Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Esteri / Approfondimento

“Amazon Underworld”: come i cartelli criminali controllano la foresta pluviale

© nareeta-martin - Unsplash

Grazie alla sua estensione e all’abbondanza di risorse, la foresta amazzonica è al centro dei traffici illegali del Sud America. Dall’estrazione dell’oro alla coltivazione della coca: attività che non solo alimentano la deforestazione e contaminano il fragile ecosistema, ma che espongono i popoli indigeni a violenze e oppressioni

L’Amazzonia è diventata una delle principali fonti di sostentamento per le economie criminali dell’America Latina. Dai carichi di cocaina, oro e legname che percorrono l’intricata rete di fiumi, alle piste d’atterraggio di fortuna che facilitano il movimento notturno di piccoli aerei di contrabbando, la foresta è oggi sede di una complessa economia sommersa che non solo alimenta la domanda globale di prodotti illegali ma che minaccia anche uno dei più delicati ecosistemi del Pianeta e le comunità che lo abitano.

Sono i risultati del report “Amazon Underworld”, pubblicato a fine anno da Amazon watch e basato sul lavoro del progetto giornalistico di ricerca Amazon underworld realizzato insieme alla Global initiative against transnational organized crime, che mostra come le organizzazioni criminali e i gruppi armati dell’Amazzonia abbiano ampliato la loro presenza, aumentato il controllo politico e diversificato le proprie economie, con impatti devastanti sulle popolazioni indigene. “La produzione di coca, l’estrazione selvaggia dell’oro e il disboscamento illegale sono alcuni dei principali fattori di deforestazione e una fonte primaria di contaminazione e degrado ambientale in alcune delle zone più incontaminate della regione -si legge nel rapporto. Gli ecosistemi da cui i popoli indigeni dipendono per il loro sostentamento vengono distrutti e le stesse comunità sono spesso divise e i loro membri più giovani reclutati in attività illecite. I fenomeni di criminalità possono avanzare molto rapidamente, ponendo gli abitanti autoctoni della foresta in una situazione di grande vulnerabilità e di rischio, portando anche alla scomparsa delle comunità locali”. 

La copertina del report

L’Amazzonia, che si estende per oltre sette milioni di chilometri quadrati e abbraccia nove Paesi, è in grado di fornire sia risorse (come oro, coca e legname) sia protezione e logistica a cartelli e gruppi criminali. La scarsa presenza dello Stato, la mancanza di infrastrutture e servizi e la crescente richiesta di beni illegali ha favorito l’insediarsi e la prolificazione della criminalità organizzata. Secondo l’analisi di Amazon Underworld i gruppi armati e del narcotraffico sono attivi nel 70% delle municipalità in Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela e che tutti i confini della regione sono presidiati da almeno un lato da un gruppo armato. “Nell’ultimo decennio, l’Amazzonia è diventata una delle regioni più pericolose dell’America Latina, con le comunità emarginate che hanno subito il peso maggiore della violenza. In Brasile, ad esempio, gli indigeni sono stati sistematicamente sottoposti a invasioni da parte di garimpeiros (minatori d’oro clandestini, ndr) armati, mentre nei nove dipartimenti amazzonici della Colombia, dove sono stati documentati 43 massacri dal 2020, i gruppi armati non statali terrorizzano le comunità rurali -si legge nel report-. In Perù, i narcotrafficanti reclutano sempre più bambini indigeni per lavorare nelle piantagioni di coca e i guerriglieri costringono intere famiglie a servire come manodopera nelle miniere d’oro illegali in Venezuela. Nel 2022 un omicidio su cinque di difensori della Terra e dell’ambiente in tutto il mondo è avvenuto in Amazzonia”. 

Tra i principali business illegali nella regione c’è l’estrazione di oro. Si stima che in Sud America abbia un valore compreso tra i tre e i 12 miliardi di dollari all’anno. Gran parte di questo traffico avviene in Amazzonia, dove nel 2020 sono stati individuate quasi 4.500 miniere clandestine. Le aree dove questo fenomeno è maggiormente diffuso sono il Venezuela meridionale, in particolare lo Stato di Bolívar, e gli Stati brasiliani di Pará e Roraima, ma tali operazioni si estendono anche in Ecuador, Perù e Venezuela. “Questa economia criminale è una delle principali fonti di guadagno per i gruppi armati non statali colombiani, coinvolti nell’estrazione illegale fin dagli anni Novanta -spiegano i ricercatori-. L’attività è presente anche nel portafoglio del Primeiro comando da capital (Cpp, il maggior cartello criminale del Brasile, ndr), in particolare negli Stati di Roraima e Pará”. Anche il cartello messicano di Sinaloa e altri gruppi minori sono coinvolti nel commercio d’oro attraverso il traffico di mercurio, un pericoloso metallo pesante utilizzato nella sua estrazione. L’Ejército de liberación nacional, il più grande gruppo di guerriglia colombiano, fornisce attrezzature per l’estrazione mentre i dissidenti delle Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia (Farc) in Colombia, Brasile e Venezuela tassano la produzione di oro. Anche le forze statali corrotte di Brasile e Venezuela sono coinvolte nella sua estrazione. Questa attività è utilizzata per riciclare i profitti del traffico di droga e finanziare la violenza usata dai gruppi criminali per controllare territori e comunità. Un fenomeno in forte crescita: secondo l’Istituto brasiliano per le ricerche spaziali tra il 2016 e il 2022 l’estrazione illegale di oro dalle terre indigene è aumentata di otto volte. Questo ha portato a una crescita sia delle violenze contro le comunità sia dell’inquinamento da mercurio.

I gruppi armati non statali presenti nella regione dell’Amazzonia. Fonte: Amazon Underworld, 2023

Un ulteriore commercio illegale presente in Amazzonia è la produzione e la distribuzione di cocaina. La pianta della coca, la principale materia prima per questo stupefacente, viene coltivata in modo estensivo nella regione. Sebbene la Colombia sia il più grande produttore mondiale, la maggior parte della coltivazione nella foresta amazzonica si trova in Perù. A causa della crescente domanda di cocaina in Europa e nei mercati di Africa, Medio Oriente e Asia, le rotte amazzoniche sono sempre più utilizzate dai trafficanti. Centinaia di fiumi e piste d’atterraggio clandestine, infatti, offrono un’efficace rete logistica, poiché le forze dell’ordine non hanno il personale e le risorse per pattugliarle. “Le organizzazioni criminali utilizzano vari porti marittimi in Brasile, nonché in Guyana e Suriname, per esportare la maggior parte della cocaina in Europa e in Africa occidentale -continuano gli autori del report-. Si stima che quantità significative passino attraverso il Venezuela e vengano trasportate da imbarcazioni semisommergibili in mare aperto, dove la droga viene poi caricata su navi in partenza da altri Paesi”. Uno studio del 2023 dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (Unodc) ha evidenziato i legami tra la corruzione, la violenza e il reinvestimento dei soldi della droga in altre industrie, a volte legali, che causano danni ambientali, come l’allevamento di bestiame e l’agricoltura intensiva. L’omicidio dell’attivista per i diritti indigeni Bruno Pereira e del giornalista Dom Phillips, avvenuto nel giugno 2022 nella regione brasiliana della Valle del Javari, ha portato alla luce i legami tra il traffico di droga, la pesca illegale e il bracconaggio. 

Questi commerci illegali producono conseguenze gravissime. Sono i principali motori della deforestazione, sia in modo diretto sia attraverso il finanziamento di attività come l’allevamento e l’agricoltura, e le sostanze chimiche tossiche utilizzate per l’estrazione dell’oro e per la raffinazione della cocaina, come il mercurio, vengono poi rilasciate nell’ambiente. Uno studio del 2018 condotto vicino al confine con il Brasile, nell’Amazzonia colombiana, ha rilevato che quasi il 90% dei membri delle comunità indigene presentava livelli di mercurio maggiori di quelli raccomandati, in alcuni casi fino a quattro volte superiori. In Brasile, gli indigeni Munduruku di due comunità lungo il fiume Tapajós stanno affrontando un grave inquinamento da mercurio dovuto all’espansione delle attività minerarie clandestine. Allo stesso tempo i cartelli e i gruppi criminali reclutano i membri delle popolazioni indigene coinvolgendoli in attività illegali o in operazioni di guerriglia. 

In risposta alla crescita delle attività illecite alcuni gruppi di indigeni si sono attivati per combatterle. Le comunità dell’Amazzonia sono state tra le più attive nel contrastare queste organizzazioni criminali, dando prova di resilienza e adattabilità. Le guardie indigene che pattugliano vasti territori sono riuscite a impedire alle attività economiche e ai gruppi criminali di penetrare in profondità nelle loro terre ancestrali. “Purtroppo, non si può dire questo sforzo sia stato sostenuto o replicato dai governi locali. Finché gli attori coinvolti non riusciranno a coordinare le strategie di sicurezza, le repressioni, le politiche antidroga, i piani di sviluppo rurale e i quadri giuridici per i crimini ambientali, la criminalità organizzata continuerà a spostarsi da un’economia illecita all’altra, attraversando i confini alla ricerca delle migliori opportunità al minor costo e rischio”, è l’amara conclusione dell’indagine. 

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati