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Condannati per discriminazione i Comuni contro i richiedenti asilo
Il Tribunale di Milano ha sanzionato tre amministrazioni lombarde per aver “veicolato il sospetto che i migranti costituiscano una minaccia alla salute della comunità urbana” e adottato ordinanze che hanno violato “la dignità dei richiedenti”, creando “un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo, per motivi, insiti nello ‘status’ del migrante”
Per le loro ordinanze contro i richiedenti asilo e l’accoglienza amavano presentarsi come “sindaci sceriffi”. La definizione adeguata, però, l’ha data il Tribunale di Milano (Sezione prima civile, giudice Paola Gandolfi), a fine novembre 2018, condannando in particolare quelli lombardi di Inzago (MI), Cologno Monzese (MI) e Gallarate (VA): nient’altro che agenti di una “molestia discriminatoria”.
La vicenda è quella delle ordinanze sindacali fotocopia “contingibili ed urgenti” -ex articoli 50 e 54 del Testo unico degli enti locali- adottate da una trentina di amministratori locali della Lombardia -in quota Lega- a proposito dell’accoglienza dei richiedenti asilo.
Come sintetizza l’Associazione studi Giuridici sull’immigrazione (Asgi, asgi.it) -che ha ricorso e vinto in Tribunale insieme al NAGA e ad Avvocati per niente, assistite dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri- non si trattava che di “una serie di oneri procedimentali a tutti i privati che intendessero mettere a disposizione i propri immobili per attività di accoglienza dei richiedenti asilo”. Ostacoli illegittimi, poi tutti revocati, dalla “natura discriminatoria”, perché fondati su una presunta pericolosità degli asilanti.
In sostanza, veniva ordinato a “proprietari o conduttori o gestori di immobili siti nel Comune”, che avessero avuto intenzione di stipulare contratti o convenzioni con la Prefettura, di comunicare preventivamente al municipio, “la sottoscrizione di contratti di locazione, ovvero di comodato ovvero di concessione di qualsiasi diritto reale o personale di utilizzo, con soggetti (persone fisiche o giuridiche) che abbiano tra le possibili finalità (anche derivanti ed evincibili dallo statuto nel caso di persone giuridiche) l’ospitalità di richiedenti asilo”. Tra le altre “disposizioni” era prevista anche quella di “comunicare attraverso una relazione quindicinale l’organizzazione interna della struttura, consistente nella dichiarazione di quanti siano i soggetti che ivi vi alloggiano, della provenienza degli stessi nonché ogni altra informazione riguardante la salute dei medesimi”. In caso di violazione era prevista una sanzione compresa tra 25 e 500 euro.
Il Tribunale di Milano ha dato ragione alle associazioni: “Veicolando il sospetto che i migranti costituiscano una minaccia alla salute della comunità urbana, oltre che sua sicurezza, anche in relazione alla provenienza nazionale”, i tre sindaci hanno ottenuto secondo il giudice il risultato di “violare la dignità dei richiedenti asilo e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo, per motivi, insiti nello ‘status’ del migrante, di razza, di origine etnica e di nazionalità”. L’ordinanza di Milano sottolinea la natura di post-verità di quelle “espressioni discriminatorie e moleste” adottate dai sindaci “senza che sussistessero problematiche di fatto documentabili per la loro assunzione”. Da una parte la realtà, dall’altra la propaganda.
Ma il giudizio riguarda, oltre al contenuto, anche la forma, ovvero lo “strumento amministrativo prescelto”. “La scelta stessa del mezzo ex art. 50 TUEL, con riferimento anche all’art. 54 TUEL, -aggiunge il giudice Gandolfi- oltre che del tutto inutile ai fini dichiarati (ed infatti rimasti sostanzialmente lettera morta), ha avuto l’unico effetto, indiretto, di violare la dignità ed offendere le persone destinate ad essere ospitate in ragione della loro provenienza etnica e nazionale, alimentando il clima di sospetto, intimidatorio, ostile ed umiliante nei confronti dei richiedenti asilo”.
Quello stesso clima che si ritrova nel decreto 113/2018 -il “Decreto Salvini”- che non a caso tratta insieme di sicurezza e immigrazione, ed è in fase di imminente conversione da parte della Camera dei Deputati.
“Il decreto vuole lanciare il messaggio che il problema della sicurezza si affronta limitando i diritti non solo degli stranieri ma di quello specifico gruppo di persone che sono i richiedenti asilo”, riflette l’avvocato Guariso. “La differenza rispetto alle ordinanze sindacali è la portata del messaggio, che nel caso del Dl è di livello nazionale e tramite una misura di grande impatto”. Ma la paura volta a creare consenso si crea Comune per Comune. “La cosa più brutta di questa vicenda -continua il legale- è stato l’uso del potere amministrativo e del potere pubblico per piegarlo a proprie esigenze ideologiche senza alcun beneficio per i cittadini. Le ordinanze del Tribunale di Milano sono importanti perché ribadiscono che quando sei investito del potere amministrativo devi guardare alle esigenze della collettività e del significato delle norme, non ai tuoi fini”.
Il dispositivo dovrà essere pubblicato sulla home page dei siti dei tre Comuni per 90 giorni, “nonché, per una volta, a caratteri doppi del normale, su ‘La Prealpina’”.
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