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Crisi climatica / Attualità

Clima ed energia nei programmi elettorali. A quali condizioni? L’analisi di ECCO

© Phil Scroggs, unsplash

Nelle prime elezioni in cui il clima entra a fare parte dei programmi, la capacità dei partiti e delle coalizioni di esprimere una “politica per il clima” articolata e complessa è ancora limitata, osserva il think tank indipendente. Pressoché ignorato il tema della transizione giusta e di quale Pianeta si troveranno a vivere le generazioni future

Clima ed energia trovano apparentemente ampio spazio nei programmi elettorali dei principali “contendenti” in vista del 25 settembre 2022. Peccato che “su emissioni, leggi e partecipazione emerge un approccio debole e confuso”, quasi nessuna forza politica preveda un obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni al 2030, mentre gli interventi di adattamento al cambiamento climatico (cruciali per un Paese fragile come l’Italia) vengono ancora largamente ignorati. Scarso anche lo spazio dedicato al tema della “transizione giusta” in relazione ai cambiamenti delle attività produttive nell’ambito della conversione energetica e a quello della giustizia intergenerazionale (richiesta a gran voce dai giovani) che non viene mai trattata in relazione al clima. Mentre i partiti si spaccano dunque su energia, nucleare e fonti fossili. È quanto emerge da una dettagliata analisi condotta dal think tank indipendente ECCO sui programmi elettorali depositati dai partiti e, dove non disponibili, su quelli delle coalizioni. “Clima ed energia non sono più temi ignorati dalla politica, che ha prontamente colto il sentimento generale dei cittadini (sempre più attenti alla transizione ecologica) e li ha resi terreno di confronto e scontro -si legge-. Il clima è presente anche se ancora non abbastanza integrato nelle politiche economiche, occupazionali, sociali e di politica estera”.

A finire sotto la lente sono gli impegni assunti da Verdi-Sinistra italiana, Partito democratico, +Europa, Azione-Italia Viva (indicato anche come Terzo polo), Noi moderati, Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Movimento 5 stelle. ECCO evidenzia come dalle proposte dei partiti emergano due diverse strade per la transizione: la prima, proposta dal centrodestra, punta su un sistema energetico basato su gas e nucleare (su cui converge anche il Terzo polo) e una revisione degli obiettivi europei. La seconda, proposta dal centrosinistra, identifica efficienza e rinnovabili come la via maestra da seguire per la decarbonizzazione, in linea con gli obiettivi europei

La prima parte dell’analisi curata da ECCO affronta il problema della riduzione delle emissioni di gas climalteranti, evidenziando come quasi nessun partito abbia previsto un obiettivo nazionale (a differenza di quanto fatto da molti altri Paesi europei) limitandosi a confermare quelli Ue, che prevedono un taglio del 55% entro il 2030. Fanno eccezione in questo senso solo Verdi-Si, che fissano il target al 70% rispetto ai valori del 1990, e il Terzo polo che propone una riduzione del 41% delle emissioni rispetto a quelle del 2018. Anche l’aggiornamento del Piano nazionale energia e clima (Pniec), fermo al 2019, viene menzionato soltanto dei programmi di Verdi-Si, Lega e +Europa.

Il tema energetico dà luce a una profonda spaccatura. Se da un lato esiste un generale consenso da parte di tutti i partiti sulla necessità di ridurre i costi delle bollette e imporre tetto al prezzo del gas, dall’altro vi sono forti differenze sul percorso da intraprendere per raggiungere gli obiettivi. “In generale, il centrodestra spinge per gas e nucleare per la transizione e come tecnologie per abbassare il costo dell’energia, sebbene non sia chiaro come i tempi e costi del nucleare e di un maggiore sfruttamento del gas nazionale possano contribuire alla crisi attuale dei prezzi ed essere compatibili con gli obiettivi climatici”, sottolinea ECCO. Mentre i partiti di centrosinistra puntano su energie rinnovabili ed efficienza energetica.

Le divergenze tra gli schieramenti emergono anche in merito a utilizzo di gas fossile, costruzione di rigassificatori e metanodotti. “Il Terzo polo propone la costruzione di due rigassificatori galleggianti, e lo stesso fa anche il centrodestra, con la Lega che ipotizza un raddoppio del Tap e un gasdotto Barcellona-Sardegna-Penisola italiana, supportato anche da Fratelli d’Italia”, si legge nell’analisi del think tank. Evidenziando però come non vengano forniti elementi per valutare la compatibilità di queste infrastrutture con l’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni al 2030 “pur confermato nei programmi del Terzo polo e Lega”. La produzione di energia da fonti rinnovabili gode invece di un generale supporto e unanime consenso sulla necessità di velocizzare le autorizzazioni, ma solo Verdi-Si e Partito democratico propongono chiari obiettivi quantitativi: per i primi raggiungere 80% di penetrazione al 2030 e quasi il 100% al 2035 e per i secondi installare 85 GW al 2030. Valori, sottolinea ECCO, compatibili con il raggiungimento degli obiettivi europei e in linea con gli impegni del governo uscente.

Il clima viene ignorato però nei programmi di giustizia intergenerazionale, che si concentrano soprattutto su lavoro e occupazione, rendendo evidente come all’interno dei principali partiti manchi un’idea di una transizione giusta che non accentui le disuguaglianze esistenti. Infine la proposta di una legge quadro sul clima, strumento adottato da molti Paesi europei per armonizzare e guidare i provvedimenti legislativi in materia, viene menzionata solo da Pd e Verdi-Si. Nella sua analisi, inoltre, ECCO evidenzia come manchino totalmente “soluzioni per equipaggiare la Pubblica amministrazione per la sfida climatica e programmare l’utilizzo di strumenti di partecipazione innovativi o l’adozione di princìpi come l’equità intergenerazionale”.

Grandi assenti nei programmi elettorali sono le politiche di adattamento ai cambiamenti climatici, nonostante la fragilità del nostro Paese, tra i più esposti in Europa a eventi estremi quali alluvioni, ondate di calore oltre agli effetti a lungo termine del riscaldamento globale come la fusione dei ghiacciai alpini e la siccità. Il nostro Paese si è dotato di un piano di adattamento, che però giace in attesa di approvazione dal 2018 e che necessita di modifiche: solo Pd, Verdi-Si e Fratelli d’Italia ne propongono un aggiornamento e applicazione. “Nelle prime elezioni in cui il clima entra a fare parte dei programmi elettorali, la capacità dei partiti di esprimere una politica per il clima articolata e complessa è ancora limitata, seppur le politiche di adattamento e resilienza, volte a prevenire, reagire e resistere agli impatti del cambiamento climatico, sono una componente essenziale della politica per il clima”, aggiunge ECCO nell’analisi.

Gli impatti dei cambiamenti climatici avranno una forte ricaduta anche sulle attività industriali e produttive. Eppure, di nuovo, il clima non viene identificato come una variabile chiave nelle proposte di politica industriale e occupazionale dei vari partiti. Nessuna delle forze politiche, ad esempio, propone un piano di decarbonizzazione del settore dell’acciaio. E, scrive ECCO, “si fatica a trovare il nesso tra la transizione energetica e climatica e le opportunità di rilancio degli investimenti, opportunità di occupazione e della competitività, anche per settori fortemente condizionati dagli obiettivi climatici quali il cemento o per temi strategici per l’economia e la qualità della vita come la mobilità, l’agricoltura e la gestione dei rifiuti”.

ECCO conclude la propria analisi evidenziando come il prossimo governo giocherà un ruolo decisivo -probabilmente il più importante di sempre- nell’ambito della transizione ecologica per costruire le condizioni per la decarbonizzazione profonda dell’economia e gestire gli impatti climatici e le questioni sociali. “Le politiche climatiche devono diventare strumenti per affrontare le crisi in modo sistemico, integrato e senza lasciare indietro nessuno. La politica del clima deve essere vista come opportunità, trainata dalla necessità e urgenza dell’azione, e non come vincolo. Soprattutto bisogna evitare di mascherare l’inazione o la scelta di determinate tecnologie, senza specificare costi e tempi di realizzazione e utilizzo, dietro a un generico ‘pragmatismo’ o ‘buonsenso’, ancor di più se slegato da fatti e dati, che rischia di essere semplice conservazione dello status quo senza prospettive, coraggio e realismo”.

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