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Affitti brevi, turismo, città senza residenti. La proposta di legge per il diritto all’abitare
A partire dal caso di Venezia associazioni e comitati hanno lavorato a uno strumento per dare ai Comuni la possibilità di regolamentare le locazioni brevi. L’obiettivo -spiegano dall’Osservatorio civico sulla casa- è ridefinire i rapporti tra residenzialità ed economia turistica. Il 6 marzo la presentazione
“La molla è stata la presentazione, nel novembre 2021, del film ‘Welcome Venice’ di Andrea Segre al Teatro Goldoni di Venezia. Alla proiezione hanno partecipato cittadini e associazioni che hanno avviato una discussione sul rapporto tra Venezia e il turismo”. Da qui -spiega ad Altreconomia Giacomo Menegus, giurista presso l’Università di Macerata e membro di Ocio, Osservatorio civico sulla casa- comitati e realtà associative hanno lavorato insieme per salvaguardare il diritto all’abitare: hanno definito una proposta di legge, che sarà presentata sabato 5 marzo, per regolamentare la diffusione delle locazioni brevi e ridisegnare il rapporto tra residenzialità ed economia turistica.
“Negli ultimi anni abbiamo osservato come molte delle politiche abitative di Venezia siano state carenti. L’edilizia residenziale pubblica non è stata incentivata e i progetti di social housing non hanno funzionato”, spiega Menegus. “In questo contesto abbiamo registrato una crescita in città delle locazioni brevi, favorita dalle piattaforme digitali. Hanno avuto l’effetto di sottrarre le abitazioni ai residenti in favore del settore turistico con impatti sul mercato delle locazioni a lungo termine”.
Secondo i dati elaborati da Ocio sul settore alberghiero ed extra-alberghiero, aggiornati al novembre 2021, a Venezia su 76.347 posti letto totali, circa 26.793 sono per locazioni turistiche. Nella città antica, per esempio, i residenti sono 50.577 (circa il 20% delle persone che vivono in città): ci sono 48.081 i posti letto (che equivalgono al 63% del totale dei posti letto presenti nel Comune) di cui 20.338 sono i posti letto in locazioni turistiche (che rappresentano il 76% del totale dei posti letto nel Comune). Nella Venezia insulare e sul litorale, invece, ci sono 53.790 posti letto in totale (pari al 70% del totale dei posti letto del Comune) e 22.245 posti letto in locazioni turistiche (circa il 83% del totale dei posti letto nel Comune). Stando ai dati della Regione Veneto, gli alloggi privati costituiscono quasi la totalità (92%) delle strutture ricettive della Venezia insulare. Tutti gli alloggi privati, sebbene abbiano una capacità di accoglienza inferiore a un albergo, coprono la maggior parte (56%) dei posti letto dell’offerta ricettiva complessiva.
“Non mettiamo in dubbio il valore del settore turistico ma pensiamo debba essere ripensato”, prosegue Menegus. La proposta avanzata dalle associazioni intende consegnare ai Comuni uno strumento concreto per limitare la diffusione delle locazioni brevi, colmando un vuoto normativo. In Italia, infatti, la locazione turistica o locazione breve (un tipo di contratto di locazione a uso abitativo con fini turistici) “non è considerata una struttura ricettiva”, spiega Menegus, sebbene faccia parte dell’offerta ricettiva del territorio e ricopra ormai un ruolo centrale nell’ospitalità turistica. Nel Paese non è presente una regolamentazione del fenomeno, a differenza di altri casi come la Francia o l’Olanda che hanno cercato di controllare il settore a livello statale e cittadino. Un tentativo era stato presentato con la proposta di un emendamento al “Decreto Milleproroghe”, avanzato nel gennaio 2020 dai parlamentari dal Partito democratico Nicola Pellicani e Rosa Maria Di Giorgi, ma era stato bocciato. Oggi i Comuni non dispongono di strumenti diretti per normare le locazioni turistiche e si limitano a “interventi indiretti”, disincentivando la diffusione di questa forma di ospitalità.
La proposta dei comitati -che verrà illustrata nel dettaglio il 5 marzo- vuole colmare tale vuoto. “Ci abbiamo lavorato tenendo insieme molte e diverse sensibilità, ascoltando anche i bisogni dei piccoli proprietari e cercando di contemperare gli interessi tra le parti”, spiega Menegus. “È un punto di partenza, non di arrivo. Crediamo sia il momento giusto per farlo”.
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