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Diritti / Attualità

Buona cucina e programmi radio. La sfida inclusiva a Perugia

Nelle brigate di sala e di cucina di Numero Zero lavorano nove persone con patologie varie, dalla schizofrenia al bipolarismo a forme di ritardo mentale © Archivio Numero Zero

Nel 2019 il centro diurno “FuoriPorta” ha dato vita al ristorante Numero Zero per creare occupazione per le persone con disturbo psichiatrico che ha in carico. Un ulteriore tassello di un percorso che punta alla loro autonomia

Tratto da Altreconomia 265 — Dicembre 2023

Nel centro storico di Perugia c’è un luogo “magico” che accoglie ogni giorno decine di ospiti. Il centro diurno psichiatrico FuoriPorta, in cui di giorno il via vai di persone è continuo, di sera si trasforma in Numero Zero, un ristorante dove camerieri e cuochi sono persone con disturbi psichici. Ma la magia c’entra molto poco. La trasformazione è frutto dell’impegno della fondazione la Città del sole. “Dopo vent’anni in cui non riuscivamo a costruire impieghi duraturi per le persone che avevamo in carico, abbiamo deciso di creare noi i posti di lavoro -spiega il direttore Marco Casodi- così a novembre 2019 abbiamo aperto Numero Zero. Questo è un luogo perfetto: in pieno centro storico, nel cuore della città, dove tutti possono vederci”.

Il progetto ha preso piede mantenendo sempre la regola di avere almeno il 50% della forza lavoro composta da pazienti psichiatrici -seguiti costantemente sotto l’aspetto clinico- affiancati a professionisti della ristorazione. “Non è vero che il lavoro sia curativo di per sé: chi soffre di gravi disturbi spesso ha momenti di crisi, non riesce sempre a essere adeguato al contesto e ha un rapporto con il tempo che è diverso da quello degli altri lavoratori”, spiega Casodi.

Per questo motivo tutto il team che gestisce Numero Zero partecipa a incontri di supervisione a cadenza mensile, o più ravvicinati se necessario, perché spesso vengono assunte persone digiune del mondo della psichiatria di cui è necessario prendersi cura. “Negli ultimi quattro anni abbiamo ciclicamente cambiato alcune figure -osserva Casodi- per cuochi e camerieri che provengono da contesti lavorativi ‘classici’ non è facile reggere a lungo”.

I professionisti cambiano, ma quello che tiene è l’esperienza del ristorante. Nato a ridosso della pandemia da Covid-19, Numero Zero ha nove dipendenti con patologie varie, dalla schizofrenia al bipolarismo a forme di ritardo mentale: quattro hanno un contratto a tempo indeterminato, cinque dei tirocini retribuiti rinnovabili. Il tema dei costi è centrale, ma sempre secondario rispetto alla progettualità delle persone, nello stile che da sempre caratterizza le azioni della fondazione.

La ristorazione, infatti, fa parte del progetto “Prisma” che prevede che i pazienti psichiatrici accolti vivano in autonomia: ognuno in un proprio appartamento condiviso con persone in disagio abitativo, soprattutto studenti. Sono dieci in totale le case, con 27 coinquilini e 19 studenti accolti: dal 1998 ne sono transitati più di 140. Numeri che fotografano un progetto vincente. “Si richiede che i pazienti coinvolti abbiano un adeguato livello di autonomia rispetto a igiene personale e cura dello spazio, così come la non aggressività auto ed eterodiretta, mentre -continua il direttore della fondazione- agli studenti si offre la gratuità di alloggio e spese condominiali in cambio della convivenza”.

© Archivio Numero Zero

Non tutti i pazienti accolti negli appartamenti lavorano nel ristorante, ma tutti frequentano il centro diurno FuoriPorta. Uno spazio aperto dal lunedì al sabato che vuole essere un’occasione di incontro e crescita, anche professionale, per le persone inviate dai centri di salute mentale del territorio. Tra le attività proposte c’è anche un progetto radiofonico: “Stazione panzana” nasce nel 2019, ma muoveva i primi passi già l’anno precedente, in concomitanza con la nascita del centro diurno psichiatrico. “Abbiamo creato una vera e propria redazione con alcuni pazienti del centro e altri esterni, inviati dal Servizio di salute mentale -spiega Alessandro Ruta, referente del progetto-. Dopo un periodo di formazione sull’utilizzo della strumentazione radiofonica, abbiamo cominciato a produrre le prime puntate, andando in onda su ‘Radiophonica la web radio dell’Università degli Studi di Perugia”.

“Dopo vent’anni in cui non riuscivamo a costruire impieghi duraturi per le persone che avevamo in carico, abbiamo deciso di crearli noi” – Marco Casodi

Il nome stesso racconta la sua essenza: sia luogo di incontro e scambio sia occasione di divertimento. “Onda brigante”, il primo programma trasmesso, vuole parlare con ironia di attualità: i cinque membri della redazione giocano così, cambiando voci e toni, impersonando personaggi di fantasia. “Lo fanno in modo professionale e i miglioramenti sono stati evidenti. La radio lascia solo la voce e toglie l’immagine -spiega Ruta- ed è importante per le persone che partecipano. A volte anche questo aspetto può provocare un po’ di disagio, specialmente in coloro che presentano segni di allucinazioni uditive. Nulla in questo tipo di attività è mai scontato. Sono tutte piccole grandi sfide”.

Il secondo programma in palinsesto, “Macaco. Voci dalla giungla urbana”, ha come obiettivo l’incontro con il territorio di Perugia: i redattori si relazionano con realtà locali, commercianti e si collabora con le diverse iniziative cittadine, tra cui il Festival internazionale di giornalismo e l’Umbria jazz festival. “Una volta alla settimana la redazione si riunisce per fare il punto della situazione. Sono dieci i pazienti coinvolti in quella che è a tutti gli effetti un’attività terapeutica. L’obiettivo è produrre contenuti fruibili da un pubblico generico, a prescindere dal loro valore sociale, partendo dall’assunto che la radio fa bene a chi la fa, ma anche a chi la sente”, conclude Ruta.

Tante attività che hanno come obiettivo anche la sensibilizzazione del territorio sulla salute mentale. Nel 2021 la direttrice del ristorante, Vittoria Ferdinandi, ha ricevuto il cavalierato dell’Ordine al merito dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per il contributo “nella promozione di pratiche di autonomia e inclusione sociale per malati psichiatrici”. Che partono, nel caso del ristorante, da un cambio di paradigma. “Fin da subito abbiamo scelto di proporre una cucina di alto livello e curiamo ogni dettaglio -conclude Casodi-. Qualche comportamento poco ortodosso dei camerieri diventa poi occasione di divertimento, in prima battuta, e poi di riflessione. L’importante è che il cliente non vada via pensando di aver fatto la carità ma di aver mangiato bene”.

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