosto che inseguire la crescita.

Sostieni, inoltre, che queste misure avrebbero degli effetti sulla politica climatica. In che modo?
JH Al momento i nostri governi non riescono ad adottare nemmeno le misure climatiche più modeste, per timore che ciò possa avere un impatto negativo sui posti di lavoro e sui mezzi di sussistenza. Ma con la garanzia del posto di lavoro e i servizi universali potremmo avere una conversazione razionale sul rallentamento delle forme di produzione meno necessarie e avviare una giusta transizione. Si tratta di idee politiche che la decrescita dovrebbe portare in primo piano, perché parlano direttamente alle preoccupazioni delle persone. E si dà il caso che siano anche molto popolari. Diffondendo queste idee, la transizione verso la decrescita post-capitalista seguirà.

“Siamo ancora in tempo! Come una nuova economia può salvare il Pianeta” è il titolo del libro di Jason Hickel tradotto in italiano nel 2021 da Il Saggiatore, a cura di Fabio Galimberti e Paola Marangon.

Si ringrazia Lorenzo Velotti per l’aiuto.

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