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Diritti / Intervista

Le artiste e designer iraniane che sostengono la protesta nelle piazze

© Amande Bleue

Da più di due mesi migliaia di giovani scendono in piazza contro il regime di Teheran. Una pagina Instagram condivide sui social network illustrazioni che rappresentano i gesti simbolici delle manifestazioni: dal taglio dei capelli agli hijab dati alle fiamme. “Continuate a mantenere alta l’attenzione su quello che succede in Iran”

Donne che si tagliano una ciocca di capelli con un paio di forbici. Il volto sorridente della giovane curda Mahsa Amini, arrestata perché non indossava in maniera corretta il velo islamico e poi morta mentre si trovava in carcere. E ancora, pugni serrati in segno di lotta, folle in marcia e l’immancabile slogan che accompagna le proteste che da due mesi ormai incendiano l’Iran: “Zhen, Zhian, Azadi” (“Donna, vita, libertà”). Sono solo alcune delle immagini che animano la pagina Instagram “Iranian women of graphic design” (Iwgd) dove ogni giorno vengono pubblicate dalle cinque alle dieci nuove opere realizzate da artiste e artisti iraniani e non solo a sostegno dei manifestanti: “Il linguaggio visivo è molto importante e potente nelle attuali proteste in Iran, vogliamo sostenere il movimento mettendo a disposizione immagini mirate ed efficaci da portare in strada e da usare sui social media“, raccontano ad Altreconomia i coordinatori della pagina. Per ragioni di sicurezza hanno chiesto di non rivelare i loro nomi e di non fornire alcuna informazione sensibile.

Come è nata la pagina Instagram “Iranian Women of Graphic Design” e come si è evoluta negli ultimi due mesi?
IWGD
È nata nell’autunno del 2020 come raccolta di opere storiche e contemporanee di graphic designer iraniane che si identificano come donne. A seguito alle proteste innescate dalla morte di Mahsa Amini, il 16 settembre 2022, la collezione si è trasformata in una piattaforma ad accesso libero per i manifesti e le opere di design che sostengono il movimento #WomanLifeFreedom. Fin dal primo giorno, le manifestazioni sono state alimentate sia da donne impavide sia da opere d’arte visiva innovative. In meno di un mese, si è sviluppata un’iconografia delle proteste ed è diventata leggibile in Iran e fuori: chi avrebbe mai pensato che ci sono più di mille modi per usare il taglio dei capelli come segno di rivolta? Al tempo stesso si sono uniti al movimento anche designer provenienti dall’estero, che hanno creato poster, adesivi, grafiche per i social media, illustrazioni, stencil per i graffiti e tanto altro. Le opere vengono pubblicate solo se gli autori sono disposti a rendere disponibili i file originali per utilizzare le immagini in tutte le proteste online, sui muri e nelle strade di tutti il mondo. I file possono essere scaricati gratuitamente e usati  per scopi non commerciali.

Perché avete deciso di utilizzare i social media per diffondere il vostro messaggio?
IWGD Ogni giorno in diverse città e Paesi del mondo ci sono manifestazioni che si uniscono al movimento per i diritti delle donne, la libertà e il cambiamento politico in Iran. Il popolo iraniano sta combattendo contro un governo forte e brutale che sta uccidendo centinaia di persone, soprattutto donne e studenti. Al tempo stesso il sostegno politico e la solidarietà internazionale sono tristemente esigui di fronte alla violenza disumana che i manifestanti subiscono quotidianamente. I social media sono l’unico mezzo che permette loro di far sentire la propria voce a tutto il mondo. E noi cerchiamo di amplificare le loro voci.

© andrea desantis illustrator

Diversi manifesti raffigurano l’atto di tagliarsi i capelli. Quali sono gli altri messaggi principali al centro delle immagini che avete diffuso?
IWGD I manifesti raffigurano quello che succede nelle strade e documentano lo sviluppo delle manifestazioni e della rivoluzione. Pertanto, anche i temi cambiano. In molti sono presenti donne che si tagliano i capelli: questo gesto risale a un’antica tradizione persiana che simboleggia la protesta e il lutto, che viene mantenuta viva presso alcuni gruppi etnici iraniani, ad esempio tra i curdi. Dopo la morte della giovane curda Mahsa Amini questa tradizione si è rapidamente diffusa sui social media ed è stata usata come simbolo delle proteste anti-regime in Iran e altrove. Un’altra immagine che compare spesso sui poster è il gesto di bruciare il velo: un simbolo simbolo dell’oppressione femminile sotto il governo islamico. Oggi le donne si tolgono l’hijab e gli danno fuoco per le strade come gesto di liberazione da un regime islamico e patriarcale. Naturalmente le figure femminili sono protagoniste e vengono combinate con altri elementi come le fiamme o gesti come il dito medio alzato. Il linguaggio iconico utilizzato, a volte, veicola molteplici significati: le fiamme possono essere una critica alle terribili condizioni di vita nel famigerato carcere di Evin, dove sono rinchiusi molti manifestanti. Il 16 ottobre, la prigione è stata data alle fiamme e alcune delle persone detenute sono morte. Subito dopo che i video dell’incendio sono stati pubblicati sui social media, sono comparsi anche molti poster e opere visuali. Le fiamme si sono trasformate nei capelli di alcune figure femminili, sottolineando così la forza dei manifestanti, la loro rabbia e la loro energia. Quello che risulta meno visibile agli osservatori che non parlano persiano è il ruolo speciale che svolge la tipografia. In molte opere che abbiamo diffuso le parole “Zhen, zhian, azadi” (“Donna, vita, libertà”) assumono la forma di figure umane: queste “immagini scritte” derivano dall’arte della calligrafia e sono molto importanti per quanto riguarda la diversa iconografia di questa protesta. Lo slogan “Zhen, zhian, azadi” è presente su quasi tutti i manifesti: era stato usato per la prima volta dalle donne curde che combattevano contro lo Stato Islamico e dopo la morte di Mahsa Amini viene scandito in tutte le piazze.

Secondo voi, in cosa si differenzia la protesta di questi mesi rispetto a quelle che hanno attraversato il Paese negli anni scorsi? Penso, ad esempio, alla cosiddetta “Onda verde” del 2009: anche in quel caso la causa scatenante fu l’uccisione di una giovane donna.
IWGD Ci sono diverse differenze il 2009 e quello che sta succedendo oggi. Quelle del passato erano rivolte contro i brogli alle elezioni presidenziali o l’aumento del prezzo della benzina. Questa volta tutto è nato dalla vicenda di Mahsa Amini, morta per aver violato le leggi iraniane sull’abbigliamento, che prevedono per le donne l’obbligo di coprire i capelli quando sono in pubblico. Quindi, queste proteste riguardano uno degli elementi fondamentali di questo governo: la regola di indossare l’hijab per le persone di sesso femminile. Entrambe le posizioni -quella del regime clericale e quella dei manifestanti- diventano sempre più radicali: qualsiasi arretramento del governo sull’hijab potrebbe portare alla sua caduta. Così, mentre le proteste diventano più forti e rumorose, l’oppressione si fa sempre più violenta. In questi mesi la presenza delle donne nelle piazze è maggiore rispetto a quella degli uomini: sono scese in strada a causa dell’ingiustizia e dell’oppressione da parte del regime iraniano, non hanno paura di togliersi l’hijab, persino in presenza della polizia. Anche i giovani, che in passato non avevano partecipato attivamente alle proteste, stanno prendendo parte a questo movimento (non solo nelle strade ma anche nelle università e nelle scuole femminili): hanno sentito parlare dell’Onda verde da bambini o da adolescenti. Sono impavidi, coraggiosi e arrabbiati, vogliono libertà e democrazia.

Un’altra fondamentale differenza è il livello di supporto globale (soprattutto da parte di artisti e sportivi) che è più ampio rispetto alle proteste del passato, anche grazie al ruolo dei social media. Quelle del 2009 sono state spente con l’arresto e l’incarcerazione dei leader di quel movimento: quelle di quest’anno invece sono iniziate senza la chiamata da parte di personalità conosciute. Chiunque potenzialmente può diventare leader, per questo il governo non sta combattendo contro una sola persona, ma contro un’intera società. Se il governo uccide una persona migliaia di altre scendono in strada. Infine, a differenza del 2009, quando le proteste erano concentrate a Teheran e nelle altre grandi città, le manifestazioni oggi si svolgono in molte città e villaggi. Negli ultimi anni il regime ha cercato di fare leva sulle differenze tra i diversi gruppi etnici in Iran per dividere il Paese: alcuni sono stati discriminati, hanno visto negare i propri diritti e sono stati spinti in povertà. In questa rivoluzione tutti i gruppi etnici si sono ritrovati nelle piazze delle città piccole e grandi per sostenersi a vicenda e difendersi.

© ramand jafari

Dall’Italia e dall’Europa che contributo possiamo dare ai manifestanti iraniani?
IWGD Ci sono vari modi per sostenere il popolo iraniano. La cosa più importante è non lasciare che le proteste si spengano e continuare a richiamare l’attenzione su quello che succede in Iran, sia online sia offline. Anche se, da una prospettiva europea, questa sembra una modalità di partecipazione esclusivamente virtuale, in realtà gioca un ruolo importante quando le persone sul posto non hanno più la possibilità di attirare l’attenzione sulla loro situazione a causa del blocco dell’accesso a internet e ai social media. Nel 2019 si è verificata una situazione simile, con un blocco totale dell’accesso a internet per settimane per sedare le proteste contro l’aumento del prezzo del petrolio: solo la rete internet nazionale, controllata dallo Stato, era disponibile alla popolazione e di conseguenza le notizie delle violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime non potevano essere diffuse all’estero. Le manifestazioni sono state quindi represse nel sangue e ci sono stati 1.500 morti. Molti iraniani, nel Paese e all’estero, temono che questa situazione si possa ripetere. Per questo motivo, invitiamo e chiediamo alle persone che non vivono in Iran di continuare a postare e condividere video, foto e articoli sulle proteste. Oltre a utilizzare gli hashtag #MahsaAmini #WomanLifeFreedom per sostenere e aiutare il movimento in corso in Iran. Vorremmo inoltre lanciare un appello speciale a designer, illustratori e artisti visivi di ogni tipo: chiunque può creare un’opera legata a #MahsaAmini e ai temi che sono urgenti nel contesto di #WomanLifeFreedom. È importante condividerli, sensibilizzare e dimostrare solidarietà alle donne* e al popolo iraniano in diversi modi.

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